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Notiziario Marketpress di Mercoledì 09 Ottobre 2013
"CONFERENZA INTERNAZIONALE SU MONITORAGGIO E SORVEGLIANZA DELLE MALATTIE LEGATE ALL´AMIANTO"  
 
Espoo, 9 ottobre 2013 - Dall´11 al 13 febbraio 2014 si svolgerà a Espoo, in Finlandia, la "Conferenza internazionale su monitoraggio e sorveglianza delle malattie legate all´amianto" (International Conference on Monitoring and Surveillance of Asbestos-related Diseases). Sebbene l´uso dell´amianto sia ormai proibito in molti paesi, l´epidemia legata a questo materiale è ben lontana dall´essere conclusa. Le malattie legate all´amianto (Ard - Asbestos-related diseases) sono ancora tra le malattie professionali più gravi e diffuse nel mondo, nonostante gli allarmi diffusi dalle organizzazioni internazionali sulle minacce che questo materiale presenta per la salute. L´obbiettivo di questa conferenza è di mettere in evidenza le aree problematiche nella gestione della sorveglianza dei soggetti esposti all´amianto, oltre che di discutere le fonti di nuova esposizione all´amianto. I partecipanti discuteranno i più recenti risultati della ricerca e le attuali opinioni dei principali esperti su monitoraggio, diagnostica e scoperta precoce delle Ard nell´esposizione all´amianto. Per ulteriori informazioni, visitare: http://www.Ttl.fi/en/international/conferences/
helsinki_asbestos_2014/pages/default.aspx
 
 
   
   
CHIRURGIA ENDOSCOPICA DELLA BASE CRANICA: SE NE È PARLATO AD ARCO  
 
Trento, 9 ottobre 2013 Un convegno dedicato ad esplorare le nuove frontiere della chirurgia della base cranica, per asportare lesioni tumorali del cranio e dell´encefalo in modo non invasivo. Il 6 ottobre, al Casinò di Arco, si è tenuto il secondo e ultimo giorno di formazione per i partecipanti alla seconda edizione del meeting internazionale "Chirurgia endoscopica mini invasiva della base cranica", promosso dalla Provincia autonoma di Trento, dall´Azienda sanitaria, dal Comune di Arco, dall´Ordine dei medici e da Ingarda. Ospite d´onore il professor Daniel Prevedello, proveniente dal centro di neuroendoscopia della base cranica del Centro Universitario di Pittsburgh, negli Stati Uniti d´America, dove è nata questa speciale tecnica chirurgica. Ad affiancarlo il dottor Michele Conti, neurochirurgo dell´ospedale di Rovereto, segretario del convegno e da anni impegnato in progetti di formazione in Africa. Le relazioni scientifiche del convegno hanno puntato ad approfondire la cosiddetta "chirurgia endoscopica mini invasiva", che consente di asportare tumori del cranio e dell´encefalo in modo non invasivo, senza l´apertura della teca cranica, ma utilizzando ottiche e strumenti attraverso il naso. Un sistema innovativo, sviluppato dal Centro Universitario di Pittsburgh, che consente di non traumatizzare le delicate strutture nervose che invece venivano interessate dalle vie neurochirurgiche classiche del cranio per via laterale. Accanto a questa tecnica chirurgica, si sono approfondite anche le tecniche di radioterapia, prima tra tutte la protonterapia. Di grande interesse scientifico le relazioni che si sono alternate fra venerdì 4 e sabato 5 ottobre, in particolare l´intervento del professor Daniel Prevedello, attualmente direttore di neurochirurgia endoscopica mini invasiva dell´Università dell´Ohio a Columbus, ma anche quello del dottor Florian Ebner, che si occupa di questa nuova procedura presso l´Università di Tubinga in Germania. Il dottor Michele Conti ha invece portato l´esperienza trentina, ricordando i progetti di formazione in ambito sanitario realizzati dalla Provincia autonoma di Trento e dall´Azienda provinciale per i Servizi sanitari in Etiopia, Zimbabwe, Ghana e Kenya a partire dal 2010. Grazie a questi progetti giovani medici africani
hanno potuto seguire corsi di formazione nella terapia chirurgica dell´idrocefalo, una malattia molto diffusa, ma curata pochissimo, operando in prima persona. Come ha ricordato il dottor Michele Conti, che cura i corsi di formazione in prima persona, il progetto attualmente in corso riguarda il Marocco. Lo spirito di tali iniziative è quello di rendere quanto più possibile autonomi i presidi sanitari rurali africani, prestando assistenza anche alle comunità più lontane dalla capitale, dove si concentra l´assistenza specialistica; il tutto senza dover dipendere da personale medico-sanitario europeo. Chiave di volta di questa strategia è dunque la diffusione delle conoscenze, la formazione "mirata", con corsi brevi di alcuni giorni ma estremamente operativi, e quella continua, a distanza grazie alle tecnologie dell´informazione.  
   
