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Notiziario Marketpress di
Venerdì 28 Gennaio 2011 |
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BIELLA (CITTADELLARTE, FONDAZIONE PISTOLETTO): “ARTEALCENTRO DI UNA TRASFORMAZIONE SOCIALE RESPONSABILE 2010” - WAEL SHAWKY “CONTEMPORARY MYTHS”: MOSTRA PERSONALE A CURA DI JUDITH WIELANDER - FINO AL 30 APRILE 2011 |
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Wael Shawky “Contemporary Myths”: mostra personale a cura di Judith Wielander. “Visible – where art leaves its own field and becomes visible as part of something else”: progetto editoriale di Cittadellarte e Fondazione Zegna a cura di Angelika Burtscher e Judith Wielander. Orari mostra: martedì, mercoledì e giovedì solo su prenotazione con almeno due giorni di anticipo – venerdì dalle ore 16,30 alle 19,30 – sabato e domenica dalle ore 10 alle 19,30 – lunedì chiuso. Biglietto d’ingresso: intero 6 euro – ridotto 4 euro. Info Cittadellarte – tel. 015 0991461 www.Cittadellarte.it store@cittadellarte.It |
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MILANO (FONDAZIONE LUCIANA MATALON, FORO BUONAPARTE 67): L’EREDITÀ DELLA MACCHIA. DALLE INCISIONI DI GIOVANNI FATTORI ALLA PITTURA DI GIOVANNI MALESCI A CURA DI ROBERTO UNGARO – FIMO AL 26 FEBBRAIO 2011
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Il Museo Fondazione Luciana Matalon è lieto di presentare presenta dal 13 gennaio al 26 febbraio 2011 la mostra dal titolo L’eredità della macchia. Dalle incisioni di Giovanni Fattori alla pittura di Giovanni Malesci curata da Roberto Ungaro, con il patrocinio degli assessorati alla cultura di Regione Lombardia, Provincia e Comune di Milano. In occasione della mostra, la Fondazione ha ricevuto una medaglia del Presidente della Repubblica, come riconoscimento dell’impegno profuso nell’attività di promozione dell’arte contemporanea. Attraverso ben oltre cento opere fra acqueforti litografie, disegni e dipinti, oltre a interessanti video, fotografie, cataloghi e libri, viene reso omaggio alla pittura d’ispirazione macchiaiola dei due pittori toscani e alle loro testimonianza artistica del periodo e delle guerre dal Risorgimento alla Prima Guerra Mondiale, in ricordo del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Giovanni Fattori, il pittore dell’epopea risorgimentale e delle vedute maremmane, considerato insieme a Silvestro Lega e a Telemaco Signorini tra i maggiori esponenti del movimento dei Macchiaioli, verrà ricordato non solo con alcune delle sue più belle acqueforti, ma anche con documenti inediti che ne raccontano la storia. Una mostra di nicchia per pochi eletti, che fa di Fattori uno degli osservatori più attenti e acuti dell’anima del proprio tempo, arricchita da un approfondimento sulle sue opere che recano testimonianza e lustro ai 150 dell’Unità d’Italia. Accanto alle opere di Giovanni Fattori, quasi a testimoniare una sorta di parabola ideale con l’ispirazione artistica del pittore livornese, troviamo i lavori di Giovanni Malesci, suo allievo prediletto nonché uno dei più importanti artisti della Grande Guerra. Le opere di Malesci ruotano essenzialmente attorno a tre soggetti: gli animali, come nel famoso quadro del “Bue sdraiato”, protagonisti immancabili nella pittura toscana tra Ottocento e Novecento; i paesaggi, particolarmente amati da Malesci e che meglio evidenziano le linee lungo le quali maturò il suo stile come nel dipinto “Antignano”; i ritratti, che per Malesci, sulla scia di Fattori, dovevano essere un documento di verità. La mostra prevede inoltre un confronto il maestro e l’allievo, con dipinti e carte che ne raccontano le vite e le esperienze militari. L’intero percorso espositivo è corredato da numerosi pannelli che aiutano il visitatore nella scoperta dell’arte di due pittori davvero speciali, uniti tra loro dalla passione per il vero e da un’amicizia profonda e sincera. Giovanni Fattori Giovanni Fattori (Livorno, 6 settembre 1825 – Firenze, 30 agosto 1908) è considerato, insieme a Silvestro Lega e a Telemaco Signorini, tra i maggiori esponenti dei Macchiaioli. Caso unico fra gli artisti più conosciuti, tutta la sua produzione pittorica nota è posteriore ai suoi quaranta anni. Della sua vita si sa poco, specie per quanto riguarda la sua gioventù. Sicuramente di origini modeste, si trasferì a Firenze dalla natìa Livorno nel 1846. Entrato in contatto con il gruppo del Caffè Michelangelo, divenne allievo di Giuseppe Bezzuoli e iniziò a frequentare la Scuola di Nudo all´Accademia di Belle Arti di Firenze. Pochi esempi dei suoi primi lavori sono giunti ad oggi; si tratta esclusivamente di schizzi, il che fa ritenere che il suo lavoro sia diventato più forte e maturo solo dopo il 1851, quando l´artista era ormai sui trent´anni. I suoi primi dipinti in questo periodo furono principalmente scene storiche influenzate da Bezzuoli, spesso scene dalla storia del Medioevo o del Rinascimento. Fattori prese parte alle battaglie per l´Unità d´Italia. Il primo lavoro di soggetto risorgimentale, Il campo italiano alla battaglia di Magenta, risale a questo periodo. A partire da questo dipinto il soggetto militare diverrà uno dei favoriti nelle opere di Fattori: battaglie, soldati. L´altro tema ricorrente è il paesaggio, in particolare la sua terra, la Maremma toscana, con una estrema attenzione al paesaggio agrario. Descritto spesso come realista, fu in questo periodo che l´artista divenne un membro dei Macchiaioli, una corrente di pittori precursori dell´Impressionismo. Fattori è oggi considerato uno dei membri più notevoli di questo movimento artistico, mentre al suo tempo era considerato rivoluzionario o quanto meno poco credibile, secondo il punto di vista dell´epoca, piuttosto che espressione di un´avanguardia. Giovanni Malesci Nato il 13 settembre 1884 a Vespignano, uno dei borghi che compongono il comune di Vicchio, nel Mugello, e scomparso nel 1969 alla vigilia del suo ottantacinquesimo compleanno. Artista-artigiano - lavorò presso la bottega di carta gestita dai parenti fiorentini - Malesci cominciò presto a dedicare ogni momento libero al disegno, sua vera passione. I suoi schizzi, incredibilmente freschi e precisi, colpirono prima il pittore fiorentino Raffaello Sorbi (1844-1931), che tentò invano di convincere i genitori a iscrivere il giovane Malesci all’Accademia, quindi, quattro anni più tardi, la sua arte non lasciò indifferente Giovanni Fattori (1825-1908), che decise di accoglierlo nel suo studio a titolo gratuito. Tra i due artisti nacque da subito una stima reciproca, che divenne nel corso di pochi anni un’amicizia profonda che si consolidò e venne sottolineata proprio alla morte di Fattori, che decise di lasciare il suo giovane allievo unico erede universale. Da allora Giovanni Malesci si impegnò a conservare l’opera del suo grande maestro e a rispettarne le volontà, lavorando per promuoverne la memoria presso la critica e l’opinione pubblica, contribuendo così in modo sostanziale alla sua rivalutazione. La prima mostra di Giovanni Malesci si tenne nel 1904 presso la Società delle Belle Arti di Firenze ottenendo un discreto successo. Ma la crescita artistica di Malesci ebbe una svolta decisiva con gli anni della Prima guerra mondiale che lo segnarono profondamente, nonostante venne arruolato come Soldato semplice automobilista e visse la guerra in seconda linea, accanto al generale d’artiglieria Enrico Caviglia, appassionato di arte, che gli diede il permesso di dipingere mentre era in servizio. Nacquero così tra il 1917 e il 1918 alcune delle sue opere più belle, quadri e disegni in genere di piccole dimensioni, date le condizioni nelle quali furono realizzati. Lavori privi di retorica, di esaltazione patriottica, ma semplici richiami alla vita. Decisivi sotto il profilo artistico i numerosi viaggi che portarono Giovanni Malesci sulle coste della Campania e poi in Bretagna, Normandia, Belgio e Paesi Bassi: alla costante ricerca di nuovi tipi di paesaggio e di diverse condizioni di luce, ampliò il suo lessico di pittore studiando i cieli e i profili di luoghi assai diversi tanto dalle colline del Mugello e dalla riviera versiliana, quanto dalle Alpi e dalla Pianura Padana. Catalogo in Fondazione www.Fondazionematalon.org |
