Pubblicità | ARCHIVIO | FRASI IMPORTANTI | PICCOLO VOCABOLARIO
 













MARKETPRESS
  Notiziario
  Archivio
  Archivio Storico
  Visite a Marketpress
  Frasi importanti
  Piccolo vocabolario
  Programmi sul web








  LOGIN


Username
 
Password
 
     
   


 
Notiziario Marketpress di Lunedì 20 Luglio 2009
 
   
  LA COMPOSIZIONE DELLE ISTITUZIONI FORENSI: INDAGINE CONOSCITIVA

 
   
  Classi dirigenti italiane anziane e maschiliste, specchio fedele di una società ostile al ricambio generazionale ed al pieno coinvolgimento delle donne nel mercato del lavoro. L’inedita indagine dell’Aiga fotografa il ruolo secondario di donne e giovani nella governance dell’Avvocatura. Le donne avvocato guadagnano meno della metà dei colleghi maschi e anche nella composizione degli ordini stentano a sfondare il ‘soffitto di cristallo’. E’ questo il dato più ricorrente quando si analizza la condizione occupazionale del nostro Paese e si osserva il ruolo delle donne e dei giovani, una realtà comune a tutte le categorie professionali. E’ quanto emerge dall’indagine Aiga sulla Composizione delle Istituzioni Forensi che sarà presentata giovedi 16 luglio – ore 14,30 - presso la sede del Consiglio Nazionale Forense in Roma, via del Governo Vecchio, 3, alla presenza del Sottosegretario alla Giustizia Sen. Maria Elisabetta Alberti Casellati, del Presidente della Commissione Giustizia del Senato Sen. Filippo Berselli, dei Senatori Antonino Caruso e Giampiero D’alia, degli Onorevoli Cinzia Capano, Donatella Ferranti, Antonino Lo Presti, Pierluigi Mantini, Lanfranco Tenaglia e Michele Vietti. L’indagine ha preso in considerazione diverse realtà professionali ed istituzionali. L’impegno politico, ad esempio, sembra precluso alle giovani generazioni ed alle donne, nonostante le recenti modifiche della legge elettorale e la introduzione di un sistema elettorale proporzionale. Se numericamente è aumentata la presenza di giovani e donne tra i candidati, lo stesso non può dirsi degli eletti per effetto della perversa applicazione, da parte delle segreterie di partito, del meccanismo di scorrimento. La cooptazione – ovvero la negazione del merito prevista per legge - ha favorito big e meno giovani e penalizzato giovani e donne, collocati nella parte inferiore delle liste. Per ciò che riguarda l’Università, siamo di fronte ad una roccaforte presidiata da un corpo docente avanti negli anni e neppure il mondo della scuola brilla per freschezza generazionale, tanto più ove si verifichi la composizione delle posizioni apicali. L’83% dei professori ordinari infatti è di sesso maschile e solo poco più del 6% di 45enni; la stessa condizione si rinviene tra i dirigenti scolastici, con oltre il 94,85% di età superiore a 45 anni. Apparentemente, il ceto professionale è stato sottoposto, a giudicare dal trend di iscrizioni agli albi, più di altri ad un processo di ringiovanimento, con una forte “femminilizzazione” degli ordini professionali. In realtà l’accesso alla professione non coincide con un marcato ricambio generazionale e tanto meno con una maggiore facilità di affermazione professionale per donne e giovani. La professione forense, nonostante la crescita esponenziale degli iscritti, non fa eccezione ed è composta da avvocati che mediamente vi accedono in età non più giovane. I laureati del gruppo giuridico che riescono a conseguire il titolo di studio negli anni previsti dall’ordinamento universitario sono appena il 10%, tutti gli altri accumulano ritardi che per un 9% è di un anno e per il restante 80% è ben maggiore. Gli studenti di giurisprudenza si laureano mediamente a 28 anni ed impiegano quattro anni per conseguire il titolo di abilitazione[1], è quindi difficile non convenire sul loro tardivo ingresso nel mondo del lavoro. Una obiettiva condizione di svantaggio, aggravata da una crescente difficoltà di ritagliarsi spazi di mercato soddisfacenti. Il numero spropositato di avvocati, tanto più in un momento di forte recessione, altera infatti il fisiologico meccanismo concorrenziale né la scelta – che in tanti hanno fatto – di limare verso il basso i propri compensi è destinata a pagare. C’è un punto infatti oltre il quale la prestazione viene resa sottocosto, ovvero è diseconomica: l’unico effetto compensativo in tal caso è poter disporre di un robusto “portafoglio clienti”. Proprio quello su cui generalmente può contare chi è da più tempo sul mercato. Il risultato involontario di questa “scommessa” è pertanto quello di falsare i principi di “libera” concorrenza senza alcun apprezzabile vantaggio. La condizione delle donne è, ove possibile, peggiore. Il reddito delle colleghe, infatti, è inferiore alla metà di quello dei colleghi uomini, benchè oggi le donne rappresentino oltre il 45 % del totale della categoria. Disaggregando i dati, tuttavia, affiora una doppia condizione delle donne: la loro assenza dai vertici del ceto forense (attualmente nel Consiglio Nazionale Forense non siede neppure una donna) e dell’ordine giudiziario (per i magistrati va appena meglio perché, su 58 posti per funzioni direttive nazionali, le donne sono rappresentate da una sola unità) ma una presenza non più sporadica a livello territoriale. In particolare, se all’interno della avvocatura c’è un gruppo di donne che ha cominciato a scalare i vertici ordinistici raggiungendo i ruoli apicali, questo fenomeno non è certamente isolato dal momento che circa il 30% dei consiglieri degli ordini con incarichi nell’ufficio di presidenza è donna. Con queste premesse, la governance della categoria rimane solidamente nelle mani degli avvocati maschi di età compresa tra i cinquanta ed i sessanta anni, rispecchiando l’umore di tutto il Paese. Nota metodologica L’analisi si è rivolta, innanzitutto, alla composizione delle tre istituzioni rappresentative della classe forense, deputate alla sua governance. Ci si è dunque occupati del Consiglio Nazionale Forense, della Cassa di Previdenza e dei singoli Consigli dell’Ordine.  
   
 

<<BACK