   
LOMBARDIA: I SOCCORSI TEMPESTIVI SALVANO LA VITA  
 
Milano, 9 ottobre 2013 - Oltre 5000 diciottenni, iscritti alle scuole superiori di Milano, si ritroveranno in Piazza del Duomo il 19 ottobre prossimo dalle ore 9.00 per partecipare alla parte pratica del corso di rianimazione cardiopolmonare (massaggio cardiaco) e di defibrillazione, che permetterà loro di ottenere la certificazione regionale. Ma l´obiettivo che si punta a raggiungere entro il 2015 è quello di 100mila cittadini lombardi in grado di poter prestare il primo soccorso ad una persona colpita da arresto cardiaco. Lo ha detto il presidente di Areu, Alberto Zoli, nel corso della conferenza stampa che si tenuta stamane per la presentazione dell´evento del 19 ottobre. Salviamo Delle Vite - "E´ certamente un´iniziativa del volontariato di grande importanza per la salute e la prevenzione" ha commentato il vice presidente e assessore alla Salute di Regione Lombardia, Mario Mantovani, intervenendo all´incontro con i giornalisti nella sede milanese dell´Azienda Regionale Emergenza Urgenza. L´assessore alla Salute di Regione Lombardia, condividendo e sostenendo il progetto, ha detto che dopo Piazza del Duomo di Milano dovrà essere la volta delle piazze delle altre città di Lombardia, a cominciare da Brescia. L´assessore Ringrazia - Ringraziando i formatori, i volontari e le associazioni che sostengono l´iniziativa, Mario Mantovani ha sottolineato l´importanza di far partecipare ai corsi il maggior numero possibile di giovani. E in proposito ha ricordato che ogni anno "In Italia vengono colpite da arresto cardiaco oltre 60mila persone e almeno due terzi di esse potrebbero essere salvate grazie ad un intervento di rianimazione nell´immediatezza dell´evento". Salvare 100Mila Persone - Ringraziando anche il Comune di Milano, rappresentato in conferenza dall´assessore Granelli, Mario Mantovani ha evidenziato l´importanza di una visione più ampia della cultura del soccorso: "Con soccorritori preparati nel praticare la rianimazione cardiopolmonare si aumenterebbe la percentuale di primo intervento e ogni anno in Europa si potrebbero salvare 100mila persone". Rianimazione Cardiopolmonare - L´iniziativa dell´Areu e dell´Assessorato alla Salute di Regione Lombardia è stata organizzata in collaborazione con Rotary Milano e le associazioni di soccorso Sal, Faps, Croce Rossa e Fvs. L´obiettivo è quello di far sì che i ragazzi partecipanti e cittadini che intendessero iscriversi al corso possano eseguire correttamente una rianimazione cardiopolmonare con l´ausilio del defibrillatore. Una pratica che risulta in molti casi fondamentale: la sopravvivenza di una persona colpita da arresto cardiaco dipende in buona parte dall´avvio precoce delle manovre salvavita.  
   
   
ITALIA TERZ’ULTIMA IN EUROPA PER L’ACCESSO ALLA CONTRACCEZIONE MODERNA MA NELL’EDUCAZIONE SESSUALE SIAMO, A SORPRESA, TRA GLI STATI VIRTUOSI  
 
