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Notiziario Marketpress di Lunedì 04 Dicembre 2000
 
   
  LA CRISI E´ FINITA, AVANTI CON LA MODERNIZZAZIONE DAL SECONDA RAPPORTO SULLA DISTRIBUZIONE ITALIANA BUONE PROSPETTIVE E QUALCHE INTERROGATIVO SUL COMPARTO DEL COMMERCIO IN ITALIA

 
   
  Milano, 4 dicembre 2000 - E´ finita la crisi, cominciata nel 1993, per il settore distributivo italiano che sta finalmente proseguendo nel processo di modernizzazione complessiva. A testimonianza del nuovo corso, ci sono la forte ripresa dell´occupazione nel commercio, l´aumento del numero assoluto delle imprese, insieme alla crescita della Gdo che non ha penalizzato gli esercizi minori. Sono alcune delle indicazioni che emergono dal Rapporto sulla distribuzione italiana, curato dal Centro Einaudi di Torino su commissione di Sisim, primaria società di consulenza al retail guidata da Vittorio Fracassi, illustrate alla stampa a Palazzo Affari ai Giureconsulti. Il Rapporto dal titolo "Un commercio a due velocità", alla sua seconda edizione, è il risultato del lavoro di un gruppo di ricercatori, coordinato da Giuseppe Russo, e consta di quattro capitoli (panorama sulla distribuzione; analisi distribuzione estera e internazionalizzazione; consumi; moda) più due Osservatori, rispettivamente sul commercio elettronico e sui negozi italiani all´estero. Al Rapporto è stato anche dedicato il Convegno che si terrà a Milano nella stessa sede il prossimo 5 dicembre alla presenza di importanti operatori del retail e che avrà come relatori, tra gli altri, Francesco Boccia, consigliere economico del Ministro dell´Industria, Luigi Dante, direttore generale Simest, Enrico Finzi sociologo, e Vittorio Giulini, presidente di Sistema Moda Italia. Fra i principali risultati del Rapporto , nella prima parte Ii Rapporto evidenzia che: - l´occupazione aggregata del settore è tornata a crescere come la media dell´economia: +1,3% nel 1999, che è il secondo vero anno di ripresa della crescita occupazionale nel commercio, portando a 3,3 milioni gli occupati. Conta per un quarto dell´intero terziario e negli ultimi due anni ha contribuito con 74 mila occupati alla creazione di posti di lavoro (15 per cento dell´aumento netto di occupazione nazionale). Il che fa pensare che si sia arrestata la crisi del settore, sia quella di origine congiunturale che quella di natura più propriamente strutturale. Gli attuali 3,3 milioni di occupati (dei quali circa il 52 per cento sono autonomi) riportano il settore ai numeri del 1993. La fase in corso mostra una rinnovata effervescenza imprenditoriale: tra il 98 e il 99 la crescita occupazionale ha riguardato per tre quarti i negozi e per un quarto la distribuzione moderna, in particolare quella delle grandi superfici; - aumento delle imprese: quanto al commento congiunturale, il saldo di nati-mortalità è un indicatore che può confermare e completare le indicazioni di "ripresa del commercio" e di "cessato allarme" sulla morte delle sue imprese. Sotto questo profilo, il Rapporto evidenzia che il saldo netto positivo (+528 imprese nel 1999 e ben +4. 059 aziende nel solo primo semestre del 2000) si unisce alle indicazioni provenienti dalle altre fonti, suggerendo che certi "allarmi" sul commercio, specie se lanciati in tempi recenti, erano eccessivi. Il che non significa che la crisi non ci sia stata (come la stessa serie degli esercizi operanti nel commercio al dettaglio dimostra: i negozi sarebbero scesi in meno di dieci anni, dal 1991 al ´99, da 762 mila unità a 623 mila). La "fine della crisi", quanto meno del suo culmine, pare quindi del tutto certa, il che porta a considerare che gli scenari di allineamento al "resto dell´Europa", con flussi di "chiusure" importanti non dovrebbero verificarsi. Si tratta di un cambiamento di prospettiva piuttosto significativo, se si pensa che numerosi analisti del settore immaginavano