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TRIESTE (SALA COMUNALE D’ARTE): LA SOGLIA DEL TEMPO - MOSTRA PERSONALE DELLA PITTRICE LOREDANA RIAVINI – FINO AL 18 FEBBRAIO 2011
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Giovedì 27 gennaio 2011 alle ore 18.00 alla Sala Comunale d’Arte di Trieste ha auto luogo la mostra personale della pittrice Loredana Riavini, presentata dall’architetto Marianna Accerboni. La rassegna propone una ventina di opere in parte inedite, realizzate dall’artista ad acrilico su tavola e su tela dal 2005 a oggi. C’è quasi sempre una porta socchiusa - scrive Accerboni - che conduce nel mondo magico, razionale e quasi senza tempo, o meglio antico, di Loredana Riavini. Attraverso una soglia, che è anche sommesso invito a entrare nel passato, si dipana una capacità compositiva e timbrica, cromatica e tonale, di grande professionalità e di semplice, ma non elementare, bellezza, coronata da equilibrio e sottesa da un velo di accentuata sensibilità poetica verso la vita e il mistero dei suoi accadimenti: una passione per la pittura, quella della Riavini, coltivata fin da giovanissima all’Istituto Statale d’Arte di Trieste, dove l’affascinante e sorridente pittrice dagli occhi grigio-verdi ebbe modo di sperimentare le diverse discipline sotto la guida dei maestri più prestigiosi e degli artisti più significativi dell’epoca (Riccardo Bastianutto per le tecniche pittoriche, Dino Predonzani per la progettazione decorativa delle navi, Girolamo Caramori per l’incisione, Ugo Carà per la plastica, Ladislao De Gauss per il disegno dal vero ecc.). Il risultato? Un talento autentico, educato finemente all’arte, teso a raccontare i segreti di case abbandonate dell’interno dell’Istria soprattutto e in parte del Carso...un quotidiano ormai desueto, un leggero clangore di stoviglie, il pianto di qualche bimbo. Ora tutto questo non c’è più, ma le molteplici stratificazioni d’intonaco e di pittura che permangono sulle facciate e che incuriosiscono e affascinano particolarmente la pittrice, conservano la memoria di quell’attimo fuggente che è la nostra vita. Pur riandando indietro nel tempo, la Riavini si appropria di una tecnica contemporanea - l’acrilico su tavola, meno spesso su tela - eseguita con la paziente accuratezza dei modi antichi nel preparare il fondo (con gesso e colla caravella) e nello stendere alla fine la gommalacca. E dall’amalgama di capacità tecnica e professionalità, curiosità per il mistero e amore per la naturalezza della vita, fuoriescono queste ineffabili tracce postimpressioniste, che l’artista ha sempre più sintetizzato nel corso del tempo e di cui, nella presente rassegna, ci offre le prove più recenti e mature, realizzate dal 2005 a oggi e intrise di luce e di profondità. Esterni sempre più minimalisti e scabri, che all’inizio, nei primi anni ’90, l’autrice popolava di qualche anziano personaggio; poi non più - conclude il critico - solo muri, ricoperti di foglie quando il suo stato d’animo è più sereno, dipinti nell’ambito di una ricerca che l’artista intende ora estendere ad altri paesi dal mistero più recondito, quali per esempio India ed Egitto |
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TRIVERO (CASA ZEGNA, VIA MARCONI 23): MOSTRA “BIELMONTE, LA MONTAGNA CHE NON C’ERA – STORIA DI UNA LOCALITÀ INVERNALE” - FINO AL 27 FEBBRAIO 2011 |
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“Bielmonte, la montagna che non c’era – storia di una località invernale”: l’allestimento si prefigge di raccontare, senza esaurire, le sfaccettature salienti della storia di Bielmonte attraverso documenti d’archivio quali progetti tecnici, plastici, immagini, pubblicità, video e testimonianze di eventi sportivi eccellenti come quelli legati alla Valanga Azzurra del 1976 e del 1977 e del chilometro lanciato del 1998 e del 1999. Orari mostra: tutte le domeniche dalle ore 14 alle 18. Per gruppi e scuole (solo con prenotazione) martedì e giovedì dalle ore 9 alle 13 e dalle ore 14 alle 18. Ingresso libero. Info Casa Zegna – tel. 015 7591463 www.Casazegna.org archivio.Fondazione@zegna.com |
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MILANO: SABATO 29 GENNAIO APERTURA STRAORDINARIA DELLA MOSTRA DI SALVADOR DALI’: CHIUSURA ALLE 3 DI NOTTE E SANGRIA
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Sabato 29 gennaio, penultimo giorno di apertura al pubblico, la mostra “Salvador Dalí. Il sogno si avvicina”, promossa dall’Assessorato alla Cultura a Palazzo Reale, sarà aperta dalle 9.30 alle 3.00 di domenica mattina (la biglietteria chiude un’ora prima). Dalle 22.00 all’1.00 l’Ufficio Spagnolo del Turismo di Milano offrirà a tutti visitatori della mostra un bicchiere di sangria e materiale informativo sulla Spagna, la sua cultura e la sua arte. La mostra di Dalí, con i suoi 315.000 visitatori, è la terza di sempre per numero di visitatori e la prima tra quelle inaugurate a Palazzo Reale nel 2010. Sabato 29 gennaio a tutti i frequentatori della mostra sarà consegnato un coupon “porta un amico e entri gratis” per visitare l’antologica dedicata all’artista surrealista italiano “Alberto Savinio. La commedia dell’arte”, in programma a Palazzo Reale dal 25 febbraio al 12 giugno. “Un omaggio alla città e all’arte - spiega l’assessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory - per allungare la strada dei sognatori: perché bisogna dire la verità sui nostri sogni. Ecco il significato del coupon omaggio per la mostra di Alberto Savinio che è, per noi, il Dalí italiano”. |
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ATTIMI NEL TEMPO: DAL 28 GENNAIO MOSTRA DELLE FOTOGRAFE OLGA MICOL E ADRIANA DE CARO ALL’ANTICO CAFFÈ STELLA POLARE DI TRIESTE
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S’inaugura venerdì 28 gennaio 2011 alle ore 18.00 all’Antico Caffè Stella Polare di Trieste (via Dante, 14) la mostra personale di due fotografe, Olga Micol e Adriana De Caro, che sarà introdotta sul piano critico da Marianna Accerboni ed è curata da Claudio Sivini. Micol propone una quindicina di immagini a colori realizzate con il metodo digitale, ma senza ritocchi, che narrano la realtà, la serenità e l’atarassia di un Oriente lontano, non molto frequentato e perciò sconosciuto ai più. De Caro espone invece una dozzina d’immagini fotografiche realizzate nel 2008 con il metodo digitale e ritoccate con Photoshop per quanto riguarda l’aspetto cromatico. La rassegna, che si svolge sotto il patrocinio della F.i.a.f. (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche), rimarrà visitabile fino al 21 febbraio (orario: tutti giorni dalle ore 7.00 alle 21.00). Inoltre venerdì 4 febbraio alle ore 17.30 al Salone degli Incontri del Circolo delle Generali di Trieste (Piazza Duca degli Abruzzi 1 - 7° piano), alla presenza del Direttore Generale di "Generali China Life Insurance Co. Ltd." Renzo Isler, che vive e lavora da anni in Cina e parlerà delle Agenzie Generali in quel lontano paese, Olga Micol presenterà il suo video sulla Cina odierna (Pechino, Shangai, Chengdu, Xi´an e con le immagini