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Notiziario Marketpress di Giovedì 11 Maggio 2000
 
   
  AL MIP-BUSINESS SCHOOL DEL POLITECNICO DI MILANO SI DISCUTE SU "LA VECCHIA ECONOMIA SI FA NUOVA" E PARTE IL 1° CORSO SERALE IN MANAGEMENT DELL´E-BUSINESS.

 
   
  Milano, 11 maggio 2000 Al Politecnico di Milano, nel corso di un convegno, si è discusso su " La vecchia economia si fa nuova". In pratica sono state esposte una sperienze Internet a confronto nell´industria manifatturiera e nei servizi e nel contempo è avvenuta l´inaugurazione della prima edizione del Meb - Corso avanzato in Management dell´E-business del Mip-politecnico di Milano. Per quanto riguarda il corso si tratta del primo del suo genere in Italia, punta a formare nuove figure manageriali in grado di gestire a 360° tutti gli aspetti di un progetto di e-business (intranet, extranet, portal, e-commerce, ecc. ), integrando competenze economico/gestionali, tecnologiche e di design/comunicazione. Per quanto concerne il tema del convegno di seguito esporremo l´intervento di Umberto Bertelè integrato con alcuni commenti sulle tesi emerse nel corso dell´incontro. Lo sviluppo della nuova economia nel nostro paese (e per certi versi in tutta Europa) sembra seguire - in ritardo - un ciclo che si è già visto negli Us. Dopo un periodo eroico di prevalente nascita di nuove imprese, si ha la sensazione che si stiano muovendo con vigore crescente e con investimenti sempre più consistenti i cosiddetti incumbents, ovvero le imprese esistenti e consolidate. Questo è sicuramente vero per gli operatori telecom, ove (a dimostrazione dell´accelerazione dei fenomeni) una impresa giovane come Omnitel fa parte ormai a pieno diritto della categoria degli incumbents. Questo è vero per i servizi di supporto alle imprese per operare in rete, ove ad es. I. Net è nata come costola della storica Etnoteam. Questo è vero per il commercio elettronico, inizialmente identificato nell´immaginario collettivo con la sua componente B2c rivolta al consumatore finale, che ora vede una crescita relativa molto più consistente dell´altra componente B2b, riguardante gli scambi fra imprese (come dimostrano ad es. Le esperienze Dalmine e Enel). Si stanno anche modificando velocemente gli schemi concettuali e operativi dominanti sino solo a qualche mese fa. Per le imprese che almeno in parte si rivolgono al consumatore finale, il B2b e il B2c (come dimostrano ad es. Le esperienze Alitalia e Pirelli) si presentano sempre più spesso come integrati fra loro. E in generale tende ad aumentare l´integrazione fra raccordi a valle (con i clienti e con i canali distributivi), raccordi a monte (con i fornitori) e attività comprese nel perimetro dell´impresa - attraverso un complesso intergioco di intranet, extranet e internet - nell´ambito di un ripensamento talora radicale dei rapporti di filiera, che potrà avere impatti profondi sull´organizzazione delle filiere stesse: sino a promuovere la nascita di nuovi attori e decretare la morte di altri . Si confondono anche i ruoli, nel mondo complesso e articolato della rete, fra chi mette a disposizione infrastrutture, chi offre servizi per operare agevolmente in rete, chi si propone come guida per muoversi in rete e chi usa la rete per interagire con altri soggetti economici intermedi o finali: nel quadro di una frenetica ricerca, da parte di tutti, di occupare quei punti nevralgici del sistema - peraltro spesso ancora da individuare con precisione (come mostra il continuo cambiamento dei criteri con cui il mercato finanziario valuta le imprese) - ove poter riscuotere, ora o in futuro, i pedaggi più rilevanti. Si confondono e si fondono attività virtuali nuove e attività tradizionali opportunamente rilette. Nelle imprese di nuova costituzione - si pensi al caso di una impresa B2c che non venda prodotti incorporei canalizzabili attraverso la rete - ove attività come la logistica risultano altrettanto determinanti, al crescere dei volumi, delle attività virtuali più caratterizzanti. Forse ancor più nelle imprese esistenti e consolidate, ove sono le attività virtuali di nuova introduzione a doversi integrare con le attività tradizionali riconfigurate. L´entrata in gioco degli incumbents può essere stimolata - come avvenuto soprattutto negli Us - dalla necessità di rispondere ad attackers di nuova costituzione con value propositions e business models innovativi. Ma sempre più spesso - soprattutto in Europa e in Italia ove la presenza di