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Notiziario Marketpress di Lunedì 29 Maggio 2000
 
   
  PUBBLICITÀ´ IN ITALIA: ORMAI È UN DATO DI FATTO

 
   
  Milano, 29 maggio 2000 - Le donne di 35/59 anni seguono la pubblicità televisiva come un qualsiasi altro programma mentre gli uomini, utenti critici e informati, adorano Internet perché li lascia liberi di scegliere. Le ragazze apprezzano le campagne sociali mentre i ragazzi parlano di una nuova forma d´arte contemporanea. Gli anziani? per loro la pubblicità è un modo per sentirsi ancora al passo coi tempi. E quando si parla di pubblicità comparativa? Contrarie le donne, possibilisti gli uomini. Dalla prima ricerca commissionata congiuntamente dai pubblicitari e dai consumatori italiani emerge che il 45, 4% degli intervistati vive la pubblicità "non come un fastidio, ne come un piacere, ma come una consuetudine" e che il 16, 0% lo vive addirittura come "un qualcosa di interessante o di gradevole da seguire". Quanto influisce poi il ricordo pubblicitario sull´acquisto del prodotto? Sembra molto se si pensa che il 53, 1% del campione si è espresso con un "probabilmente/sicuramente sì". Realizzata durante lo scorso mese di marzo per Unicom (Unione Nazionale Imprese di Comunicazione) e per L´unione Nazionale Consumatori dall´istituto di ricerca Datamedia in collaborazione con Noima (divisione dell´Accademia di Comunicazione), la ricerca integrata (fase qualitativa ed estensiva) è stata condotta su un campione di 1000 italiani, uomini e donne di età compresa tra 18 e70 anni. "Complessivamente - afferma Lorenzo Strana, Presidente Unicom - le forme di pubblicità più ricordate sono gli spot televisivi che si aggiudicano, infatti, il 99, 9% delle citazioni e vengono raccontati con notevole precisione e correttezza in termini di associazione spot/marca/prodotto (le associazioni sbagliate sono solo lo 0, 9%)". Ma, a differenza di qualche anno fa, quando le campagne pubblicitarie venivano ricordate indipendentemente dalle associazioni emotive suscitate, oggi il ricordo dipende in maniera prevalente e preponderante dal gradimento dello spot in sé e, solo in secondo luogo, dall´apprezzamento del prodotto. Cambia anche la percezione del break pubblicitario: le donne di 35/50 anni non lo sfruttano più per "fare altro". Pigrizia o passione? H dilemma rimane, ma anche il dato di fatto: le spettatrici italiane considerano la pubblicità come parie integrante del film o del programma che stanno guardando e, come tale, si aspettano che ne riproponga lo stile se non addirittura il linguaggio. Il format prediletto è ancora quello del "Carosello", quello cioè di una breve storia con un inizio e una fine, senza mai dimenticare i buoni sentimenti sullo stile "Mulino Bianco". Sempre sullo stesso segmento di campione è ancora rilevante l´ascendente esercitato dal testimonial, non necessariamente ultra-famoso, simpatico e attraente. Contro le stereotipate immagini della donna mediterranea, che la vorrebbero animata dal più tradizionale spirito materno, le italiane preferiscono il ricorso a testimonial animali piuttosto che a bambini. Una buona colonna sonora sembra poi essere un ottimo elemento per memorizzare gli spot televisivi. I maschi adulti italiani non si sentono per niente succubi della pubblicità e non si limitano semplicemente ad apprezzamenti o critiche, ma ne fanno oggetto di conversazione. Così come amano molto i "nuovi manifesti" e i banner su internet. La pubblicità su Internet sembra, infatti, "l´unica vera forma d´informazione commerciale non imposta perché ricercata attivamente dal navigatore". Se poi per le donne è fondamentale un jingle decisamente orecchiabile, gli uomini concentrano, invece, la loro attenzione sull´elemento visivo e sull´immagine della quale apprezzano particolarmente alla formalità estetica. Questo pubblico, quindi, si orienta favorevolmente verso le campagne stampa perché le ritiene "finibili più liberamente, più informative, un possibile promemoria per l´acquisto". Le ragazze mostrano, invece, un atteggiamento di gradimento/rifiuto della pubblicità di natura essenzialmente emotiva. Per loro, come anche per i coetanei, la pubblicità diventa una fonte di conoscenza sull´attualità, la modernità e* in alcuni casi, un modello di comportamento, tanto da essere le uniche del campione intervistato (oltre alle donne anziane) a citare spontaneamente le campagne sociali, giudicate e vissute come "massimo esempio di contenuto informativo che la pubblicità può offrire". Per il pubblico maschile giovane la pubblicità è addirittura "una forma d´arte contemporanea, comunque frutto di un lungo e accurato lavoro di studio". La si ricorda se piace, vale a dire in base al proprio gradimento: la bella pubblicità "prima di tutto fa divertire, cattura l´attenzione ed è creativa". L´interesse è mosso dalla novità, più che dal prodotto. Onnivori, ma selettivi, i giovani maschi organizzano il loro ricordo nei modi più disparati, dimenticando sicuramente le categorie merceologiche che non ti riguardano. Maschi e femmine concordano nell´accettare di buon grado i messaggi pubblicitari, a patto che l´interruzione dei programmi non sia aggressiva e invadente. Precisi e pertinenti nel riferire il contenuto di campagne e spot televisivi, gli uomini dai 55 ai 70 anni rifiutano i messaggi troppo complessi e considerano la pubblicità una modalità di contatto con la società moderna. Il criterio fondamentale di ricordo è, dunque, la comprensione: se non capiscono, non gradiscono e fanno fatica a ricordare. Nel ricercare elementi che riducano la complessità e aiutino il ricordo, gli uomini anziani sono spesso colpiti dalla frase finale che chiamano "slogan". Non trascurabile, infine, come elemento fondamentale del ricordo, il ruolo del testimonial, rigorosamente famoso e familiare, perché proveniente dal mondo della televisione, dello spettacolo o dello sport. Decisamente più restie, con un manifesto atteggiamento di difesa dalla quantità degli stimoli pubblicitari, le anziane intervistate vorrebbero sottrarsi ai messaggi che non sempre sentono diretti a loro, arrivando addirittura ad assumere un atteggiamento di totale rifiuto delle pubblicità a sfondo esplicitamente sessuale e degli spot dove appaiono comportamenti violenti e pericolosi. Incapaci di parlare del fenomeno pubblicitario in sé, infine, le donne di quest´età devono necessariamente far riferimento ad un preciso prodotto pubblicizzato. Quando si paria di pubblicità comparativa" l´atteggiamento più diffuso in tutto il campione è quello dello stand by; si sa che attualmente anche in Italia è permessa (almeno sulla carta), si sa che negli Stati Uniti è tradizionalmente usata senza esclusione di colpi, ma non ci sono aspettative specifiche, ne attese generiche degli italiani nei confronti della comparativa, anche perché non riescono ad ipotizzarne il meccanismo. Le donne appaiono" in generale, maggiormente contrarie all´idea di comunicare attraverso la denigrazione delle altrui qualità. Più possibilisti, invece, gli uomini anziani che concludono: "sì alla pubblicità comparativa purché commercialmente precisa e corretta". .  
   
 

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