delle agenzie delle Generali) abbinato al racconto di un funzionario della Compagnia, che tra il 1923 e il ‘24 cercò di aprirvi un´agenzia, senza riuscirci. Volti di bimbi e di adulti bruciati dal sole, colori sgargianti per abiti e gioielli, che qui in Europa definiremmo etnici, le montagne innevate di catene montuose altissime - scrive Accerboni - rappresentano il Leitmotiv del reportage che Olga Micol ha redatto lo scorso anno durante un viaggio magico, un po’ avventuroso e stupefacente per la realtà altra cui ci avvicina: un mondo in cui la carne viene per così dire fustigata, a contatto con la povertà e la fatica. Ed emerge allora il pensiero, la forza della mente: per difendersi dal disagio fisico – freddo, fame, sporcizia – l’uomo si eleva verso le vette di una filosofia, che attribuisce poco valore alla materia e priorità all’equilibrio interiore. Così, tra meravigliosi fiori di loto e uccelli da favola, Micol – che ha al suo attivo numerose mostre fotografiche di successo e alcuni libri a tema fotografico – indaga il mondo antico e variopinto dei nomadi nell’India a cavallo del confine con il Pakistan e la Cina. E riferisce, con inclinazione narrativa, del magico fascino della natura di quei luoghi- fermando, attraverso un reportage di viaggio denso e ordinato, puntuale e intelligente, la grande serenità di chi non ha nulla da perdere, poiché non lo possiede. Attraverso una serie di immagini fotografiche realizzate nella metropolitana di Parigi nel 2008 - scrive Accerboni - Adriana De Caro cerca di fermare l’attimo fuggente, attingendo al movimento e mediante l’attenzione e la valorizzazione del concetto di velocità tipico del nostro contemporaneo: una ricerca, quella cinetica, che trae le sue origini agli albori del secolo breve con l’indagine e il furore futuristi, ma alla quale la fotografa triestina dona un’altra sfumatura, connotata d’interiorità e introspezione. L’individuo in metropolitana si trova gomito a gomito con tanta gente, è sfiorato da molti, ma in realtà è solo, sembra dire la fotografa. E in questa sorta di silenzio virtuale, avviene, secondo la de Caro, un percorso introspettivo, una silenziosa ricerca nel profondo di se stessi, simbolizzato dal percorso metropolitano nelle viscere della terra e stimolato dalla solitudine: una mostra metaforica, originale e unitaria, le cui opere saranno accostate nell’allestimento ai versi di Herman Hesse e Kahlil Gibran. |
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PER OMAGGIARE LA CITTÀ DI FIRENZE, TERRA IN CUI IL MARCHIO AFFONDA LE PROPRIE RADICI, GHERARDINI HA VOLUTO PORTARE ANCHE A PITTI W LE CELEBRAZIONI PER I PROPRI 125 ANNI |
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Un’area di 100 mq dedicata alle creazioni della maison, lo spazio 79 all´interno del padiglione Dogana, ospiterà una selezione della mostra “Celebrating 125 years of style”. La retrospettiva si snoda in un corridoio “lungo” oltre un secolo seguendo il concept della mostra originaria – che si è tenuta a settembre alla Triennale di Milano. In chiave trasversale si racconta la storia della griffe, fondata da Garibaldo Gherardini nel 1885 e partita dal negozio di Via della Vigna Nuova a Firenze; la mitica piattina, le borsette da sera – di seta e perline – anni Venti e Trenta; le borse di pelle anni Cinquanta e Settanta, ma anche la Clutch d’Autore e un pezzo inedito risalente ai primi del Novecento, esposte in teche accanto ad una selezione di piccoli accessori, fotografie originali dell’epoca e una video installazione. E, ancora, il rivoluzionario tessuto Softy, tanto leggero da essere impiegato anche per gli impermeabili. Un percorso riproposto nella monografia dedicata alla maison, che sarà esposta sempre nella mostra Gherardini a Firenze dall’11 al 14 gennaio Il legame tra Gherardini e Firenze era già stato rafforzato e celebrato in grande stile nel 2009: con il progetto “Re-thinking Monnalisa Gherardini” la griffe fiorentina aveva finanziato il restauro dell´opera ”Madonna col Bambino, Sant’antonio Abate e un Santo che abbevera un cane”, capolavoro di un Anonimo del Xvi Secolo. E tutto grazie ai fondi ricavati dalla vendita, su e-Bay e nei monomarca Gherardini, di alcuni tra i più esclusivi modelli della griffe - Monnarosa e Monnastory, oltre alle celebri shopper Monnalisa Bag - raffiguranti la Gioconda, reinterpretata in origine su tela da alcuni tra i più alternativi artisti contemporanei: Aldo Cibic, Fulvia Mendini, Marco Klee Fallani e Nuala Goodman. Il dipinto restaurato, presentato durante la Iv edizione di Pitti W, era stato esposto a Palazzo Medici Riccardi. Per l´occasione Gherardini aveva prodotto – solo su ordinazione - un´esclusiva clutch che raffigurava il dipinto: la “Clutch d’Autore” è stata realizzata nel 2009 in collaborazione con la Storica Fondazione Arte della Seta Lisio di Firenze, storico fornitore di Gherardini, celebre per l’arte della tessitura di materiali di pregio |
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FANO (GALLERIA CARIFANO, VIA ARCO D´AUGUSTO 47): PIETRO ANNIGONI. SESSANT´ANNI CON LA PITTURA – FINO AL 13 FEBBRAIO 2011 |
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La Cassa di Risparmio di Fano sceglie una grande retrospettiva di Pietro Annigoni per aprire al pubblico il suo nuovo spazio espositivo a Palazzo Corbelli, sulla centralissima via Arco d´Augusto. La nobiliare dimora, di impianto settecentesco, rinnovata da Pietro Ghinelli ai primi dell´Ottocento, è stata integralmente restaurata ed è stata in parte destinata a sede della Galleria Carifano. Questa, per scelta della Cassa di Risparmio di Fano, ospiterà mostre ed eventi culturali di rilievo nazionale, realizzati dalla Fondazione Gruppo Credito Valtellinese che già produce ed organizza eventi espositivi nelle sue sedi di Sondrio, Milano e Acireale. Di Annigoni saranno in mostra un centinaio di opere, esemplificative di tutti i 60 anni di attività del grande artista. Gilberto Grilli, che dell´esposizione è il curatore, ha scelto di presentare, accanto ad opere celeberrime, lavori poco o nulla conosciuti, o perché oggi conservati in collezioni all´estero o in dimore e raccolte private. Uomo ed artista di enorme carisma, nato in un secolo di grandi rivoluzioni, dotato di capacità tecniche uniche al mondo che gli hanno permesso di realizzare opere gigantesche e minuscole incisioni, Annigoni ha dedicato la sua opera alla difesa della centralità e trascendenza dell´uomo di cui presagiva con lungimiranza quasi profetica l´imminente declino. Ed è proprio su questo versante, il più riflessivo ed intimo, del Maestro, che la mostra si indirizza. Ecco quindi i grandi paesaggi solitari: da quello metafisico e surreale che fa da sfondo al "Viandante" del ´46 sino al grandioso paesaggio affrescato per la casa della figlia sul lago di Massaciuccoli nel 1976. Poi una carrellata di grandi ritratti. Si sa che questo genere rese Annigoni, "pittore delle regine" celebre a livello mondiale. Non mancano, anche in questa mostra, le "celebrità", ma proposte in opere di particolare significato. Ecco i due studi preparatori per il ritratto della regina Elisabetta Ii, uno dei ritratti certo più celebri del Maestro, studi che ci trasmettono una donna che sa misurarsi con la regalità. O i due studi preparatori per il grandissimo ritratto che Annigoni realizzò nel 1968-69 allo Scià di Persia Reza Phalevi e alla moglie Fara Diba, ritratto poi distrutto durante la rivoluzione komeinista. Poi i bozzetti per il non meno famoso ritratto di J. F. Kennedy pubblicato sulla copertina del Time. È un ritratto che è parte della storia del ventesimo secolo: mentre Annigoni era nella