|
|
|
 |
  |
 |
|
Notiziario Marketpress di
Lunedì 09 Ottobre 2006 |
|
|
  |
|
|
TOSCANI, FELTRI, ROSSELLA E VALLARDI AL COMUNICATTIVO DI RIGHETTI. TOSCANI: "ORIANA FALLACI NON SI PIACEVA, AVREBBE PREFERITO ESSERE RITA HAYWORTH": FELTRI: ”IL TERMINE ‘MORTADELLA’ PER PRODI NASCE DA LEI”.
|
|
|
 |
|
|
Roma, 9 ottobre 2006 - Si parlerà di “Oriana Fallaci: luci e ombre” lunedì 9 ottobre al Comunicattivo di Igor Righetti alle 15. 35 su Radio 1 Rai. Interverranno il fotografo Oliviero Toscani, il direttore di Libero Vittorio Feltri, il direttore del Tg5 Carlo Rossella e lo storico editore di Rcs ora direttore generale periodici Italia Mondadori Gianni Vallardi. Toscani: “Oriana Fallaci non si piaceva, avrebbe preferito essere Rita Hayworth”. Feltri: ”Il termine ‘mortadella’ per Prodi nasce da lei”. Vallardi: “I giri di bozze per il libro ‘La rabbia e l’orgoglio’ sono stati 17. Ricordo alcuni nostri collaboratori, soprattutto della parte editoriale e tecnica, di notte con gli occhi fuori dalle orbite”. Ecco l’estratto degli interventi: Oliviero Toscani Oriana Fallaci , quali luci e quali ombre? Tutte e due, luci e ombre, in modo estremo detto fotograficamente. Adesso sono diventati tutti suoi amici, non penso assolutamente che Oriana Fallaci volesse amici. Lei non cercava il consenso, mi ha sempre dato questa impressione. Anch’io ho litigato con lei, credo che forse quelli a cui Oriana Fallaci voleva veramente bene li trattava male, per questo scriveva quello che scriveva. Ho avuto con lei un’esperienza molto difficile, sono andato a fotografarla a New York quando è uscito il libro “Inshallah”. Il problema di Oriana è che lei non si piaceva fisicamente, avrebbe preferito essere Rita Hayworth, non Oriana Fallaci. Avrebbe preferito essere una bellissima donna invece di una donna intelligente quindi era costantemente travagliata dal fatto che lei non veniva bene in foto. Tutti quelli che non si piacciono si lamentano e dicono che non vengono bene in foto, in realtà vengono come sono solo che loro non piacendosi si rifiutano di essere quello che sono. Quindi dava la colpa al fotografo, in quel caso a te? È sempre colpa della foto, la prendono e la strappano, come se strappassero la loro faccia. Tutti quelli che fanno così hanno questo problema in realtà. Con lei ho avuto questo grande problema. Le fotografie sono state un grande travaglio, le ho anche sbattuto la porta in faccia e me ne sono andato e lei mi ha richiamato in albergo dicendomi “Domani sarò più brava” e non è stato vero. Comunque ho fatto il mio lavoro da professionista. Nello stesso tempo c’era anche un grande rispetto reciproco. Si metteva in posa Oriana Fallaci? Tutta una posa, voleva che la fotografassi col giubbotto antiproiettile in soggiorno. Le dissi: “Oriana ma sei un po’ ridicola così” e lei: “Sì, ma questo è quello che metto sempre quando faccio i servizi in guerra!”. Era anche molto infantile strana, molto bambina, vulnerabile e forse è per questo che aggrediva tutti. Una forma di difesa? Non so, ma abbiamo portato il migliore parrucchiere e il migliore truccatore di New York, li ha trattati male e chiaramente non andava bene neanche quello che facevano loro. Qual era il suo profilo migliore? Quello della sua aggressività. E a livello fotografico? Lei voleva avere il cappello alla Greta Garbo, infatti nelle fotografie che le feci con dietro le Torri gemelle ha questo cappello da Greta Garbo, queste unghie con lo smalto rosso, sempre il trucco, sempre il rossetto; insomma cominciava ad avere una certa età in cui veramente la seduzione non è più basata su queste cose. Devo dire che era una donna molto fragile, anche insicura, penso che da lì derivi la sua aggressività. È stata disponibile però a farsi fotografare… Sì, ma faticosissimo, mi ha lasciato un ricordo molto faticoso. La conoscevo da moltissimo tempo perché lei faceva la giornalista per “L’europeo” all’inizio degli Anni ’60 e io ero molto amico di Gianfranco Moroldo, il fotografo col quale lei faceva i viaggi. Devo dire che l’unica persona di cui lei aveva veramente paura era Gianfranco Moroldo. Stranamente Oriana era affascinata da quest’uomo, il contrario di quello che lei avrebbe voluto, l’unico che la teneva buona, non aggressiva. Era affascinata dal fatto che era un bell’uomo, bruno, coi