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Notiziario Marketpress di Mercoledì 18 Ottobre 2006
 
   
  I CENTRI DI RICERCA PRIVATI (CRP): UN’ OPPORTUNITÀ PER IL PAESE DA SALVAGUARDARE, VALORIZZARE SVILUPPARE.

 
   
  Milano, 18 ottobre 2006 - Per circa 30 anni (´60-´70-´80), il sistema della grande industria nazionale ha, talora con lungimiranti intuizioni, creato, organizzato, sviluppato e utilizzato grandi centri di ricerca privati corporate (settoriali), rna con personalità giuridica autonoma, che pure con esiti e risultati differenziati, hanno indubbiamente e concretamente contribuito, alla crescita del patrimonio tecnologico italiano e della competitività delle imprese di riferimento, anche sulla scena internazionale. Tali centri erano dotati di rilevanti masse critiche, esperienze e competenze atte ad accrescere e migliorare la finalizzazione e lo sfruttamento a fini economici e produttivi delle attività di ricerca ed affrontare le sfide della globalizzazione. Alcuni esempi illustri di queste realtà sono stati il Donegani per la chimica, il Csm per la metallurgia ed i materiali, il Crf e Elasis per l´automoti ve, il Csel T per le telecomunicazioni, i/ Cise e il Cesi per l´energia, che hanno anche contribuito notevolmente alla formazione di ricercatori industriali. La arsi, la privatizzazione e /a frammentazione della grande industria nazionale ha comportato la crisi, la scomparsa, e comunque per quei Crp sopravvissuti, la necessità di un sostanziale rlposizionamento competitivo sui mercati nazionale ed internazionale di molte di queste strutture. I Crp, anche se formalmente non ancora definiti; sono sostanzialmente riconducibili a quei centri con personalità giuridica autonoma (Spa, Società Consortili, etc. ) operanti esclusivamente nel campo della R&s industriale, la cui produzione è pertanto essenzialmente costituita da beni immateriali e caratterizzati, statutariamente o di fatto, quali imprese non profit, ovvero che non attuano alcuna distribuzione di dividendi e rein vestono completamente eventuali margini di esercizio in attività statutarie (formazione interna, investimenti tecnico/scientifici materiali e immateriali). Quadro di riferimento - Il Consiglio Europeo di Lisbona del Marzo 2000 ha posto quale obiettivo dell´Unione il raggiungimento entro il 2010 di investimenti in R&s pari al 3% del Pil dell´Unione, 2/3 dei quali dal settore privato e 1/3 dal settore pubblico (valore assoluto ca. 310 miliardi di Euro/anno). Per l´Italia è evidente la scarsità degli investimenti in ricerca, particolarmente privati (1. 07% di cui 0. 46% investimento privato e 0. 61% pubblico) rispetto ad altri paesi europei. La limitata dimensione delle imprese accentuatasi negli ultimi 15 anni, la bassa percentuale del Pil attribuibile ai settori high tech, la spinta sottocapitalizzazione, la scarsa tradizione, cultura e propensione a competere e rischiare sull´innovazione tecnologica, generando e sfruttando brevetti o altri titoli di proprietà intellettuale, sono caratteristiche del sistema produttivo italiano che ne penalizzano la competitività. A fronte di un sistema industriale strutturalmente inidoneo a raggiungere masse critiche di risorse umane e finanziarie atte a sostenere consistenti attività di ricerca ed innovazione, permane inoltre un sistema pubblico di ricerca strutturalmente poco adatto a supportare e servire efficacemente il sistema produttivo. In questo contesto i Crp offrono vantaggi e peculiarità, che li rendono funzionali e determinanti a supporto dell´industria e costituiscono un organismo fondamentale della filiera "Ricerca e Innovazione" risultando complementari e non alternativi a Organismi Pubblici di Ricerca (Epr, Università, etc: sinteticamente Opr). Gli elementi caratteristici fondamentali che qualificano i Crp rispetto ai sistemi pubblici di ricerca, sono: la capacità di un dialogo al tempo stesso altamente qualificato ma comprensivo della cultura e visione industriale; la capacità e per taluni versi necessità di vivere la ricerca in un´ottica di business nella quale la relazione fornitore/cliente è ispirata ad un pragmatismo di mercato; la centralità della tecnologia e la concretezza dell´offerta tecnologica costruita sui reali desiderata del committente industriale; ed infine, l´espressione di una capacità multidisciplinare integrata e di opportuna rnassa critica, difficilmente riscontrabile nel contesto pubblico, caratterizzato da ottime competenze disciplinari, ma molto puntuali e disperse. Per mentalità ed esperienza i Crp costituiscono, e potrebbero ancor di più costituire, un´efficace interfaccia e snodo operativo tra sistema pubblico di ricerca ed imprese produttive a vantaggio di un migliore e più rapido sfruttamento a fini economici dell´insieme degli investimenti pubblici in strutture e attività di ricerca. I Crp si qualificano