stanza ovale con John Kennedy e gli stava facendo questo ritratto il Presidente discuteva al telefono se lanciare o no i missili su Cuba. La mostra cita anche un ritratto mancato, quello di Rockefeller che offrì all´artista un assegno in bianco purché completasse l´opera in due giorni, ricavandone un netto rifiuto. Come accadde a Liz Taylor impegnata a Firenze nelle riprese de "Il giro del mondo in 80 giorni". Anche l´attrice mise fretta al Maestro, ricavandone un cortese rifiuto motivato dalla constatazione che esiste una forte differenza tra un pittore ed un fotografo. A colpire nei ritratti di Annigoni erano certo la finezza del suo tratto e la mostruosa abilità tecnica ma soprattutto la capacità introspettiva grazie alla quale la persona prevaleva sul personaggio pubblico. Tra i capolavori esposti "Signora con perle" del 1958, opera finissima, ora in una raccolta in Cina, e due "Autoritratti", tema sul quale Annigoni si esercitava a ritmo esattamente e quasi maniacalmente settimanale. Il lavoro sull´anima che il Maestro compiva per molti suoi ritratti veniva poi utilizzato anche per dare volto ai personaggi dei suoi grandi cicli affrescati, com´è evidente negli studi per le "Storie di San Benedetto" destinate all´Abbazia di Montecassino. Stessa sorte anche per il ritratto di Elisabetta Ii, diventato spunto per il soggetto di una "Madonna con Bambino" in una edicola religiosa lungo una via di Firenze. Si diceva di un taglio "sociale" di questa mostra: Annigoni, si sa, era solito dire: "Io ho scelto i poveri. I ricchi hanno scelto me". Ecco quindi i volti, perfettamente riportati, magistralmente resi, di Poveri Cristi che l´artista incontrava nei suoi giri per la città, nelle osterie di paese, o in viaggi in paesi lontani. Ad esempio in India, terra dalla quale ha riportato una serie potentissima di ritratti di mendicanti, o la serie dei "Ragazzi di guerra", giovanissimi infagottati in vestiti dei loro padri al fronte, ragazzi e bambini senza volto perché le guerre conducono alla perdita di identità. In altri viaggi, ad esempio in quello in Messico, sono il paesaggio, i grandi orizzonti a dargli le maggiori emozioni, puntualmente riportante in gradi tempere acquerellate eseguite sul posto. La mostra è completata da una ampia selezione di incisioni, disegni, foto private e da "creazioni" diverse, come le famose "Medaglie dello Zodiaco". Tra i documenti esposti a Fano, le lettere che gli scrisse de Chirico, testimonianze straordinarie della considerazione che il grande metafisico aveva per Annigoni e in particolare per la sua abilità tecnica. Sono riflessioni anche sullo stato dell´arte in Italia nell´immediato indomani del secondo conflitto mondiale quando nasce il "Manifesto dei pittori moderni della realtà", estrema difesa del valore del figurativo in arte. Quell´arte che, secondo Bernard Berenson, Annigoni onorò ai massimi livelli tanto che il critico scrisse: "Pietro Annigoni, non solo è il più grande pittore di questo secolo, ma è anche in grado di competere alla pari con i più grandi pittori di tutti i secoli" e "... Rimarrà nella storia dell´arte come il contestatore di un´epoca buia ... " |
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CORTONA: ECCEZIONALE ESPOSIZIONE DI OPERE ETRUSCHE DEL LOUVRE A TESTIMONIANZA DELLA CIVILTÀ E DELLA CULTURA DELL’ETRURIA, TRA L’ARNO E IL TEVERE |
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Quaranta oggetti, tra cui alcuni capolavori, di una delle collezioni d’arte etrusca più importanti d’Europa esposti in Italia, nel cuore dell’Etruria. E’ l’Arianna da Falerii, pervenuta al Museo del Louvre nel 1863 insieme a una consistente parte della celebre collezione Campana, l’opera “simbolo” dell’importante mostra in programma a Cortona (Ar) dal 5 marzo al 3 luglio 2011, che proporrà presso il Maec-museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona oltre quaranta opere di grandissimo interesse appartenenti alla collezione d’arte etrusca del Museo francese. Un evento reso possibile grazie all’eccezionale collaborazione avviata con il Museo del Louvre, che nei mesi scorsi ha sottoscritto un accordo triennale con Cortona, antica lucumonia etrusca, a conferma – dopo la mostra realizzata due anni fa con il Museo Ermitage di San Pietroburgo - della rilevanza assunta a livello internazionale dalla città toscana sul tema degli Etruschi. Il primo risultato di questa convenzione è il progetto espositivo, condiviso tra studiosi francesi e italiani, che darà modo di apprezzare la ricchezza e la varietà della collezione del Louvre - tra le più significative in Europa - capace di testimoniare, con opere esemplari, la complessità della cultura etrusca e soprattutto le peculiarità delle diverse regioni e località dell’Etruria. La mostra “Le collezioni del Louvre a Cortona. Gli Etruschi dall’Arno al Tevere” propone infatti una selezione accurata di reperti di grande fascino, incluse anche opere poco note al grande pubblico ed esposte per la prima volta in Italia, per offrire importanti e nuovi elementi di riflessione sulla società etrusca in relazione alle diverse località di quest’area, anche grazie a studi, indagini e restauri recenti o effettuati per l’occasione. Così è per il grande busto in terracotta di Arianna risalente al Iii secolo a.C., frammento di una statua monumentale appartenente forse a un gruppo culturale, che _no a una decina d’anni fa era conservato, privo ancora d’identità, nei depositi del Dipartimento delle Antichità greche, etrusche e romane del grande museo francese. Oggi, questa scultura femminile ornata da gioielli e con una corona di foglie di vite e pampini sui capelli, che era raffigurata nell’atto di scoprirsi il capo dal velo - gesto tipico delle rappresentazioni dei matrimoni sacri - viene considerata uno dei più significativi esempi di coroplastica etrusca di età ellenistica. Promotori dell’evento, che ha il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, del Ministero degli Affari Esteri e il sostegno dell’École française de Rome, sono il Museo del Louvre e il Maec-museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona, il Comune di Cortona, la Regione Toscana, la Provincia di Arezzo, l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, il Mibac-direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, la Soprintendenza per i Beni Archeologici per la Toscana e l‘Accademia Etrusca, con il contributo della Banca Popolare di Cortona, Coingas, La Braccesca, Valdichiana Outlet Village e Arezzo Fiere e Congressi, oltre ad uno stuolo di operatori locali che aderiscono all’operazione. Curata da Paolo Bruschetti, Françoise Gaultier, Paolo Giulierini, e Laurent Haumesser, con organizzazione generale del Dipartimento delle Antichità greche, etrusche e romane e della Direzione della Produzione Culturale del Museo del Louvre, del Maec, di Villaggio Globale International e con catalogo Skira, la mostra si sviluppa dunque secondo le aree di provenienza dei materiali - da Fiesole a Chiusi, da Orvieto a Bomarzo, da Perugia a Falerii - su progetto allestitivo di Andrea Mandara con la collaborazione di Fabiana Dore (Studio di Architettura - Roma). È un percorso affascinante quello proposto, che ci porta anche a rievocare le singolari figure di collezionisti, amatori e mercanti attraverso i quali sono transitate le opere etrusche pervenute al Louvre: pensiamo a Edme-antoine Durand - ricco collezionista che al momento della sua morte, nel 1835, si trovava proprio a Firenze per acquistare pezzi antichi sul mercato italiano - o a Giovanni Pietro Campana direttore del Monte di Pietà a Roma, la cui straordinaria collezione, messa in