Napoli, 9 ottobre 2013 – Prima la Germania (73%), poi i Paesi Bassi (69%) e la Francia (67%), con l’Italia che si colloca al terz’ultimo posto nella classifica europea per l’accesso alla contraccezione moderna. In tema di salute e diritti sessuali e riproduttivi siamo, quindi, ancora lontani dai migliori, ma recuperiamo posizioni (quinto posto) nella graduatoria dedicata all’educazione sessuale tra i giovani. “Non male – sottolinea il prof. Emilio Arisi, Presidente della Smic (Società Medicina Italiana della Contraccezione) – per un Paese che è tra i pochi a non avere l’educazione sessuale come materia obbligatoria nelle scuole. Questo grazie all’impegno di noi ginecologi e di insegnanti e volontari che danno il loro contributo con iniziative nelle scuole, ma soprattutto grazie al progetto ‘Scegli Tu’ promosso dalla Sigo, che dal 2005 fornisce sostegno e supporto ai giovani”. La consapevolezza sulla disponibilità dei metodi contraccettivi moderni rimane, però, ancora molto bassa. “La pillola viene scelta nell’86% dei casi per la sicurezza – aggiunge la prof.Ssa Valeria Dubini, Vice Presidente Aogoi (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani) –, ma siamo lontani dai Paesi virtuosi nei dati di utilizzo: in Italia solo il 16,2% delle donne la usa regolarmente, contro il 41,5% della Francia”. Sono alcuni dei risultati dell’indagine “Barometer of women’s access to modern contraceptive choice in 10 Eu Countries”, presentata a Giugno al Parlamento Europeo e il 7 ottobre al congresso nazionale Sigo – Aogoi – Agui in corso a Napoli. “Quello relativo all’educazione sessuale è un dato molto positivo per il nostro Paese – spiega il prof. Nicola Surico, Presidente Sigo (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia) –, perché gratifica gli sforzi profusi in questi anni dalle Associazioni dei ginecologi italiani. Con ‘Scegli Tu’ (www.Sceglitu.it) siamo al fianco delle nostre giovani con l’obiettivo di promuovere una miglior cultura sulla sessualità”. Uno strumento per rendere la donna più informata. “Vogliamo far sapere che la contraccezione ormonale è amica della salute riproduttiva – sottolinea la prof.Ssa Dubini –, ma troppo spesso non si valorizzano i benefici della pillola per esempio su regolarità del ciclo, mestruazioni dolorose e/o abbondanti, sindrome premestruale. I suoi punti di forza sono l’elevata sicurezza, l’alta tollerabilità, il ridottissimo impatto metabolico e la sua totale reversibilità. Tutte caratteristiche che la rendono l’alleata della salute di una donna, un metodo contraccettivo valido a tutte le età e particolarmente indicato per le giovani”. Per migliorare l’accesso alla contraccezione moderna nel nostro Paese i ginecologi dal loro congresso nazionale lanciano un programma in cinque punti. “Sono 5 priorità che vogliamo mettere in pratica con il sostegno e il coinvolgimento delle Istituzioni – dichiarano Surico e Arisi –: perfezionare la formazione degli specialisti, già a partire dalle Università; introdurre l’educazione sessuale come materia obbligatoria nelle scuole; migliorare la situazione qualitativa e quantitativa dei nostri consultori; condividere un’Agenda della Salute per accompagnare le donne nelle diverse età della vita riproduttiva; migliorare l’assistenza post-partum e proseguire sulla strada intrapresa con il calo delle interruzioni volontarie di gravidanza”. Cinque punti per rendere la donna sempre più consapevole e libera di organizzare la propria vita sessuale e il proprio sviluppo personale, sociale e professionale. In quest’ottica, la persona più qualificata per consigliare una giovane, sciogliere tutti i suoi dubbi ed indicarle quale è il metodo contraccettivo più adatto alle proprie esigenze è proprio il ginecologo. “Purtroppo solo il 20% delle ragazze viene da noi per chiedere queste informazioni – evidenzia Arisi –. Una volta entrata nella fase della pubertà una teenager dovrebbe sottoporsi almeno una volta l’anno ad una visita ginecologica. Anche perché, come tutti sanno, nel nostro Paese l’educazione sessuale non è una materia scolastica obbligatoria. Una anomalia che come ginecologi denunciamo da tempo e che contraddistingue in negativo l’Italia dal resto d’Europa. È perciò fondamentale educare le adolescenti a considerare il ginecologo, uomo o donna, come l’alleato più sicuro per vivere in serenità, anche la stagione dell’amore: perché le aiuta a conoscersi e a fare una scelta contraccettiva responsabile e su misura”. Tematiche di estrema attualità, se consideriamo che nel Vecchio Continente il 44% delle gravidanze sono indesiderate e che di queste il 64% finisce in aborto. Tra le diverse opzioni che lo specialista può consigliare, dovrebbero trovare maggior spazio i contraccettivi intrauterini ormonali (Ius). “La contraccezione intrauterina è usata da più di 160 milioni di donne nel mondo – sottolinea la Dubini –. Rappresenta la via di somministrazione più diffusa al mondo. Ma se in Europa è utilizzata dal 15% delle donne, nel nostro Paese la percentuale di impiego è soltanto del 3-5% tra le donne in età fertile. In particolare, i contraccettivi intrauterini più innovativi, con rilascio locale di una bassa dose di progestinico, garantiscono un’efficacia reale del 99,9% e sono una soluzione molto pratica, che gli anglosassoni definiscono “fit and forget”. Niente calcoli né sforzi mnemonici. Inoltre presentano il vantaggio di non interferire con la propria sessualità”. Aspetti di grande importanza, se si considera che da un’indagine Sigo della scorsa primavera è emerso che ben il 42% delle under 25 italiane non utilizza nessun metodo contraccettivo durante la prima esperienza sessuale. “Su questi temi solo 3 ragazze su 10 ricevono informazioni corrette da parte di ginecologi, medici e insegnanti – conclude Surico –. Il rimanente 70% le apprende da fonti non qualificate come gli amici, giovani parenti o siti internet. A questo bisogna aggiungere che i consultori familiari sono il 30% in meno di quelli previsti dalla legge e solo 1 su 4 ha un organico completo di tutte le figure professionali. Per colmare queste gravi lacune noi ginecologi della Sigo da anni portiamo avanti il progetto educazionale Scegli Tu. Abbiamo organizzato importanti convegni, gestito un numero verde informativo, prodotti numerosi opuscoli e un Kit d’educazione sessuale per gli studenti e realizzato campagne d’informazione per l’estate. Abbiamo deciso di rivolgerci a quelle che sono le categorie più esposte ai rischi di comportamenti sessuali errati e irresponsabili ovvero i giovani e gli stranieri. Grazie a Scegli Tu abbiamo ottenuto grandi risultati, raggiunto un numero importante di giovani e ridotto il “differenziale” con gli altri paesi europei”.  
   
