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Notiziario Marketpress di
Lunedì 11 Dicembre 2000 |
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IMPONENTE GIACIMENTO ARCHEOLOGICO RURALE TUNISINO SOTTO LA LENTE DEI RICERCATORI DELL´UNIVERSITÀ DI TRENTO
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Trento, 11 dicembre 2000 - Una equipe di studenti dell´Università di Trento, guidati dalla docente di Archeologia e Storia dell´A[a]rte greca e romana Mariette de [De] Vos, ha percorso in lungo e in largo, durante sei anni, il più grande e importante giacimento archeologico di edilizia rurale sinora conosciuto: quello che sorge nel circondario dell´antica Dougga, città della Tunisia settentrionale nota già nel Iv secolo avanti Cristo come città numida "di grande bellezza". Alcuni reperti, numerose foto e disegni dei rilievi topografici, saranno esposti da mercoledì prossimo nell´atrio del rettorato, in via Belenzani 12, in occasione del convegno internazionale di studio - sul tema "Archeologia del territorio: metodi, materiali, prospettive" - organizzato dal Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche dell´Università di Trento, dalla Provincia Autonoma, dall´Associazione di Cultura Classica. I rilevamenti sul campo archeologico tunisino - completati da accurate ricognizioni topografiche, da uno scavo, dallo studio di numerosissimi reperti (frammenti di ceramica, terrecotte, monete, iscrizioni, prodotti della terra, orci e anfore, soprattutto le parti in pietra di macine e di attrezzi per la lavorazione delle olive) - hanno fornito una grande massa di informazioni. Ad esse si sono sommate quelle messe a disposizione da una insolita circostanza: la parte in pietra di centinaia di "fattorie" si è conservata quasi intatta (all´80-85%) per oltre duemila anni. I ricercatori trentini - lavorando in stretta collaborazione con i colleghi dell´Institut National du Patrimoine tunisino - hanno così potuto, per la prima volta, ricostruire l´attività e quindi il tessuto sociale ed economico di una comunità agricola antica partendo dagli oggetti e dai materiali ritrovati e non basandosi su quanto riportato, quasi sempre sommariamente, da scrittori del tempo o sugli scarni indizi offerti da epigrafi, iscrizioni sui cippi funerari o sulle architravi. Hanno potuto così comprendere come vivevano gli agricoltori di due o tremila anni or sono, sapere cosa coltivavano, come e su quali mercati commercializzavano i loro prodotti, quali erano i loro problemi, quali popoli avevano condizionato - nel bene e nel male - la loro vita. Ecco come Mariette de Vos descrive i risultati della sua campagna di ricerche, che hanno comportato l´impegno di oltre 30mila ore-lavoro. Fonti antiche e moderne - ricorda la docente dell´ateneo trentino - concordano nell´indicare il bacino idrografico del Bagradas, che comprende Dougga, come uno delle principali aree agricole che fornivano cereali e olio al popolo di Roma. Le molte iscrizioni rinvenute nella zona attestano un numero consistente di proprietà terriere (saltus), senatorie e imperiali, nonché l´esistenza di ben 14 città nel raggio di 13 km intorno a Thugga (nome dell´antica Dougga). Gli aspetti storico-giuridici riguardanti l´occupazione del suolo una ventina di secoli fa sono stati studiati da storici e epigrafisti in base a testi e iscrizioni; per contro gli antichi modi di produzione non erano mai stati studiati sul campo. Noi - racconta ancora Mariette de Vos - abbiamo eseguito la perlustrazione sistematica, spesso intensiva, della campagna intorno a Dougga: studenti trentini (si sono avvicendati in Tunisia un centinaio di giovani) hanno percorso il terreno raccogliendo tutti i manufatti osservati in superficie. Inoltre abbiamo eseguito lo scavo di un´antica fattoria. Abbiamo così potuto mappare la densità e la natura degli insediamenti antichi, che sono risultati tre o quattro su ognuno dei 150 chilometri quadrati sui quali si estende la zona indagata; e abbiamo anche potuto ricostruire l´andamento della presenza umana nei vari periodi e comprendere alcune tecniche produttive di duemila anni fa. Il trasporto delle derrate, per esempio, veniva effettuato dai campi sino al mare mediante carri; l´olio viaggiava, in questa prima fase, in otri di pelle ma sulla costa veniva travasato nelle anfore olearie per poter essere stivato in maniera sicura nelle