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Notiziario Marketpress di Venerdì 22 Settembre 2000
 
   
  SE LŽUNIONE MONETARIA EUROPEA-UME NON AVESSE MAI AVUTO INIZIO I TASSI DI INTERESSE NELLA ZONA EURO ADESSO POTREBBERO OSCILLARE TRA IL 4,2% E LŽ8,7%.

 
   
  Milano, 22 settembre 2000 - Secondo un nuovo studio svolto dagli economisti di Pricewaterhousecoopers (Pwc), la recente divergenza dei tassi dŽinflazione allŽinterno della zona euro ha messo sempre più sotto pressione la politica monetaria "uno per tutti" implicita nellŽUme. Dalle analisi, pubblicate oggi allŽinterno della relazione periodica European Economic Outlook (Prospettive economiche europee) edita da Pwc, emerge che di recente i tassi di crescita allŽinterno della zona euro hanno dato chiari segni di convergenza, mentre per i tassi dŽinflazione è avvenuto esattamente il contrario. Lo studio analizza il livello dei tassi di interesse che potrebbero attualmente dimostrarsi adeguati ai singoli paesi della zona euro, qualora essi non avessero aderito alla Ume e le rispettive banche avessero però continuato a perseguire in modo credibile gli stessi obiettivi in materia di inflazione. Ecco le conclusioni stilate dagli autori: secondo lŽanalisi effettuata, sulla base dei dati sullŽinflazione di luglio 2000, il tasso medio dŽinteresse adeguato per lŽintera zona euro sarebbe appena al di sotto del 5%; tale esito sarebbe pertanto a favore di un aumento dei tassi della Bce rispetto allŽattuale livello del 4,5%; i tassi di interesse adeguati ai singoli paesi della zona euro variano ampiamente dal 4,2% per lŽItalia ed il 4,5% per la Germania, fino a raggiungere lŽ8,7% per lŽIrlanda. Dopo un periodo di convergenza nominale tra il 1996 a gli inizi del 1999, tale divergenza è aumentata significativamente dallŽinizio dellŽUme; secondo i calcoli, in Spagna, Paesi Bassi e Finlandia i tassi di interesse dovrebbero aggirarsi attualmente attorno al 6%. Questo fa sorgere alcuni timori di surriscaldamento economico a meno che la politica fiscale di questi paesi non subisca un giro di vite maggiore di quello previsto sinora; inoltre - vista la rilassatezza dellŽattuale politica monetaria della zona euro, i maggiori timori di surriscaldamento economico riguardano in modo particolare lŽIrlanda; ciononostante il governo irlandese non ha ancora provveduto ad applicare una politica fiscale decisamente più rigida. Rosemary Radcliffe, Chief Economist di Pwc, ha commentato come segue: "Il caso irlandese è un interessante banco di prova per vedere se una piccola economia aperta sia in grado di operare allŽinterno della politica monetaria "uno per tutti" implicita nellŽUme. Esiste ovviamente il pericolo che lŽinflazione irlandese piuttosto alta possa portare ad una progressiva perdita di competitività ed infine ad un potenziale crollo dei prezzi e alla recessione. Per il momento, comunque, lŽeconomia irlandese resta forte e ci sono possibilità di espansione della forza lavoro mediante lŽimmigrazione e lŽaumento della partecipazione femminile, al fine di evitare una grave spirale retribuzioni-prezzi". LŽanalisi Pwc tiene conto anche dei quattro paesi dellŽUe attualmente non facenti parte la Ume. Se ne conclude che un adeguamento ai tassi di interesse della zona euro non dovrebbe creare problemi né alla Danimarca né alla Svezia, qualora queste decidessero di aderire alla Ume. La Grecia, invece, potrebbe trovarsi a dover affrontare dei problemi di adeguamento nel breve termine in quanto i tassi di interesse dovrebbero essere ridotti rapidamente ai livelli della zona euro nei prossimi tre mesi, in un periodo in cui la crescita è- sostenuta e lŽinflazione greca, pari al 2,6% a luglio, sta già leggermente superando il tetto dei 2% previsto dalla Bce. La relazione analizza inoltre lŽimpatto degli aumenti dei prezzi dellŽenergia intercorsi durante lŽultimo anno, deducendone che i tassi di interesse nella zona euro dovrebbero essere maggiori dello 0,5% circa (50 punti base) rispetto al livello che avrebbero raggiunto se si fosse cercato di mantenere lŽinflazione sotto controllo. John Hawksworth, Capo della divisione macroeconomica di Pwc e co-autore dello studio ha dichiarato quanto segue: "Le economie adesso dipendono molto meno dal petrolio. Dei prezzi dellŽenergia più elevati rischiano tuttavia di creare ancora problemi alle banche centrali in quanto implicano una crescita più lenta e unŽinflazione maggiore. Se i tassi dŽinteresse della zona euro subiranno ulteriori aumenti a fronte dellŽimpatto inflazionistico degli aumenti dei prezzi del petrolio, cŽè il rischio che, soprattutto in Germania, la situazione dellŽancora provvisoria ripresa economica possa capovolgersi completamente. Nel Regno Unito, invece, sembra che i tassi dŽinteresse prendano già in considerazione gli effetti dei prezzi dei petrolio: al momento pertanto non necessitano di ulteriori aumenti". .  
   
 

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