capelli ondulati, alto e molto affascinante. Anche Oriana avrebbe voluto essere affascinante e siccome non ci riusciva fisicamente cercava di esserlo in un altro modo. Però era stata una bella donna… Ma lei non ci credeva, voleva essere di più. Ci sono tante bellissime donne che non si piacciono. Questo accade con le belle donne. Dopo tutto quello che ho detto possono sembrare cose negative mentre invece non è così. Questa personalità dirompente sarà un grande ricordo per me, piuttosto di quelli educati che magari non te li ricordi. Vittorio Feltri Ricordo soprattutto le luci che sono anzitutto la scrittura, lucida, puntigliosa, facile da digerire, frutto di un perfezionismo esasperato. Ho anche potuto seguire i metodi di lavoro di Oriana ed erano questi: mai soddisfatta di quello che aveva fatto continuava a metterci mano fino a raggiungere quella che per lei era la perfezione, credo che si avvicinasse molto alla perfezione assoluta. Alcune volte ho avuto l’impressione che avesse più cura della forma che non della sostanza, ma evidentemente mi sbagliavo perché senza sostanza a Oriana non veniva neanche il desiderio di cominciare a scrivere. E le ombre erano soprattutto di tipo caratteriale, un carattere brutto, la puntigliosità era solo un aspetto di questo brutto carattere che la portava irrimediabilmente a vivere in solitudine, forse cercava la solitudine ma come tutti sappiamo poi la solitudine alla fine ti fa soffrire e dalla sofferenza il carattere ne esce sicuramente peggiorato. Questi non sono giudizi, ma sensazioni che ho maturato frequentandola per molti anni, tra l’altro non amava vivere in Italia, anche se ne aveva sempre nostalgia. Altre luci che ricordo di lei sono gli slanci di generosità molto forti, impetuosi e al tempo stesso ricordo che era particolarmente esigente nel pretendere dai suoi amici le stesse attenzioni che lei aveva per loro. Oriana Fallaci viene spesso ricordata per la sua Eurabia. E per che cos’altro? Questa è una battuta, una trovata, anche il termine “mortadella” per Prodi nasce da lei, forse nessuno ora se lo ricorda più. Da toscana era piena di battute, le nostre conversazioni specialmente notturne, ma non notturne perché avessero delle connotazioni particolari soltanto perché c’era il fuso orario tra Italia e Stati Uniti, e ogni tanto quando era di buon umore era particolarmente divertente e la chiacchierata si trasformava in una sorta di cabaret, e come tutti sanno il cabaret è ricco di gag di battute. Naturalmente non mi tiravo certo indietro. Meno male che non ci hanno mai intercettati. Fallaci libera pensatrice o fomentatrice d’odio? Questa storia della fomentatrice d’odio riguarda soltanto gli ultimi anni della sua vita professionale, quando si è dedicata alla vicenda islamica, peraltro motivando i suoi ragionamenti e quindi non vedo niente di particolarmente torbido, non vedo in lei una rabbia particolare, vedo soltanto una delusione provocata dai suoi connazionali di fronte alla minaccia, evidente ancora oggi, del terrorismo. La produzione letteraria e giornalistica di Oriana Fallaci è ben altra, ben diversa, comincia negli Anni ’60 con il suo primo libro, se non sbaglio, quello importante “Il sesso inutile”, poi c’è stato “Niente e così sia”, “Lettera a un bambino mai nato”, tutte cose bellissime di grande respiro, nessuna giornalista e nessun giornalista è stato in grado di fare interviste più belle delle sue; erano vere e proprie opere teatrali, leggendo si riusciva a immaginare quello che succedeva sul palcoscenico. Lo spirito che la animava era la voglia assoluta di capire il prossimo, di capire il mondo senza mai sottovalutarlo e neanche sopravvalutarlo. Carlo Rossella Luci tante un’illuminazione fantastica della nostra vita di italiani, di lettori, di scrittori, d’intellettuali. Oriana Fallaci è stata un faro della nostra esistenza, perché ci ha insegnato tante cose, ci ha insegnato il coraggio, ci ha insegnato che bisogna difendere le proprie idee, che bisogna essere convinti delle proprie idee, che bisogna affermarle anche contro tutto e contro tutti. Una donna che amava la democrazia profondamente, aveva fatto la Resistenza e a quei valori è rimasta sempre legata. È rimasta legata anche alla sua città, alla sua terra, alla sua gente, all’Italia. Viveva in