   
LA RAGIONERIA REGIONALE EROGA I 15 MILIONI PER L´ASL DI BIELLA FONDI NECESSARI PER COMPLETARE L´ALLESTIMENTO DEL NUOVO OSPEDALE  
 
Torino, 9 ottobre 2013 - Sono stati stanziati ieri dalla Ragioneria della Regione i 15 milioni e 859 mila euro per il completamento e l´avvio del nuovo ospedale di Biella. I fondi trasferiti saranno a disposizione della direzione dell´Asl biellese già da domani e serviranno per la conclusione delle attività di allestimento della struttura, nonché per le delicate fasi del trasloco. «Rispettiamo l´impegno assunto a inizio settembre durante la visita effettuata nei nuovi locali insieme all´assessore Cavallera - dichiara il Vice Presidente e assessore al Bilancio, Gilberto Pichetto Fratin - La Regione, in quell´occasione, si era fatta carico di garantire le risorse necessarie all´apertura. L´auspicio è che, grazie a questi 15 milioni che saranno già da domani nelle casse dell´Asl, si possano anche velocizzare le procedure di trasloco e quindi, conseguentemente, ridurre al minimo le fasi di funzionamento simultaneo delle due strutture».  
   
   
9 OTTOBRE. SCATTA L’OPERAZIONE TRASFERIMENTO DEI PAZIENTI AL NUOVO OSPEDALE DI PRATO  
 
Prato, 9 ottobre 2013 – Da oggi ha inizio la fase di popolamento del Nuovo Ospedale di Prato secondo un piano operativo di trasferimento dei pazienti dal Misericordia e Dolce che prevede l’attivazione in sequenza di tutte le strutture organizzative ospedaliere. Il Piano è stato illustrato ai rappresentanti della Prefettura e delle Forze dell’Ordine. Secondo le stime da mercoledì 9 a sabato 12 ottobre saranno trasferiti 264 pazienti e 20 neonati. Il gruppo di lavoro per il trasferimento è coordinato da Simone Magazzini (direttore Dipartimento Emergenza e Accettazione) e da Lucilla Di Renzo (Medico - Direzione Sanitaria ospedaliera), con la collaborazione di Patrizia Corazzesi (posizione organizzativa amministrativa Dipartimento Emergenza e Accettazione). Sono state coinvolte le Associazioni di volontariato del territorio, che impegneranno ogni giorno un numero di mezzi adeguati al numero e alla tipologia di pazienti da trasferire. Insieme alle Associazioni di volontariato e alla Polizia Municipale del Comune di Prato, sono stati valutati i percorsi stradali preferenziali per le operazioni di trasferimento. La Polizia Municipale renderà disponibili pattuglie lungo i percorsi, per agevolare le fasi di trasferimento. Sono previsti in prossimità dei percorsi di uscita dal vecchio ospedale e di entrata al Nuovo, interventi per la sicurezza dei cittadini che accederanno ai due presidi. Viabilità: Percorso 1 utilizzato per trasferimento pazienti critici: via Cavour, via J.monnet, via M. Roncioni, via Galcianese, via M. Degli Organi, via Ugo Foscolo. Percorso 2 utilizzato per trasferimento pazienti: via Cavour, via J.monnet,via Nenni, V.le L. Da Vinci, via dei Trebbi, via Bettazzi, via Alfani, via Ugo Foscolo. Percorso 3 utilizzato dalle ambulanze di ritorno dal Misericordia e Dolce : via Ugo Foscolo,via L.ciulli, via A.scarlatto, via Pistoiese, via U. Giordano, via C. Colombo, via Galcianese, via Cavour. Percorso 4 variante ritorno ambulanza verso ospedale Misericordia e Dolce: via Ugo Foscolo, via Ciulli , via A. Scarlatto, via Pistoiese, deviazione per via del Campaccio, via F. Filzi (corsia preferenziale), via A. Marini, via Orti del Pero, via Galcianese, via Cavour. Percorso 5 di ritorno ospedale Misericordia e Dolce: via Suor Niccolina infermiera, V.le Nam Dohn, v.Le Chang Zhou, v.Le L.da Vinci, via Nenni, via J. Monnet, via Cavour. Nei giorni 9,10 e 11 ottobre verrà utilizzato prevalentemente il percorso 2 in andata ed il percorso 5 in ritorno. Sabato 12 ottobre sarà utilizzato in via preferenziale il percorso 1 e sarà attivata una viabilità straordinaria (apertura dei New Jersey) all’incrocio fra viale Nam Dihn e via Galcianese per il passaggio dei 25/30 mezzi di soccorso. Durante le operazioni di trasferimento è prestata particolare attenzione a garantire la massima sicurezza e il minor disagio per pazienti, familiari e operatori sanitari. Sia nel vecchio Ospedale che nel Nuovo, le uscite e le entrate dei pazienti, saranno seguiti da parte di “cabine di regia” che monitoreranno tutte le fasi di trasferimento ed il flusso dei pazienti. Oltre al personale componente le cabine di regia, sono stati allertati tutti gli uffici competenti per presidiare gli ascensori da utilizzare in tutte le fasi. Ogni paziente da trasferire, dotato di braccialetto identificativo, verrà accompagnato da una scheda individuale, contenente tutte le informazioni necessarie per il trasferimento . Per garantire la sicurezza lungo il percorso, in caso di qualsiasi problematica sanitaria collegata al trasporto, è prevista una automedica dedicata al soccorso. Saranno a disposizione un medico ed un infermiere del 118 per l’accompagnamento di pazienti che necessitano di assistenza sanitaria. I congiunti di pazienti trasferiti, saranno informati dal personale sanitario sulle modalità di trasferimento dei ricoverati.  
   