che nel 1999 ci sarebbe stata una contrazione dei punti di vendita complessivi di circa il 7 per cento in un solo anno; - Gdo ed esercizi minori. La Grande Distribuzione Organizzata ha pressoché conquistato il settore alimentare, raccogliendo ormai quasi il 40 per cento dei consumi alimentari, ma ha incrementato di un solo punto percentuale i consumi nel non-food (7%), che restano appannaggio dei piccoli. L´esercizio tradizionale riesce a mantenere posizioni di forza in alcune classi merceologiche, ma, avverte il Rapporto, è vincente il "piccolo" che ha saputo rispondere alle minacce competitive in modo attivo, per esempio associandosi ad altri esercizi, o cercando l´affiliazione a una catena per acquisire una maggiore visibilità oppure mutando la propria offerta con una focalizzazione su un target di clientela definito in termini non più merceologici ma "culturali" (stili di consumo). All´interno della Gdo, la crescita relativa maggiore, nel periodo 98-99 è ancora quella degli ipermercati (+8,8%) seguiti dai supermercati (+5,8%) e poi dai grandi magazzini (+3%). Ancora, merita un cenno particolare la . Crescita registrata dai centri commerciali, le cittadelle autonome del commercio contenenti almeno 10 diversi esercizi al dettaglio oltre che dotazioni infrastrutturali e cosi via. Il successo di questa formula, dice il Rapporto, "vale doppio" perché si tratta di contenitori di esercizi individuali: e quindi i centri commerciali, con aperture di circa 20 unità all´anno e chiusure zero nel 1999, sembrano coniugare la Gdo con gli esercenti individuali. Ma qualche cautela sul processo di rinnovamento del settore viene comunque lanciata dal Rapporto, per esempio puntando l´indice contro le Regioni che non hanno saputo o voluto recepire i cambiamenti introdotti due anni e mezzo fa dalla legge Bersani, che prevedeva una vera e propria rivoluzione nel settore. Tanto che a oggi soltanto il 12% dei negozi ha modificato qualcosa; solo il 7% ha ampliato l´offerta della gamma merceologica; e solo il 18 % ha modificato l´orario di apertura. "Inoltre", afferma Vittorio Fracassi, presidente Sisim, "nonostante il superamento della crisi, il divario da paesi come la Francia o la Gran Bretagna continuano a esserci ed è rispetto a questi paesi che l´Italia rischia una colonizzazione". Nella seconda parte, accanto all´analisi macro-settoriale, il Rapporto dedica tre capitoli rispettivamente all´analisi di: sviluppo della distribuzione straniera, con ampio spazio al fenomeno Wal-mart (numero uno nel mondo con 163,5 milioni di dollari di vendite nel 1999) e alle opportunità di internazionalizzazione per l´Italia, paese che potrebbe non rimanere relegato alla dimensione di operatori regionali se sarà in grado di razionalizzare i sistemi distributivi, le politiche di canale, i modelli associativi: una strada che con ogni probabilità vedrà sostituiti sul campo nei prossimi anni i punti vendita meno efficienti. Inoltre, dato che l´evoluzione dei sistemi distributivi moderni genera rilevanti problemi nella gestione dei rapporti di filiera, sia a valle (per garantire al consumatore possibilità di scelta), sia orizzontai mente (concorrenza tra canali), sia - e questa è l´area più spinosa " a monte, con i fornitori, il mercato ha bisogno di regole certe e garanzie sicure, che per essere formulate richiedono in Italia, da parte sia delle autorità di governo che delle parti sociali, un tasso di innovazione maggiore di quello attuale. Infine, non potrà più essere elusa la dimensione internazionale, o almeno continentale, del mercato. I confini nazionali, che sono sempre stati considerati dalla distribuzione italiana come un elemento di difesa, si fanno nella geografia economica europea via via più evanescenti. Casi come quelli di Giacomelli Sport, Eldo (elettronica di consumo ed elettrodomestici) e Coin, approdati sui mercati esteri, sono