America ma con un piede e con la testa in Italia, aveva la casa piena di libri di cultura italiana e di cultura americana. Era una donna unica nel suo genere, l’ho conosciuta molto bene e debbo dire irripetibile, ci sono persone che sono veramente irripetibili, Oriana Fallaci era una di queste; certo aveva un carattere molto duro, ruvido, poteva dar fastidio a volte, di un’aggressività urticante, ma questo era la Fallaci, prendere o lasciare. Quale aspetto della Fallaci prevaleva in chi la incontrava? In chi la incontrava prevaleva l’aggressività. Oriana Fallaci a chi non la conosceva bene sembrava una donna molto aggressiva, che voleva raggiungere l’obiettivo o l’intervista, la dichiarazione o il retroscena, insomma un obiettivo professionale; era aggressiva di fatto, invecchiando era diventata ancora più aggressiva di quando era giovane, questo era il connotato che in chi non la conosceva bene appariva subito; poi però dietro a questa aggressività era anche una donna dolce, con grandi atti di generosità, grandi atti di abnegazione, di umanità straordinaria. Oriana Fallaci non parla di razze ma di culture, perché molti si ostinano a definirla razzista? Perché sono degli ignoranti, lei parlava di culture, di civilizzazione, Theory of Civilization come diceva Atkinson. C’era uno scontro di culture in atto che poi si trasforma da parte di coloro che odiano la nostra cultura in atti di terrorismo, cosa che invece noi non facciamo. Quindi diventa uno scontro di culture non più dialettico, ma uno scontro di culture sanguinoso come è successo per l’11 settembre. Gianni Vallardi Dovrei rispondere alla stessa maniera, luci il carattere, ombre il caratteraccio, volendo essere più preciso, direi una donna di grande carattere, di grande coraggio, di grande generosità e anche di grande lucidità; nello stesso tempo dovrei dire una donna che per il suo carattere non è stata totalmente compresa, il suo modo di porgere le cose e di articolare qualche volta il suo ragionamento aveva il pregio di una grande forza, di una grande lucidità, di una grande forza letteraria ma forse qualche volta il modo di porgere queste cose era talmente forte che risultava, per alcuni, difficilmente accettabile. Lei ha pubblicato alcuni suoi libri, qualche aneddoto? La cosa che mi è rimasta più impressa è stata l’origine e poi la costruzione de “La rabbia e l’orgoglio”. Un libro nato in situazioni veramente molto particolari: l’11 settembre. Di fronte a questo disastro che guardavamo io da una parte dell’Oceano e lei a New York, nacque l’idea che bisognasse fare qualche cosa, quindi poi successivamente al lungo pezzo sul “Corriere sella Sera”, il grande lavoro che ha fatto lei al quale ho partecipato, ricordo quei momenti intensi, forti, pieni anche di passione, nei quali abbiamo cercato di mettere insieme questo libro e nel giro di pochi mesi effettivamente è stato fatto. Quanto ha inciso l’11 settembre sull’ultima Oriana? Molto perché in lei c’era una ansietà latente rispetto a questi grandi problemi della società, del mondo, delle civiltà, ma questo è stato veramente il detonatore che ha fatto esplodere questa grande passione da una parte e questa grande preoccupazione dall’altra. Era capace di coniugare passione e ragione? Assolutamente sì, il modo di esprimersi di Oriana, a volte, non rendeva ragione dei suoi ragionamenti sottostanti. In realtà come i suoi libri anche i suoi articoli avevano una lunga fase di preparazione e di documentazione, di analisi che non poteva escludere il ragionamento; mi sono accorto che Oriana non era totalmente chiusa alle argomentazioni del mondo islamico; lo guardava in profondità, lo capiva e poi naturalmente tirava le sue conclusioni anche in funzione di quelli che erano gli accadimenti e i pericoli per la nostra civiltà. E a proposito delle bozze dei suoi libri che cosa ci racconta? A proposito delle bozze de “La rabbia e l’orgoglio” devo pronunciare un numero fatidico: diciassette. Diciassette giri di bozze per fare il libro, ma dico spesso che gli autori difficili sono la fortuna delle case editrici perché consentono di fare un lavoro di grande qualità. Ricordo alcuni nostri collaboratori, soprattutto della parte editoriale e tecnica, di notte con gli occhi fuori dalle orbite. . |
|
|
|
|
|
<<BACK |
|
|
|
|
|
|
|