vendita dopo il tracollo finanziario e la condanna per peculato, venne acquistata nel 1861 in parte dall’Inghilterra, in parte dallo Zar Alessandro Ii e per la maggior parte da Napoleone Iii; oppure pensiamo ad Alessandro Castellani, esponente dell’importante famiglia romana di orafi e antiquari che, introdotto nella società francese dall’amico Gioacchino Rossini, ebbe contatti diretti con lo stesso imperatore Napoleone Iii. Un percorso che è soprattutto una sorta di grande fotografia dell’Etruria interna - e del ruolo che ebbero le valli dell’Arno e del Tevere negli scambi - attraverso vasi e statue in bronzo, urne e monumenti sepolcrali, gioielli, preziose terrecotte. Saranno in mostra a Cortona opere famose, come la Testa da Fiesole - un bronzo del Iii secolo a.C., acquistato dal Louvre nel 1864, parte di una statua onorifica raffigurante un giovane aristocratico etrusco - e quattro importantissimi bronzi del Falterona: statuette appartenenti a un eccezionale deposito votivo rinvenuto nel 1838 e oggi diviso tra i maggiori musei europei, entrate a far parte delle collezioni del Louvre, attraverso acquisizioni successive. Sarà possibile ammirare pezzi d’artigianato artistico, come la pisside in avorio proveniente della collezione Castellani - scoperta nella necropoli di Fonte Rotella presso Chiusi - lavorata da un’unica porzione di zanna d’elefante, in stile orientalizzante, con raffinate decorazioni d’animali reali e fantastici e delicati elementi fitomorfi; nonché contemplare preziosi pezzi d’oreficeria, comprati a Roma nel 1861 dagli emissari del Governo francese venuti a negoziare l’acquisto della collezione Campana, come gli orecchini in oro con pendenti ornati da motivi raffiguranti il carro del Sole e la Vittoria. Ancora il mirabile Vaso conformato a testa femminile, recipiente bronzeo databile tra la fine del Iii e l’inizio del Ii secolo a. C., forse prodotto da un atelier orvietano. Caratterizzato dalla bella acconciatura - originariamente impreziosita da un diadema ora perduto - e dall’iscrizione Suthina incisa sulla fronte (che indica l’appartenenza alla sepoltura), il recipiente senza fondo doveva servire come simulacro di un unguentario. Di grande interesse l’elegante statuetta di Menerva in bronzo, proveniente dalle vicinanze di Perugia e connessa al culto di Menerva combattente - diffuso nell’Etruria centro settentrionale - ma anche le lamine bronzee di Bomarzo decorate a sbalzo con straordinaria raffinatezza e con attenzione per i particolari, e - sempre da Bomarzo - il pregevole Lebete-situla falisco a figure rosse, tra le opere di età tarda di questa produzione meglio conservate, raro esemplare ad avere mantenuto integri il coperchio e la decorazione, sia plastica che pittorica. A rappresentare Chiusi, alcuni pezzi eccezionali: dal canopo antropomorfo databile alla seconda metà del Vi secolo a.C., a una bella urna cineraria in terracotta; dalla collana con catena a fili d’oro intrecciati e pendente raffigurante una testa di Acheloo – ulteriore straordinario esempio di oreficeria etrusca – a un gruppo funerario con una storia complessa: tra i principali esempi di monumento funebre a tutto tondo della produzione chiusina, raffigurante un banchetto funebre con il defunto semidisteso su una kline e ai suoi piedi un demone femminile alato. Cortona dunque - sede fin dal Xviii secolo della prestigiosa Accademia Etrusca, apprezzata in tutta Europa e alla quale hanno aderito anche grandi personalità francesi come Voltaire e Montesquieu – continua con questa eccezionale mostra a confrontarsi con i maggiori musei internazionali, con il supporto di Villaggio Globale International, e a sviluppare occasioni di studio e ricerca sul tema etrusco. La grande tradizione di erudizione e collezionismo, le campagne di scavo condotte in questi venti anni che ancora consentono risultati e ritrovamenti sorprendenti, il restauro dei reperti direttamente in loco - avviato grazie all’apertura di un apposito laboratorio presso il Tumulo I del Sodo e ai corsi realizzati con la Soprintendenza - la conservazione e l’esposizione delle opere nelle sale del Maec, affascinante museo ispirato ai più innovativi criteri allestitivi e museografici e, infine, la valorizzazione e fruizione di questo enorme patrimonio (comprendente anche il parco archeologico diffuso in città e nel territorio) hanno dato vita a Cortona a un ciclo archeologico “completo”, in cui la collaborazione internazionale con le grandi istituzioni museali e di ricerca diviene ulteriore tassello fondamentale. Informazioni e prenotazioni: Tel. 0575 637235 - info@cortonamaec.Org - www.Cortonamaec.org |
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IL PARCO NAZIONALE DELL´APPENNINO TOSCO-EMILIANO: UN GIOIELLO PER L’ECOTURISMO
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Nel raggio di sessanta chilometri da un certo punto del crinale d´Appennino, si raccolgono due Parchi nazionali, quattro Parchi regionali e un´area marina protetta. Sono i Parchi di Mare e d´Appennino: il Parco nazionale delle Cinque terre, con la sua area marina protetta; il Parco nazionale dell´Appennino tosco- emiliano; i parchi regionali delle Apuane, dei Cento Laghi parmensi, del Frignano modenese e di Monte Marcello-magra. Ad essi si potrebbe aggiungere anche il parco regionale di Migliarino-san Rossore. Perchè tante aree protette, tante e così concentrate, in un cerchio percorribile in una mezza giornata di auto? Quel punto dell´Appennino è nel fuoco di uno snodo geografico e climatico: quello tra il continente e la penisola italiana. Qui si incontrano i venti, le perturbazioni, i confini climatici euro-mediterranei. Qui si incontrano e si confondono tre regioni ben distinte come l´Emilia, la Liguria e la Toscana. Qui la diversità e la complessità geografica, paesistica, biologica e metereologica, si esprimono a livelli elevatissimi. E di conseguenza è molto elevata anche la diversità storica, culturale, agricola, produttiva ed economica. La tutela e valorizzazione di questi ecosistemi e dei paesaggi, non può essere disgiunta dalla promozione di uno sviluppo economico compatibile, sostenibile e di qualità. La legge quadro sulle aree protette prevede esplicitamente politiche di sistema e politiche territoriali per rendere organica e più forte la tutela dell´ambiente e la promozione dello sviluppo che non si può realizzare per piccole zone di territorio. I patti siglati tra i Parchi di Mare e d´Appennino si limitano per ora a definire relazioni intense tra le aree protette, a ricercare prodotti e azioni comuni nel campo della tutela e del turismo, anche per la naturale complementarietà tra i vari tipi di turismo (città d´arte e beni culturali, parchi e beni naturali, attività sportive, mare, montagna, neve, sapori e gastronomia) tra aree sovraccariche e aree deserte. L´insieme di questa area -geograficamente ristretta- ma vasta per quantità e diversità di tematismi e attività, richiede coerenti azioni non solo da parte dei Parchi, ma prima di tutto dagli enti territoriali a competenza generale, le regioni, le province e i comuni. Questi sono chiamati a essere governo ed editore di identità diverse, ma al tempo stesso non possono non considerare le connessioni che il territorio propone naturalmente, poichè sono proprio queste connessioni la fonte di un grande valore aggiunto. In questa area può essere identificato un nuovo originale distretto turistico-naturalistico-culturale e di servizi di valore nazionale. Di esso i Parchi sono già oggi forte testimonianza. Tra Parma, Pisa, Lucca e Portofino, passando per Massa Carrara, La Spezia, Sarzana fino a Reggio Emilia e Modena, i