   
SANITA’: ZAIA INAUGURA NUOVE PSICHIATRIE OSPEDALE S.ANTONIO DI PADOVA. “UMANIZZAZIONE PROFESSIONALITA’ E IPERSPECIALIZZAZIONE IL NOSTRO FUTURO. TRA POCO DICHIARAZIONE PUBBLICA UTILITA’ PER NUOVO POLICLINICO UNIVERSITARIO”  
 
Padova, 9 ottobre 2013 - Recuperare l’umanizzazione dell’uomo nell’ottica del reinserimento. E’ questa la “mission” dei due nuovi reparti di psichiatria inaugurati ieri mattina all’Ospedale Sant’antonio di Padova dal presidente della Regione del Veneto Luca Zaia, alla presenza di numerose autorità, tra le quali la presidente della Provincia Barbara Degani, l’assessore comunale Fabio Verlato, il direttore generale dell’Ulss 16 Urbano Brazzale, l’assessore regionale Maurizio Conte, il presidente della Commissione Sanità del Consiglio regionale Leonardo Padrin, il Rettore dell’Università Giuseppe Zaccaria, il segretario regionale per la sanità Domenico Mantoan, numerosi sindaci dell’area. Inseriti nel nuovo corpo di fabbrica “H”, i due reparti sono costati circa 9 milioni e mezzo di euro, contano complessivamente 36 posti letto per i casi più gravi e servono una popolazione di circa 360 mila persone, compresa l’area del piovese (un terzo della popolazione dell’intera provincia di Padova). Sono stati realizzati secondo le più moderne tecniche costruttive rivolte al benessere del malato e forniranno assistenza specialistica ed infermieristica 24 ore su 24, 7 giorni su 7, sia in regime di ricovero che non. Non prima di aver salutato e ringraziato tutto il personale che opera “con abnegazione” nella sanità padovana e veneta, Zaia ha sottolineato che questa realizzazione “risponde pienamente alle indicazioni date dalla Regione per un convinto cammino verso l’umanizzazione delle cure, trattando il paziente prima come persona che come malato. Lo abbiamo fatto e lo stiamo facendo – ha aggiunto Zaia – con l’operazione ospedali aperti di notte per combattere le liste d’attesa, con la nascita delle brest unit per la presa in carico totale dalla diagnosi alla cura alla dimissione delle donne malate di tumore al seno, con ognuna delle previsioni riorganizzative del nuovo Piano Sociosanitario Regionale, perché la vera sfida di una sanità efficiente non è quella sui posti letto, ma sulle alte professionalità, sulle migliori tecnologie, sull’iperspecializzazione”. Zaia non ha mancato di fare accenno al nuovo Ospedale di Padova: “quando siamo arrivati – ha detto – c’era il vuoto pneumatico, solo chiacchiere; abbiamo preso in mano la questione, l’abbiamo portata avanti secondo tutti i crismi di legge e tra poco saremo pronti alla dichiarazione di pubblica utilità”. Quanto ai finanziamenti, il presidente ha ricordato che occorrono “almeno 650 milioni di euro perché non abbiamo ancora abbandonato l’idea di realizzare anche il campus universitario. Soldi che vedremo di recuperare in vari modi, sul mercato non escludendo un project financing equilibrato, dalla Banca Europea degli Investimenti (Bei) ma soprattutto dallo Stato italiano, al quale i veneti versano 18 miliardi l’anno senza che un euro torni sul territorio, mentre la Puglia se ne prede 12. Il nuovo ospedale – ha concluso Zaia – sarà un grande policlinico universitario di caratura internazionale: la risposta di qualità del Veneto all’apertura delle frontiere sanitarie per i cittadini dell’Unione Europea”.  
   