quindi come un modello efficace, versatile e dinamico di centri di ricerca al servizio dello sviluppo tecnologico ed economico del paese, dotati di lungimiranza nell´individuazione dei fabbisogni d´innovazione dell´industria, a lungo e medio termine, in relazione agli orientamenti del mercato, ma anche capaci di rispondere a richieste tecnologiche di breve termine. Le strategie e le politiche nazionali sulle strutture di R&s sono andate prevalentemente concentrandosi sul sistema pubblico di ricerca, nel tentativo, certamente giusto e necessario ma tuttavia assai complesso, e dai costi e tempi incerti, di affidare ad esso il ruolo centrale di dare impulso all´innovazione tecnologica dell´apparato produttivo nazionale. Privilegiare e concentrare, da parte delle istituzioni, lo sviluppo di una strategia basata solo sugli Opr, pone dei limiti obiettivi ed introduce una doppia distorsione. La prima consiste nell´ignorare le caratteristiche strutturali del sistema produttivo italiano, che a differenza di altri paesi non è spesso in grado di esprimere una ricerca industriale privata idonea ad avviare un dialogo diretto e proficuo con il sistema accademico, anch´esso non predisposto natura/mente allo scopo. Proprio le caratteristiche del sistema produttivo nazionale motivano quindi la necessità ed il ruolo di quel livello intermedio ed essenziale per un´efficace e continua finalizzazione, valorizzazione e trasferimento della conoscenza dai laboratori all´industria, ruolo che è tipicamente rappresentato ed interpretato dai Crp. La seconda introduce un problema inaccettabile di distorsione della libera concorrenza, attraverso meccanismi di incentivazione e di promozione di varia natura (non solo finanziaria) a favore di soggetti pubblici e la contemporanea esclusione "di fatto" dai meccanismi stessi dei Crp(1), che gia devono fronteggiare Io svantaggio competitivo rappresentato dalla necessità di sostenere integralmente i propri costi di funzionamento ed investimento. In aggiunta a tali distorsioni, le più recenti norniative nazionali equiparano i Crp, a tutti gli effetti, alle tipiche imprese di produzione, riducendo drasticamente (Decreto Tremonti, 10/10/03), o sostanzialmente annullando (Fondi Cassa Deposito e Prestiti, Decreto 8/3/06) i contributi in conto esercizio, sostituendoli con credito agevolato restituibile. Tali nuove forme agevolative, pur volendo ignorare le garanzie richieste per la loro concessione, risultano di fatto insostenibili per i Crp a motivo delle specifiche caratteristiche economiche e finanziarie dei Crp stessi, di fatto precludendo loro l´accesso aì grandi programmi strategici di ricerca nazionali, ancorché di principio restino soggetti proponenti eleggibili. Il permanere delle distorsioni di cui sopra, la assai limitata o nulla fruibilità degli strumenti agevolativi vigenti da parte dei Crp, oltre alla necessità di operare in un mercato complesso e globalizzato quale quello dello ricerca industriale e dell´innovazione tecnologica, generano condizioni di concreti e crescenti rischi di crisi strutturali dei Crp italiani con conseguenti rischi di delocalizzazione all´estero dì parte della ricerca industriale privata o di nazionalizzazione dei Crp italiani, che potrebbero essere forzati ad entrare, in tutto o in parte, nel sistema di ricerca pubblico nazionale. Proposte di intervento - A fronte del contesto normativo sopra illustrato fortemente limitante e penalizzante il ruolo dei Crp naziv,~ali, occorrono azioni urgenti e tempestive, che devono innanzitutto intervenire a favore dei Crp in un´ottica di sostegno mirato proprio alla specificità ed opportunità] che tali sistemi rappresentano per lo sviluppo competitivo nazionale, valorizzando al contempo il ruolo sinergico con gli Opr mediante creazione di condizioni di equità nella competizione pubblico-privato. Il raggiungimento di tale obiettivo può essere perseguito attraverso la definizione, revisione ed il potenziamento di una serie di strumenti, la cui rapida attivazione potrebbe aiutare anche a fronteggiare sia la strutturale carenza di capacità d´innovazione tecnologica del sistema- produttivo nazionale sia la manifesta difficoltà dí crescita dell´investimento privato in ricerca e sviluppo. A tale proposito si individuano fondamentalmente tre linee di azioni. L Attivazione di strumenti di sviluppo specifici per i Crp - In tale ambito occorre pensare ed agire per il rilancio di strumenti specifici dedicati al supporto della competitività e dello sviluppo dei Crp, quale in particolare l´Art. 10-L297 del 1999 (ex L. 451/94) che dovrebbe essere efficacemente valorizzato attraverso alcuni interventi mirati quali: la sua trasformazione in strumento ordinario, una maggiore dotazione di risorse, l´innalzamento dell´intensità di aiuto (almeno 50% in contributo) ed una revisione degli obiettivi e criteri attuativi. Lo strumento ha gia dimostrato di saper catalizzare e promuovere investimenti privati in R&s anche incentivando la partecipazione diretta d´imprese produttive alla capitalizzazione dei Crp, e a contribuire al consolidamento e allo sviluppo di un modello operativo ed organizzativo essenziale ed efficace per la competitività dei sistemi produttivi. 