attackers è stata più sporadica - essa è stimolata, come mostrano gli schemi di Roger Abravanel, dalla volontà di miglioramento dell´efficienza e/o delle prestazioni o (a un gradino superiore) da quella di innovare la filiera o (ad un gradino ancora superiore) da quella di sviluppare creativamente, a partire dall´esistente, nuove idee imprenditoriali. Con due caratteristiche - che esiste, come sostiene Vittorio Giaroli, una maggior timidezza nei comportamenti degli incumbents, in Europa e in Italia rispetto agli Us, soprattutto in relazione a strategie di disintermediazione che pongano le imprese in conflitto con i proprio canali di sbocco al mercato: in assenza di minacce credibili da parte degli attackers che, mettendo a repentaglio il futuro dell´impresa, fungano da pungolo; - che alcune delle operazioni portate avanti dagli incumbents, soprattutto fra quelle che comportano spin-offs, appaiono fortemente motivate dal desiderio di creare valore mediante una maggior visibilità sul mercato finanziario (motore primo di Internet) e non sempre (come d´altronde accade anche per le nuove imprese) hanno una realtà sottostante altrettanto significativa. D´altra parte, la voglia di farsi apprezzare dal mercato finanziario, o più semplicemente la voglia di darsi a poco prezzo una patina di modernità, inducono diverse imprese - è la tesi triste ma purtroppo condivisibile di Elio Catania - a privilegiare l´effetto-annuncio rispetto alle più impegnative realizzazioni concrete. L´entrata in gioco degli incumbents, ovviamente quando non solamente di facciata, ha una capacità di autoriproduzione estremamente rilevante. Perché mette in moto i loro competitori e mette in moto i loro fornitori o clienti o ambedue assieme. Perché può provocare, come visto in precedenza, processi di radicale trasformazione nell´organizzazione delle filiere tradizionali. Perché può mettere in moto una nuova ondata di scalate, volte a conquistare imprese o pezzi di imprese (quali ad es. La logistica) che risultino determinanti nel nuovo scenario. Perché attiva la domanda di nuove infrastutture, ma anche il ripensamento o il potenziamento di infrastrutture esistenti (ad es. Depositi e trasporti). Perché attiva la domanda di servizi innovativi, ma anche il ripensamento o il potenziamento di servizi esistenti. L´opinione ormai diffusa a livello generale è che questo processo di trasformazione - con la nascita di nuove imprese e la riconfigurazione delle esistenti - sia caratterizzato da un grado di necessità e di urgenza molto elevato per il nostro paese: pena la perdita di competitività per le imprese e il declino economico per il territorio, a fronte di un contesto di grande movimento in altri paesi. Umberto Di Capua ha mostrato ad es. Il progressivo passaggio al soffice di una impresa tradizionalmente dura come Abb, attraverso l´esternalizzazione in joint-ventures di attività sino a ieri considerate centrali e viceversa l´acquisizione di imprese nei comparti nuovi. Roberto Galimberti ha tracciato un quadro preciso della velocità di evoluzione del mondo dei servizi innovativi. Franco Giacomazzi ha mostrato, dati alla mano, come nella composizione degli acquisti dei grandi gruppi operanti in Italia il peso come fornitori delle Pmi italiane sia sensibilmente diminuito negli ultimi tempi: in buona misura per l´effetto Internet, che permette una più facile conoscenza di fornitori alternativi e una più facile interconnessione operativa con essi. In generale, in tutti gli interventi - in forma più o meno esplicita - emerge una serie di punti condivisi. Che è essenziale, innanzitutto, che tutti si rendano conto della necessità e dell´urgenza del fare, e non solo del dire. Che è essenziale che si diffondano rapidamente le conoscenze (come hanno sostenuto con forza Armando Brandolese e Carlo Ghezzi), e che soprattutto cresca una capacità diffusa di lettura dei nuovi fenomeni. Che è essenziale che si smetta di pensare al e-business come a un qualcosa di specialistico e separato dall´attività centrale dell´impresa e di affidarne la cura a qualche dirigente più o meno marginale, ma che viceversa si colga la sua strategicità per il futuro dell´impresa e che sia lo stesso top management - come sta accadendo nei casi di maggior successo e come è sempre avvenuto per le innovazioni di portata maggiore - a prendersene direttamente cura. Infolnik: http://www. Impresapolitecnico. Polimi. It .  
   
 

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