territori sono plurali, legati alle città capoluoghi ma anche ricchi di municipi. I distretti industriali (del marmo alla ceramica alla meccanica alla cantieristica all´alimentare) sussistono, ma andando via via verso l´interno del cerchio, cedono il passo a una differenziazione sempre più accentuata. C´è un tessuto di piccole piccolissime imprese dei servizi dell´artigianato, del turismo, delle tipicità agro-alimentari davvero originale che facilmente raggiunge punte di elevatissima qualità. Un´italia minore che sa essere spesso anche l´Italia migliore. Un made in Italy di tipo nuovo, che non è catalogabile sotto nessuna etichetta industriale e tende verso modelli di sviluppo più nuovo di soft economy. Parco nel mondo: l´emozione di tornare alle origini Il progetto Parco nel Mondo intende riallacciare i legami tra i territori del Parco e le migliaia di persone che sono emigrate dal crinale appenninico. Mentre fino a pochi decenni fa uomini e donne decidevano in gran numero di lasciare la montagna perché i redditi provenienti dall´emigrazione erano fra le principali risorse cui affidarsi, oggi la nuova realtà del Parco offre nuove prospettive di sviluppo a luoghi che si consideravano un tempo marginali e privi di vere opportunità. La sfida del progetto è quella di recuperare i rapporti con coloro che ne sono andati in passato e trasformare oggi ciò che è stata l´emigrazione, da sempre un punto di debolezza considerando la perdita delle migliori risorse umane di una popolazione, in un concreto e significativo strumento per recuperare contatti e relazioni a livello nazionale ed internazionale attraverso le associazioni e le reti informali degli emigrati che vivono in altre aree d´Italia o all´estero |
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ABITARE IL SOGNO: MOSTRA PERSONALE DEL PITTORE TULLIO FANTUZZI ALLA GALLERIA RETTORI TRIBBIO 2
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S’inaugura sabato 29 febbraio 2011 alle ore 18.00 alla Galleria Rettori Tribbio 2 (Piazza Vecchia, 6) di Trieste la mostra personale del pittore Tullio Fantuzzi, che sarà introdotta dall’architetto Marianna Accerboni. La rassegna propone più di una ventina di opere realizzate dall’artista ad affresco a tecnica mista. Visitabile fino all’11 febbraio. Magistrale disegnatore d’interni - scrive Accerboni - Tullio Fantuzzi dipinge fin da giovanissimo, dai tempi in cui frequentava l’Istituto Statale d’Arte “Nordio” di Trieste sotto la guida di maestri storici quali Riccardo Bastianutto per le tecniche pittoriche, Dino Predonzani per la progettazione decorativa delle navi, Girolamo Caramori per l’incisione, Ugo Carà per la plastica, Ladislao De Gauss per il disegno dal vero ecc. Dopo questa fondamentale formazione, nel cui ambito si sono affinati i migliori artisti triestini, il pittore partecipa ai corsi della Scuola Libera di Figura tenuti da Nino Perizi al Museo Revoltella, componendo architetture figurative, in cui il corpo femminile si propone in tutta la sua rigogliosa bellezza. Ma in pittura, campo in cui l’autore ha meritato numerosissimi riconoscimenti, Fantuzzi approccia un altro genere: dipinge abitati silenti e luminosi, le cui forme, sottolineate da caldi cromatismi, proseguono armonicamente nello spazio della cornice. Una laboriosa tecnica ad affresco su intonaco, arricchita da inserzioni in cartone, connota i suoi lavori, in cui il soggetto prediletto, cioè i muri di vecchie case, trasmette al fruitore l’anima di chi vi ha vissuto. Razionalità, buon gusto ed estro fantastico s’intrecciano in queste opere dal taglio inizialmente figurativo, di forte e raffinata valenza materica: seguendo un percorso di progressiva semplificazione, interpretano il tema e si accostano sempre di più a un contesto che guarda all’astrazione e attualmente si attesta sulla soglia di un armonico minimalismo, in cui l’equilibrio delle parti è spesso sotteso e compendiato da un filo reale, ma nel contempo simbolico, che collega le diverse componenti del quadro, bilanciandone il rapporto. Sono lavori fantasiosi, vivaci e delicati - conclude Accerboni - caratterizzati appunto da un simbolismo lieve e da colori accattivanti e coinvolgenti, in cui all’intonaco arricchito di pigmenti naturali, declinati generalmente su tela incollata su truciolare, Fantuzzi sa aggiungere la componente ineffabile del sogno. |
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CATANZARO (MUSEO MARCA): COMMUNITY. LA RITUALITÀ COLLETTIVA PRIMA E DOPO IL WEB A CURA DI ALBERTO FIZ E LUCA PANARO
- FINO AL 27 MARZO 2011
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Dopo il recente successo ottenuto dalle mostre di Alessandro Mendini e di Michelangelo Pistoletto, il museo Marca di Catanzaro prosegue la sua programmazione presentando un progetto dalla forte carica innovativa che nasce dall´esigenza d´interrogarsi sull´idea di comunità sociale in un´epoca di radicali trasformazioni dove la tecnologia ha assunto un ruolo prioritario. Community. La ritualità collettiva prima e dopo il web s´inaugura nella sede del Marca sabato 18 dicembre alle ore 18,30 e si potrà visitare sino al 27 marzo prossimo. La mostra, a cura di Alberto Fiz e Luca Panaro, è promosso dalla Provincia di Catanzaro Assessorato alla Cultura con la collaborazione della Regione Calabria - Assessorato alla Cultura e il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Calabria, di Sensi Contemporanei - Ministero dello Sviluppo Economico e della Fondazione Mimmo Rotella. L´esposizione è accompagnata da un esauriente catalogo in italiano e inglese edito da Electa. Per questo importante appuntamento sono stati coinvolti in 14 tra gruppi e artisti di generazioni differenti quali Alterazioni Video, Marina Ballo Charmet, Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Vanessa Beecroft, Cristian Chironi, Mario Cresci, Paola Di Bello, Flatform, Nino Migliori, Adrian Paci, Franco Vaccari, Naomi Vona, Carlo Zanni. Un confronto tra grandi maestri e giovani rappresentanti dei new media che consente di riflettere sul concetto di comunità dagli anni cinquanta a oggi, attraverso opere fotografiche, video, progetti web e installazioni interattive. Non manca nemmeno un´installazione mobile del gruppo Flatform che durante i giorni precedenti all´inaugurazione della mostra hanno registrato le reazioni delle persone nelle strade della città di Catanzaro. "Dopo una serie di esposizioni dal taglio storico e filologico, il Marca propone un altro progetto particolarmente coinvolgente e attuale dove l´arte rappresenta l´occasione per interrogarci su noi stessi e la nostra relazione con gli altri. Di fronte ad un individualismo spesso esasperato, appare quanto mai opportuno affrontare il tema della collettività attraverso una lettura trasversale che coinvolge i grandi maestri della fotografia italiani, così come alcuni dei più significativi artisti dell´ultima generazione", afferma Wanda Ferro Presidente della Provincia di Catanzaro con delega alla Cultura. Negli ultimi decenni la visione della comunità si è profondamente trasformata e si è assistito al passaggio da riti collettivi che si svolgevano in luoghi reali (case, strade, parchi, bar), a processi di aggregazione tecnologici sviluppati in ambienti virtuali (blog, chat, social network). La comunità, insomma, spesso, è diventata community on line (a Facebook hanno aderito 500 milioni di persone in tutto il mondo) e il web ha mutato profondamente il rapporto fra gli individui, sebbene si sia mantenuto inalterato il desiderio di appartenenza e di unità in base a interessi comuni. Come spiega Alberto Fiz, Direttore Artistico del Marca "si è passati dalla