   
URSAP-FEDERLAZIO ADERISCE ALLA MANIFESTAZIONE DI PROTESTA: 9 OTTOBRE CHIUSURA DEI LABORATORI DI ANALISI  
 
Roma, 9 ottobre 2013 - I laboratori di analisi non possono più assicurare ai cittadini il servizio sul territorio della diagnostica clinica con le prestazioni qualificate, professionali e di consulenza immediata sinora svolte. Le Istituzioni intendono infatti trasformare i cittadini in “provette” con megalaboratori senza alcun vero risparmio e ciò mentre si parla di aprire 48 Case della salute nella Regione Lazio quale servizio alternativo all’ospedale. Nel Lazio ci sono già 400 ambulatori pubblici della Asl peraltro aumentati negli ultimi anni. Perché allora il cittadino che ha necessità di una prestazione sanitaria urgente deve ancora ricorrere all’intramoenia con tariffe che molti non possono più permettersi rinunciando alla diagnosi e alla cura? “Senza prevenzione – afferma la Dott.ssa Claudia Tulimiero Melis, Presidente Ursap Federlazio – rischiamo di aumentare la disabilità e i relativi costi che non si possono scaricare sulle famiglie, in una popolazione sempre più anziana e in una società in cui è sempre più difficile formare una famiglia”. Per questi motivi, Ursap ha accettato la proposta di Federbiologi di aderire alla manifestazione del 9 ottobre (dalle ore 10.30) presso l’Hotel Nazionale in piazza Montecitorio per sensibilizzare i politici che, sulla base di dati economici errati di provenienza ministeriale, stanno annientando la piccola impresa sana e la sua professionalità e creando ulteriore disoccupazione a fronte di nessun risparmio anzi di un aumento della spesa pubblica. Alla manifestazione presenzieranno anche i titolari delle strutture di risonanza magnetica, le cui tariffe sono state pure abbattute in assenza di qualsiasi studio e che anzi risultano da recenti studi universitari di grande ausilio nella diagnosi preventiva ed appropriate nella stragrande maggioranza casi (oltre l’80%). L’italia rappresenta l’unico caso al mondo dove tariffe del 1991 diminuiscono dopo venti anni del 40%. L’ursap si domanda se forse anche in questo settore – come in tanti altri settori dell’economia italiana – non ci sia forse qualche azienda straniera pronta a fare “shopping” sostituendo alla professionalità medica gli esamifici.  
   