2. Ristabilimento di un regine agevolativo generale realmente sostenibile dai Crp - Occorre rivedere modalità, meccanismi ed intensità di agevolazione per programmi generali a bando pubblico, quali i Pnr, Firb ed altri varianti su scala nazionale o regionale ad essi assimilabili. Gli obiettivi fondamentali sono l´innalzamento delle quote di contributo nella spesa (almeno il 50%) per i Crp, anche con riferimento ai programmi nazionali di ricerca, la non preclusione all´accesso ai programmi di ricerca di base, il ristabilimento di corrette e trasparenti regole di competizione tra Crp e Opr. L´azione deve rivolgersi anche a futuri nuovi strumenti d´incentivazione automatica, quali ad esempio il prospettato (in particolare da Confindustria) riconoscimento di un credito di imposta (50% della spesa) alle imprese che affidino commesse a organismi esterni di ricerca, tra i quali dovranno essere inclusi anche i Crp italiani. Un´eventuale loro esclusione sarebbe non solo inaccettabilmente discriminante e drammatica sulle capacità di competere dei Crp sul mercato della ricerca, ma anche in contrasto con quanto già previsto dall´art. 14-L. 297/99. Tale articolo costituisce uno strumento agevolativo automatico già vigente e applicabile anche ai Crp che potrebbe e dovrebbe essere semplicemente potenziato e perfezionato in termini di modalità e criteri attuativi. 3. Incentivi alla collaborazione pubblico-privato E´ necessaria la definizione e l´introduzione di nuovi specifici strumenti atti a stimolare e attivare una collaborazione concreta, efficace e strutturata, anche tramite la condivisione di risorse e di capitali tra pubblico e privato nella R&s; la strategia è condivisa e proposta sia a livello nazionale che europeo. In tale strategia, il ruolo specifico dei Crp risulta funzionale all´efficace interazione tra ricerca pubblica e sistema produttivo, apportando le proprie capacità di catalizzare e trasferire conoscenze e tecnologie dai laboratori all´industria, ma anche dì guidare i processi dì crescita e innovazione tecnologica di medio-lungo termine del sistema produttivo. In particolare dovrebbe essere sostenuta la creazione di strutture di R&s (operative e strumentali) condivise tra Opr e Crp, al fine di accrescere le masse critiche, ripartire rischi e costi degli investimenti, evitare inutili e dispersive duplicazioni e favorire al tempo stesso tutte le possibili sinergie. In tale logica potrebbe essere anche promossa la partecipazione di Opr nelle compagini azionarie dei Crp. Per una corretta implementazione degli interventi sopra menzionati, potrebbe essere necessario riconsiderare in ambito nazionale, per i Crp, l´interpretazione e il riconoscimento dello status di organismi non-profit secondo criteri estensivi, anche in analogia con quanto si sta affrontando in ambito europeo (come già accennato più sopra). Si evidenzia, infine, che il complesso di azioni prioritarie individuate per i Crp comportano risorse pubbliche aggiuntive di importo limitato e sostenibile, peraltro programmabili su base annua e graduabili nel tempo. Tali investimenti pubblici, oltre a generare benefici tangibili e funzionali al sistema produttivo nazionale, eviterebbero il rischio di dover sostenere costi per assorbire eventuali crisi strutturali ed occupazionali che potrebbero investire i Crp nazionali, qualora permanessero le attuali condizioni normative. Al fine di garantire la massima trasparenza ed efficacia degli interventi proposti e delle correlate risorse pubbliche destinate, potrà essere opportuno o necessario che il riconoscimento dello status di Crp sia subordinato ad una certificazione/accreditamento da parte delle amrninistrazioni centrali competenti, anche sulla base della effettiva e documentata esperienza e capacità sia di operare sul mercato della ricerca, attraverso commesse di clienti privati anche azionisti o associati del Crp, sia di svolgere attività di R&s strategiche e diffusive, orientate e funzionali all´innovazione e competitività di sistemi/comparti produttivi nazionali. Gruppo di lavoro Atri Il Gruppo di lavoro Airi , che ha redatto il presente documento era così composto da : coordinatore: Carlo Pagliucci, Centro Sviluppo Materiali; membri: Paolo Boero, Pirelli Labs; Piero Bufalini, Airi; Mario Cantello, Rtm; Guido Frigessi di Rattalma, Airi; Dario Lucarella, Cesi; Dario Monti, Centro Ricerche Fiat; Giulio Santagostino, Cesi; Federica Valdenazzi, Catena. .  
   
 

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