comunità rigida e gerarchizzata, basata su precise linee guida di carattere politico, ideologico e familiare, alla comunità fluida e delocalizzata, priva di un riferimento territoriale, che si sviluppa prevalentemente in base all´esperienza dei singoli individui. Un percorso che va incontro ad una cultura partecipativa e relazionale descritta con efficacia dal taglio inedito dell´esposizione". E Luca Panaro aggiunge: "Gli artisti selezionati sono accomunati dall´utilizzo dell´immagine e da un attento sguardo indagatore nei confronti di una società in continua evoluzione. Riflettere sulla comunità rappresenta per ognuno di questi autori una necessità imprescindibile nell´arduo compito di interpretare il proprio tempo". La mostra mette a confronto immagini comunitarie rappresentative di epoche e condizioni sociali molto differenti fra loro. Come la visione "neorealista" restituita dalle fotografie di Nino Migliori (Bologna 1926), alla ricerca di sguardi, gesti e gerarchie in Gente dell´Emilia e Gente del Sud documentata sulla soglia di casa o sui gradini delle strade negli anni cinquanta. L´indagine di Mario Cresci (Chiavari 1942) condotta nei Ritratti reali mostra, invece, le condizioni di vita di piccoli gruppi familiari di alcuni paesi della Basilicata nei primi anni settanta. Mentre la Festa del Proletariato Giovanile al Parco Lambro di Milano fotografata nel 1976 da Gabriele Basilico (Milano 1944) in occasione dell´ultimo Festival Re Nudo testimonia il senso comunitario hippy restituendo quella che i giornali del tempo definirono "l´apoteosi della provocazione". In questo caso vengono esposte 30 immagini vintage, alcune delle quali inedite. Un altro capitolo della mostra affronta la questione legata all´aggregazione comunitaria in alcune metropoli, come riflessione sui nuovi riti collettivi dell´attuale società. Basti pensare alla serie Il parco di Marina Ballo Charmet (Milano 1952), realizzata in varie città del mondo per indagare questo nuovo luogo di socialità e condivisione soprattutto nei giorni di festa. La convivenza fra moltitudini di individui è visibile anche nelle immagini di Olivo Barbieri (Carpi 1954), in modo particolare nel video proposto in quest´occasione Seascape#1 Nigth, China Shenzhen, 05, girato per documentare una generazione di cinesi durante un bagno al chiaro di luna. Il tema della rassegna attraversa anche i lavori di Paola Di Bello (Napoli 1961) che spesso punta l´obiettivo sull´integrazione fra individui, come accade in Framing the Community, dove gruppi di persone di diversa estrazione testimoniano la loro appartenenza ad un unico paesaggio urbano. Il calcio come rito collettivo è il tema intorno al quale si sviluppa l´indagine di Cristian Chironi (Nuoro 1974) che sfrutta il potere dell´immaginazione con la complicità dello spettatore. Un lavoro sulla memoria, il suo, dove una raccolta di foto d´epoca rappresenta metaforicamente l´archiviazione generazionale di una comunità. A riflettere sulla condizione comunitaria anche il video di Adrian Paci (Scutari-albania 1969) Centro di permanenza temporanea esposto in mostra dove una fila di extracomunitari di varie etnie si arrampica sulla scaletta di un aereo che si scopre non esserci e che, soprattutto, non partirà mai. Nelle sue opere la poetica del ricordo e dell´appartenenza agiscono nel ridefinire l´identità di popoli messi a rischio dai processi migratori. Con i lavori di Vanessa Beecroft (Genova 1969), una delle maggiori interpreti della ricerca contemporanea, si sviluppa ulteriormente l´indagine sulla ritualità contemporanea focalizzando l´attenzione su gruppi di giovani donne che durante le azioni performative in luoghi carichi di memoria sono private di ogni possibilità di dialogo o relazione. Sono figure femminili mute e immobili testimoni di un´epoca dominata dal culto del corpo e dell´immagine. In questo caso vengono proposte due opere monumentali di tre metri che fanno riferimento alla performance realizzata nel 2008 alla chiesa di Santa Maria dello Spasimo a Palermo. La rassegna prosegue indirizzando la riflessione sulla comunità contemporanea in chiave tecnologica, partendo dal lavoro pionieristico di Franco Vaccari (Modena 1936) che si è interessato alla comunicazione spontanea di alcuni gruppi d´individui già alla fine degli anni sessanta, per trovare la sua più nota rappresentazione nell´installazione presentata alla Biennale di Venezia del 1972 Lascia su queste pareti una traccia fotografica del tuo passaggio. In questa e in altre opere più recenti dell´autore è facile recepire una serie di anticipazioni sulle comunità virtuali di oggi e il coinvolgimento di migliaia di persone alla co-creazione di un progetto unitario. Al Marca è esposta una serie di lavori che fanno riferimento ai suoi ambienti/installazioni più noti (tra cui quello della Biennale del 1972) realizzati dal 1969 al 2009. In ogni circostanza l´autore sembra esseri occultato innescando un capovolgimento dei normali ruoli legati alla fruizione artistica e una relazione inaspettata da parte del pubblico. La strada aperta da Vaccari trova largo consenso negli artisti delle nuove generazioni che alla documentazione diretta della realtà antepongono l´interazione mediata dalle tecnologie informatiche. A questo proposito, risulta interessante il confronto con l´opera della giovanissima Naomi Vona (Desio 1982) Gli infedeli mediatici, che mostra i volti di migliaia di persone auto-pubblicati su Youtube; prima imbarazzati, poi sbigottiti e infine disgustati, dopo la visione di un video proibito. Anche il collettivo Alterazioni Video formato nel 2004 a Milano, che agisce come un network internazionale, si concentra sull´utilizzo delle nuove tecnologie e sul rapporto tra verità e rappresentazione, legalità e illegalità, libertà e censura nella società contemporanea. Come risulta evidente nel video proposto in mostra Last known address ottenuto con l´ausilio di Google Earth. Carlo Zanni (La Spezia, 1975) coinvolge direttamente il popolo del web che può connettersi con il suo lavoro modificandolo direttamente in base all´ipotesi di un copyright di gruppo. I flussi di dati prelevati dal mondo digitale danno vita ad esperienze di consapevolezza sociale con la collettività invisibile ma numerosissima che si è data appuntamento in rete. Assai significativo, infine, il progetto interattivo proposto per Catanzaro da Flatform, un gruppo di artisti nato a Milano nel 2006. In questa circostanza s´intrufola tra i quartieri della città la Flatcase, un´installazione mobile su ruote composta da varie attrezzature che registra le reazioni della gente di fronte a due differenti video durante i giorni che precedono l´esposizione. In mostra viene presentato il risultato di quest´indagine sul territorio con gli abitanti di Catanzaro che diventano protagonista dell´opera. Il museo scende in piazza e accoglie la propria comunità. La mostra è accompagnata da un catalogo in italiano e inglese edito da Electa con i saggi critici di Alberto Fiz e Luca Panaro, oltre alla pubblicazione di tutte le opere esposte. Catalogo Electa. Info@museomarca.com www.Museomarca.com |
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"ISOLA CHE DANZA": GRANDE SUCCESSO DEI FUOCHI SANT´ANTONIO E PREPARATIVI CARNEVALE, SOTTO IL SEGNO DI IDENTITÀ E TRADIZIONI SARDE