   
DOLORE CRONICO: ANCORA TROPPI PAZIENTI SENZA UNA TERAPIA. SERVE UNA VERA RETE OSPEDALE-TERRITORIO  
 
Milano, 9 ottobre 2013 – Si rivolgono direttamente ai centri specialistici di terapia antalgica quasi 1 volta su 2, soffrono in media di un dolore severo, legato a lombalgia o lombosciatalgia, ma sono in trattamento con una terapia - prescritta dal medico di medicina generale (83%) - a base di Fans (nel 35,2% dei casi) da quasi 3 mesi. E’ questo l’identikit del malato che cerca supporto presso un ambulatorio specialistico per il dolore, emerso dall’ultima ricerca effettuata dall’Associazione pazienti vivere senza dolore, nel corso della campagna itinerante Link Up, e presentata oggi a Milano. Il progetto, promosso nel 2013 con il patrocinio del Ministero della Salute, ha coinvolto 15 centri ospedalieri per la cura del dolore e 65 medici di famiglia Simg. L’iniziativa prevedeva la compilazione da parte dei clinici, sia ospedalieri sia di famiglia, di appositi questionari con l’obiettivo di capire quali percorsi seguissero i pazienti affetti da dolore cronico nel loro iter, volto a trovare le giuste cure per la patologia dolorosa. L’indagine puntava a verificare come e da chi venissero seguiti i pazienti per la terapia antalgica e quale relazione esistesse tra medico di famiglia e specialista ospedaliero, in un’ottica di rete assistenziale ospedale-territorio. Complessivamente, sono stati raccolti 1.379 questionari, 855 presso i centri specialistici e 524 dai medici Simg. Analizzando in dettaglio i risultati raccolti nei centri specialistici, è emerso come il 46% dei pazienti arrivi presso queste strutture senza un preventivo screening effettuato – come prevede la Legge 38 – dal medico di medicina generale (Mmg). Ciò determina, per i centri, la presa in carico di assistiti che potrebbero essere curati in altri ambiti, evitando di allungare i tempi d’attesa per coloro che necessitano realmente di cure più specifiche. Sia per i pazienti giunti spontaneamente che per quelli inviati dal Mmg, ancora alta è la percentuale di malati senza una terapia (rispettivamente, 23% e 23,7%) o con terapie non idonee (i Fans sono ancora oggi i farmaci più utilizzati anche per trattamenti cronici oltre i 4 mesi). Molto bassa la comunicazione tra Mmg e centro specialistico: in oltre l’80% dei casi, il paziente rimane in carico al centro. Per quello che riguarda i dati raccolti presso gli ambulatori dei medici di famiglia, si evidenzia come l’impiego dei farmaci oppioidi per la cura del dolore sia ancora sotto considerato. Terapie non adeguate potrebbero spiegare l’alta percentuale, pari al 75%, di pazienti con dolore non controllato, in carico al Mmg. Misurare e riconoscere la tipologia di dolore sono aspetti fondamentali per poter impostare terapie multi-farmacologiche appropriate: è dunque fondamentale un’adeguata formazione e una comunicazione continua tra i diversi referenti del dolore. “Il progetto che abbiamo realizzato - spiega Marta Gentili, Presidente dell’Associazione vivere senza dolore – ha evidenziato come sia indispensabile creare la rete territorio – ospedale. E’ necessario costruire un network tra malato, medico di famiglia e specialista del dolore sia per facilitare il percorso di cura dell’assistito, sia per ottimizzare le risorse a disposizione. Educare il paziente sul corretto iter da seguire e continuare nel processo di formazione rivolto al medico di famiglia: sono due obiettivi che, tutti insieme, dobbiamo perseguire per compiere ulteriori passi avanti nell’applicazione della Legge a tutela di chi soffre”. “I risultati della nuova indagine condotta da vivere senza dolore”, interviene Guido Fanelli, Presidente della Commissione Ministeriale sulla terapia del dolore e le cure palliative, “ribadiscono la necessità di continuare con determinazione lungo la strada intrapresa ed evidenziano l’impellenza di una formazione adeguata del medico di famiglia, figura cardine all’interno della rete territoriale. In quanto Presidente della Commissione e Direttore di un centro che ha partecipato alla campagna Link Up, vorrei sottolineare l’importanza di iniziative come questa, svolte con spirito costruttivo, nell’intento di migliorare la conoscenza della Legge 38, a tutti i livelli. Essenziale, per una reale applicazione della normativa, è attuare quanto prima quel modello di continuità assistenziale Territorio-ospedale che consentirà di ridurre gli accessi impropri ai centri specialistici, abbattendo le liste di attesa e fornendo a chi ne ha bisogno prestazioni qualificate, in tempi brevi. E proprio nell’ottica di favorire la continuità delle cure – conclude Fanelli – stiamo lavorando affinché, sulle Schede di Dimissione Ospedaliera, venga indicata anche l’eventuale terapia antalgica seguita dal paziente e la sua efficacia”. “La Società Italiana di Medicina Generale – afferma Pierangelo Lora Aprile, Responsabile area Dolore di Simg - ha aderito fattivamente a questo progetto di ricerca originale promosso dall’Associazione ‘vivere senza dolore’, che mira a fotografare il comportamento dei Medici nei soggetti portatori di dolore cronico. I risultati sono interessanti e documentano alcune criticità che dovranno essere affrontate, sia sul piano organizzativo sia su quello più specifico della formazione: prima fra tutte, la mancanza di un Percorso Diagnostico-terapeutico condiviso tra Mmg e Specialista. La sfida per la Medicina Generale dei prossimi anni sarà quella di essere sempre di più cardine del comparto delle Cure Primarie, luogo in cui si generano i bisogni. Da qui deve partire l’iter assistenziale per la gestione dei malati con un problema di dolore, secondo quanto stabilisce la Legge 38; ai Centri di Terapia antalgica, di primo e secondo livello, vanno invece riservati i casi complessi”.  
   