emblematici di come il mercato europeo possa essere affrontato senza complessi di inferiorità da imprese di dimensione piccola o media, ed anzi rappresenti una tappa obbligata per la crescita, tappa che può essere raggiunta dopo o parallelamente a un adeguato rafforzamento sul mercato interno. Evoluzione demografica, consumi e forme distributive di beni e servizi. E´ l´analisi dettagliata delle tipologie di consumo per fascia d´eia, da cui appare evidente un cambiamento radicale nel paniere dei consumi reali degli italiani. E un dato significativo: da sei anni (cioè proprio dal 1993) in poi si è andata consolidando la ripresa dei consumi delle famiglie, ed è tornato a crescere il reddito disponibile. I consumi in generate, sono molto più orientati, rispetto ai primi anni novanta, ai cosiddetti "consumi tecnologici" (servizi telematici e apparecchi per le comunicazioni) aumentati del 75% tra il 1995 e il 1999, seguiti dai consumi per l´acquisto di mezzi di trasporto e da quelli dedicati all´area cultura e spettacolo. Questi ultimi hanno segnato un incremento del 30% negli ultimi cinque anni. Stabili invece i consumi alimentari rispetto a cinque anni fa. Chiudono la classifica i consumi nell´area dell´editoria, nell´uso di servizi di trasporto e nei tabacchi. Il Rapporto ancora afferma che i consumi delle famiglie sono in aumento reale, oltre che in termini nominali, fatto che è stato solo limitatamente vero nel 1999, con una crescita del 1,6%, ma che in previsione per il 2000 dovrebbe avverarsi, portando lo sviluppo reale dei consumi degli italiani a convergere con la media dell´euro-zona, pari al 2,4 per cento circa, - Moda. Il Rapporto dedica un capitolo alle catene di distribuzione di abbigliamento, giungendo ad alcune conclusioni, quali la "tenuta" dei negozi indipendenti che secondo gli ultimi dati della stagione autunno-inverno 2000 rappresentano il 57,9 per cento del mercato, quindi in controtendenza rispetto alle previsioni che pensavano a questa forma di distribuzione ferma al 50 per cento. Le formule maggiormente vincenti sembrano essere, secondo il Rapporto, le grandi superfici specializzate, a libero servizio ma con un´offerta personalizzata attraverso servizi post-vendita insieme alle catene di negozi, capaci di coniugare personalizzazione e modernità. Ma non essendo entrambe in grado di esaurire la gamma dei comportamenti delle molteplici nicchie di consumo, prevede il Rapporto, la struttura dei canali distributivi pleirabbiglìamento non potrà che restare composita, con formule distributive diverse e non massificate. Il Rapporto sottolinea in particolare i punti di forza delle catene (ottimizzazione logistica sia in termini di flussi di merci sia di informazioni, ottimizzazione dell´investimento pubblicitario, credibilità dell´offerta grazie all´estesa visibilità della catena, soluzione intermedia tra il negozio e la Gdo) che diventano gli strumenti "ideali" dell´internazionalizzazione del non-food specializzato. Non a caso, tra le tendenze, il Rapporto indica la crescita delle catene dei produttori, che intraprendono spesso precocemente la strada dell´internazionalizzazione, ossia "si creano gli scaffali di vendita". Lo spazio per la piccola e media impresa, sia nella distribuzione sia nella produzione, continua ad esistere, sottolinea il Rapporto, ma solo per coloro che sapranno: - coniugare capacità innovativa nei prodotti e nelle formule organizzative e distributive per compensare la minore efficienza nella logistica e nella comunicazione rispetto alle grandi superfici organizzate; - costruire rapporti di partnership di filiera con lo scopo di garantire non solo tempi di risposta rapidi alle richieste dei consumatori ma anche coerenza tra collezione, canale, format distributivo, comunicazione verso il consumatore e target di mercato. .  
   
 

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