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Cagliari - Le fiamme dei fuochi si Sant’antonio si sono appena spente, ma le braci continuano a scaldare i cuori degli abitanti dei cento comuni sardi e dei loro ospiti coinvolti nell’evento, che per la prima volta si sono uniti sotto la regia della Regione col il ‘brand’ dell’ ’Isola che danza’. Il ricordo delle lunghe notti fiammeggianti e ricche di scintille non si dimenticherà facilmente. Scintille che per due fine settimana hanno unito idealmente i comuni sardi che hanno perpetrato questo antico rito religioso, tra il sacro e profano, che quest’anno, grazie a una puntuale ricognizione sui territori, condotta dall’assessorato regionale del Turismo e dall’agenzia Sardegna Promozione, hanno goduto di una campagna istituzionale mai pensata e attivata sino ad ora. "L’opera della Regione - ha sottolineato l’assessore regionale del Turismo Luigi Crisponi -, oltre che rinnovare il sentimento di identità tra le popolazioni e richiamare numerosi turisti, incuriositi dalle originali interpretazioni sarde dei Fuochi di Sant’antonio Abate, ha consentito all’assessorato regionale di esportare in Europa, a Vienna, Oslo, Utrecht e Stoccarda, la magia e il mistero delle ‘Scintille dal cuore’. "Esprimiamo, quindi, la piena soddisfazione - ha proseguito l’esponente della Giunta Cappellacci - per la corale partecipazione delle amministrazioni locali coinvolte, dove interi quartieri e rioni si sono misurati nel preparare i fuochi e offrire ai visitatori, come da tradizione, ‘fave e lardo’, ‘pistiddu’, ‘coccone’ e buon vino". Col cuore ancora caldo, nel ricordo e nel calore dell’atmosfera dei fuochi, ora è il turno dei preparativi del Carnevale, che animerà ben 37 comuni dell’ ‘Isola che danza’. ‘Su Karrasecare’ inviterà gli abitanti e i turisti, già ospiti o giunti per l’occasione, ad ammirare i ‘Mammuthones e i ‘Issohadores’, i ‘Boes e Merdules’, ‘Sos Thurpos e s’Erittaju’, ‘S’urtzu e sos Buttudos, ad assaporare le prelibatezze enogastronomiche dei luoghi coinvolti e della stagione, partecipando a eventi che affondano le radici fin dal lontano 1546, come per esempio la giostra de ‘sa Sartiglia’. I Carnevali, così come i Fuochi, saranno promossi dall’assessorato regionale del Turismo anche nelle fiere di Madrid, Dublino, Bruxelles e Praga, dove numerosi operatori turistici e il pubblico che affolla questi prestigiosi palcoscenici internazionali potranno finalmente scoprire e conoscere i dettagli dell’offerta di viaggio in Sardegna nell’altra stagione. "Prosegue la campagna istituzionale dell’ ‘Isola che danza’ - ha concluso l’assessore Crisponi - con l’intento di costruire un programma di ‘altra stagione’ con i comuni e i loro territori, ognuno con le sue vocazioni e specificità e che, finalmente, sotto l’egida della Regione, vedranno la promozione integrata degli eventi che fanno parte delle loro tradizioni e della loro storia. Ogni evento, comune e territorio uniti da un comune simbolico cuore, che concorrerà a rinnovare il sentimento di identità della nostra terra e ci permetterà così di realizzare attività di promozione sempre più d’effetto, tali da infondere nuovi impulsi ai comuni interessati. Nel contempo sarà favorita la conoscenza più approfondita di aspetti meno noti, ma non meno appassionanti, veri e propri tesori nascosti della nostra Isola". |
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MICHELANGELO CONSANI LA FESTA E’ FINITA BOLOGNA INAUGURAZIONE SABATO 29 GENNAIO 2011 FINO AL 31 MARZO |
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La galleria “Sponda” Fabio Tiboni con La festa è finita presenta un progetto di Michelangelo Consani appositamente concepito per gli spazi che lo ospitano. Collocata lungo le rive del vecchio canale del porto di Bologna, “Sponda” si pone metaforicamente come “luogo di attracco”. Tiboni intraprende dunque un nuovo percorso, annunciando inoltre l’inizio, a primavera, di una serie di attività espositive anche a Rimini. Sponda e il progetto riminese riattiveranno idealmente quel canale che, fino all’inizio del secolo scorso, collegava il porto fluviale di Bologna al mare. La festa è finita prosegue la ricerca artistica di Michelangelo Consani - volta all’indagine e alla riappropriazione di ogni forma di marginalità, storica, ideologica, politica e sociale - e mette in campo una serie di nuove riflessioni. Incipit del progetto un testo del filosofo-economista Serge Latouche, dal titolo “La festa è finita”, che analizza il sistema capitalistico globale basato sull’utilizzo del petrolio. All’interno dello spazio della galleria l’artista organizza il suo dies festus. Questa la lista degli invitati: John Herbert Dillinger, Henry Ford, Allis Chalmer, Marco Ferreri, Michel Piccoli, Mario Schifano, Marion King Hubbert, Colin Campbell, Achille Castiglioni, Arthur Hollins, Masanobu Fukuoka. Una serie di personaggi legati l’uno all’altro per antinomia o affinità. Tutti, in qualche modo, connessi con i termini di riferimento del progetto: la tecnologia, la macchina, il petrolio, il consumo, la produzione e la terra; tutti, inoltre, testimoni di periodi di grande depressione economica (il ‘29 americano, la prima metà degli anni ‘70, i giorni nostri). Il gruppo di ospiti è ben assortito. Si va da John Herbert Dillinger, gangster e gentiluomo, moderno Robin Hood del crimine (durante le rapine bruciava i libri contabili sollevando da debiti e ipoteche le fasce meno abbienti e fuggiva a bordo di un’imprendibile Ford V8), a Henry Ford, non a caso fondatore della Ford Motor Company ma anche promotore del progetto Hemp Body Car, una macchina che “usciva dalla terra”, alimentata con carburante ottenuto dalla canapa distillata, ad impatto inquinante zero. Ed ancora da Allis Chalmers, Re dei trattori, anche lui impegnato dal ‘54 al ‘58 nella sperimentazione di un motore a idrogeno e dinamo, a Marco Ferreri in quanto autore del film “Dillinger è morto” del 1969. Una pellicola dura, che rivolge una forte critica al modello capitalistico imperante. Con Ferreri si accompagnano, l’interprete principale del film Michel Piccoli, Mario Schifano (buona parte delle riprese sono girate nella sua casa di Roma) e uno dei maggiori esponenti del design italiano, Achille Castiglioni. Alla festa Consani invita inoltre una coppia inseparabile, il geologo berlinese Marion King Hubbert e il suo discepolo Colin Campbell (i loro studi sulle risorse petrolifere nel mondo sono tra i più accreditati) e due personaggi “marginali”, Arthur Hollins e Masanobu Fukuoka. Hollins è uno dei pionieri della conservazione del terreno agricolo e da pascolo, sostenitore della teoria della non-aratura dei campi. Considerato un visionario per tutto il secolo scorso, oggi la sua fiorente fattoria modello è oggetto di numerosi studi. Fukuoka, padre dell’agricoltura naturale o del non fare, la sua filosofia è racchiusa nel suo nome, come diceva: ”Masa = diritto; Nobu = fede; Fuku = felice; Oka = montagna”. Il progetto di Michelangelo Consani sarà un vero e proprio happening, che si ripeterà settimanalmente per tutta la durata della mostra. La festa è finita sarà accompagnata da un poster pieghevole con testo critico di Pier Luigi Tazzi. Michelangelo Consani, Livorno 1971. Dopo una serie di importanti mostre collettive (Olanda Schunck-glaspaleis, Francia Musee d´Art Contemporain du Val de Marne, Slovenia Center for Contemporary Art Celje, Italia, Fondazione Michelangelo Pistoletto, Biella), nel 2010 Consani riceve da Ex3 Centro per l’Arte Contemporanea di Firenze il premio come miglior artista under 40. L’opera entra nella collezione permanente del Museo Pecci di Prato. Lo stesso anno, prende parte alla prima Triennale di Aichi che Akira Tatehata, Masahiko Haito, Hinako Kasagi, Pier Luigi Tazzi e Jochen Volz curano a Nagoya. E’ in fase di realizzazione un nuovo progetto che l’artista presenterà ad aprile, in occasione della personale presso la Kunstraum di Monaco. |
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