   
SPORT FVG: CONFRONTARSI PER DEFINIRE LA PROGETTUALITA´  
 
Gorizia, 9 ottobre 2013 - Confronto costante con le società, gli Enti locali e il Coni per definire la progettualità da attuare nello sport regionale. Ricerca dell´equilibrio tra il sostegno dell´associazionismo sportivo e la valorizzazione delle manifestazioni di vertice che hanno un significativo tornaconto economico. Destinazione delle risorse secondo criteri di valutazione "più oggettivi". Consulenza specifica per unire le richieste di cooperazione internazionale provenienti dalla base alle opportunità di finanziamenti europei. Intervento finalizzato a risolvere le emergenze presenti negli impianti sportivi anche in relazione alle difficoltà dovute al Patto di stabilità. Sono questi gli indirizzi e i compiti, presentati dall´assessore regionale allo Sport Gianni Torrenti il 7 ottobre sera a Gorizia, che la Giunta regionale intende perseguire per lo sviluppo dello sport nel Friuli Venezia Giulia. All´incontro, svoltosi a Palazzo Attems-petzestein per iniziativa dell´Amministrazione provinciale e finalizzato alla conoscenza delle esigenze e delle proposte provenienti dallo sport isontino, ha partecipato anche l´assessore regionale all´Ambiente Sara Vito. Il confronto ha confermato la vitalità, l´eccellenza e la capillare presenza sul territorio della variegata realtà sportiva isontina, nella quale ci sono tantissimi volontari che s´impegnano, educano i giovani e lavorano per la comunità assumendosi responsabilità non facili e spesso non ripagate. Le difficoltà del momento sono numerose e riguardano soprattutto la scarsità delle risorse "che vanno quindi gestite con molta razionalità e in sinergia con gli altri", ha sottolineato Torrenti dopo aver ascoltato attentamente le presentazioni e le osservazioni del movimento sportivo isontino che nella precedente legislatura si è sentito in parte trascurato. Davanti una sala gremita l´assessore Vito ha ricordato l´importanza del ruolo educativo e di welfare svolto dallo sport isontino, "che ha una grande attenzione per la disabilità e una fortissima vocazione transfrontaliera". Insieme all´assessore Torrenti ha incontrato già nel pomeriggio due associazioni sportive che promuovono l´inclusione sociale dei disabili attraverso lo sport: l´A.s.d. Polisportiva Nordest di Gradisca d´Isonzo, che pratica il basket in carrozzina, e lo Sci club Due di Ronchi dei Legionari. Nell´isontino, per quanto concerne le prospettive di sviluppo, vorrebbero organizzare (per superare i propri limiti dimensionali) i campionati transfrontalieri con la Slovenia. "Una strada da percorrere anche a Trieste - ha confermato l´assessore Torrenti - per motivi culturali, in quanto il confronto con altri modelli educativi è sempre utile e poiché le risorse europee sostengono tale cooperazione". Per unire simbolicamente e concretamente il territorio diviso dal confine, l´Unione sportiva della comunità slovena (Zssdi) ha proposto la creazione tra Salcano e Piuma di un´area transfrontaliera attrezzata per sport fluviali. Tra le proposte menzionate in merito ai regolamenti relativi alla risorse, che la Regione ogni anno destina alle società sportive, l´assessore Torrenti si è soffermato sulla modifica concernente l´anticipazione delle assegnazioni "in modo che le società sportive sappiano prima e non dopo" di quante risorse potranno disporre per l´attività. La Provincia, rappresentata dal presidente Enrico Gherghetta e dall´assessore allo Sport Vesna Tomsic, sarà a breve promotrice, insieme all´Estplus, di un "pacchetto sport" per la riduzione delle tariffe (luce, gas e acqua) che oggi pesano molto nei bilanci delle società. Contemporaneamente desidera avviare un progetto per il risparmio energetico degli impianti sportivi. La Regione, ha affermato l´assessore Vito, sta valutando concretamente la possibilità di sostenere le associazioni che intendono ridurre i costi dell´energia degli impianti sportivi: "un´iniziativa - ha ricordato l´assessore - che potrebbe nascere come progetto europeo e si potrebbe estendere poi anche agli altri settori del volontariato regionale".  
   
   
CICLISMO, TORNA IN LIGURIA IL GIRO D´ITALIA 21 MAGGIO TAPPA A SAVONA, LA SODDISFAZIONE DELLA REGIONE LIGURIA  
 
Milano, 9 ottobre 2013 - Torna in Liguria il Giro d´Italia. La Corsa Rosa numero 97, presentata lunedì 7 ottobre nel pomeriggio al Palazzo del Ghiaccio di Milano, presente l´assessore regionale allo sport Matteo Rossi, arriverà a Savona mercoledì 21 maggio, a conclusione dell´undicesima tappa. A Milano era presente anche l´assessore allo sport del Comune di Savona Luca Martino e il presidente del comitato organizzatore di tappa Enzo Grenno. Una tappa di 248 chilometri, la più lunga del Giro, e molto impegnativa che partirà Collecchio, in provincia di Parma, per attraversare Genova e snodarsi sulla litoranea fino al Priamar, nel centro della città ligure della Torretta. Per l´assessore Rossi il ritorno del Giro in Liguria, dopo due anni, è "un´occasione imperdibile che la Regione Liguria sostiene per valorizzare con una forte visibilità il nostro territorio, la costa e l´entroterra, i borghi e il paesaggio attraversati dal Giro d´Italia".