navi. I reperti coprono un arco di nove secoli, dal Ii secolo a. C. Al Vii secolo d. C. (la cronologia è basata sull´analisi dei materiali ceramici e numismatici raccolti in superficie e rinvenuti nello scavo stratigrafico della fattoria di Aïn Wassel) e hanno permesso di localizzare 545 siti comprendenti fra l´altro: 186 fattorie, 123 delle quali attrezzate con frantoio, a volte semplice a volte multiplo o addirittura di proporzioni "monumentali"; 126 opere idrauliche che annoverano un acquedotto romano lungo 11 chilometri e munito di 128 pozzi d´ispezione e di 7 ponti; 12 villaggi, 7 fortezze, 5 torri, 2 ville, 29 siti con una o più tombe, 3 templi, 8 strade, 4 ponti, 5 cave, 1 canale artificiale, 1circo. Risultati di non poco conto, se si considera che le tradizionali fonti storiche ed epigrafiche restano mute o quasi sulla vita in campagna, la produzione agricola, la commercializzazione delle derrate e i rapporti città-campagna, uomo-ambiente. Come interpretare questa vitalità: successo della politica di urbanizzazione dell´impero romano, della incentivazione del colonato, delle grandi potenzialità del continente africano e delle sue popolazioni? Sono domande - conclude de Vos - che richiedono ulteriori analisi. Gli obiettivi della ricerca - spiega la professoressa Mariette de Vos, - sono molteplici. Innanzitutto vi è un interesse di carattere scientifico, poiché questa indagine offre la possibilità di compensare uno squilibrio di conoscenze: molto si sa delle città antiche, ma poco o nulla della campagna, dell´uso delle terre, dell´organizzazione dello spazio rurale nel mondo romano. Lo stato di conservazione eccezionale degli insediamenti rurali nell´entroterra tunisino agevola un approfondimento di carattere conservativo-documentario sui rapporti città-campagna e un lavoro dettagliato di documentazione del paesaggio tunisino: un vero e proprio "libro di storia agricola" per la sua ricchezza e fedeltà rispetto alla storia. Il patrimonio rurale sopravvissuto fino a oggi è, infatti, gravemente minacciato sia dal recente aumento di scavi clandestini e furti, sia dal progressivo sviluppo e dall´intensificazione dell´agricoltura attualmente in corso nelle zone interne della Tunisia. La ricerca si propone inoltre - ha continuato la docente dell´Università di Trento - un preciso obiettivo didattico, poiché offre agli studenti la possibilità di: A) lavorare sul campo; B) imparare a riconoscere i siti di importanza archeologica, culturale e ambientale; C) addestrarsi a interpretare il valore e le caratteristiche dei siti sullo sfondo delle variabili paesaggistiche; D) conoscere e utilizzare i più moderni strumenti messi a disposizione dalla moderna tecnologia (tuttora poco sfruttati nella tradizionale formazione dell´archeologo) che permettono di operare sul territorio in maniera razionale ed approfondita pur evitando interventi invasivi. Si tratta di processi formativi altamente professionalizzanti - ha sottolineato Mariette de Vos - che preparano lo studente non solo all´eventuale applicazione nel campo dell´archeologia e della tutela del territorio ma anche ad assolvere a compiti e funzioni di management nella gestione pubblica, urbanistica e territoriale. Dal punto di vista socio-eco-culturale la finalità perseguita dalla ricerca è la creazione di un parco in grado di offrire esperienze interessanti sotto molteplici aspetti: ecologici, agricoli, archeologici e turistici. In linea con queste molteplici e integrabili potenzialità si colloca la proposta di un Progetto Pilota di Parco Archeologico, che mira alla valorizzazione - anche economica - del territorio e del patrimonio culturale ed ecologico. L´individuazione delle aree e delle strutture di interesse silvo-agro-pastorale, naturale e culturale da recuperare, è la necessaria premessa della loro valorizzazione mediante interventi mirati, nel rispetto per l´antico e per il contesto rurale. Parallelamente l´analisi socio-economica stabilisce una strategia integrata per rendere interattiva la relazione tra agricoltura, ambiente e patrimonio culturale, coinvolgendo direttamente la popolazione della zona, come soggetto principale nel processo decisionale e quindi nella gestione del territorio. - Da 18 secoli - descrive la ricercatrice Mariette de Vos - l´acquedotto, un vero monumento in pietra bugnata, serpeggia tra le colline per 10,94 km[ cancellare, anche la nota in basso] (8,27 km in linea d´aria), senza perdere quota ma leggermente in discesa da 578 a 570 metri sul livello del mare. Conservato quasi per intero (anche se in alcuni punti precario), l´acquedotto è composto da una vasca di captazione (caput aquae), da un canale sotterraneo (specus) munito di almeno 128 pozzi d´ispezione (sono i pozzi visibili ancora oggi, quando non distrutti per la parte emergente dal suolo), 7 ponti, 2 cisterne nella periferia ovest di Dougga e un ninfeo (lacus) ad abside. Sull´abside una iscrizione, con dedica alla salute dell´imperatore Commodo, con la quale la Civitas Aurelia Thugga dichiara orgogliosamente di aver indotto l´acqua a proprie spese a [m]illiario septimo [sua] pecunia, cioè dal settimo miglio (= 10,94 km: un miglio romano corrisponde a 1,48 km). Paradossalmente, quello di Dougga è uno degli acquedotti antichi meglio conservati ma meno conosciuti; esiste solo lo studio, corredato di schizzi del percorso e di alcune strutture, pubblicato da Louis Carton nel 1897. Tra 1879 e 1906 si accertò nella media valle della Medjerda - ricorda la professoressa Mariette de Vos - l´esistenza di una serie di antiche proprietà imperiali grazie al rinvenimento di sei grandi iscrizioni, nelle quali i coloni si rivolgevano all´imperatore con una richiesta di assistenza contro lo sfruttamento da parte dei conductores ("grandi affittuari") che gestivano le aziende in nome dell´imperatore. I coloni invocano l´applicazione della lex Manciana e della lex Hadriana de rudibus agris che prometteva i terreni incolti, boschivi e paludosi a chi si fosse impegnato nella bonifica degli stessi. Nell´autunno 1999 una settima iscrizione - copia adrianea della lex Hadriana de rudibus agris - fu scoperta nel corso delle indagini dei ricercatori trentini, a pochi metri dal marabut (tomba sacra) di Lella Drebblia vicino a Dougga. La legge adrianea autorizzava i coloni della proprietà imperiale a bonificare terreni incolti o abbandonati da dieci anni consecutivi e concedeva il beneficio di venire in possesso dell´usufrutto ereditario. Nei primi 5-10 anni dopo l´opera di bonifica, inoltre, il colono non era tenuto a passare un terzo del raccolto al padrone, in questo caso all´imperatore. Trento - Un´esperienza innovativa nel campo del rilevamento ambientale è stata condotta negli ultimi anni da alcuni ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale dell´Università di Trento con la collaborazione del Centro Sportivo Universitario. Il gruppo di ricerca, coordinato da Dino Zardi, ha sviluppato un sistema di misure a bordo di velivoli leggeri per esplorare le complesse dinamiche della bassa atmosfera nelle valli alpine. Le ricerche svolte in questi anni hanno consentito di mettere in luce alcuni meccanismi fisici che determinano lo sviluppo di venti di valle e le strutture termiche associate a specifici i processi atmosferici, come la formazione di inversioni in quota, responsabili dei temuti episodi di stagnazione degli inquinanti al suolo. La caratterizzazione meteorologica e climatologica del territorio rientra infatti fra i contributi di cui non solo l´ingegnere ambientale, ma anche i servizi tecnici delle pubbliche Amministrazioni necessitano per la valutazione e la gestione delle risorse ambientali e per la pianificazione degli interventi sul territorio. Tali applicazioni includono la valutazione dell´idoneità di alcuni siti rispetto a determinate destinazioni d´uso, la previsione e il controllo di effetti determinanti per la qualità dell´aria e le informazioni di supporto alle varie attività economiche. I risultati delle ricerche, recentemente presentati nei congressi internazionali, hanno ricevuto un prestigioso riconoscimento nel corso della 9th Conference on Mountain Meteorology organizzata dall´American Meteorological Society ad Aspen in Colorado nello scorso mese di agosto. Gli studi sono stati svolti nell´ambito di progetti di ricerca finanziati da vari soggetti - fra gli altri il ministero dell´Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, l´Agenzia Provinciale per la Protezione dell´Ambiente della Provincia Autonoma di Trento, dalla Provincia Autonoma di Trento - e dal Comune di Bolzano, che ha commissionato al Dipartimento un articolato studio sul trasporto di contaminanti nella conca del capoluogo altoatesino. L´esperienza si è avvalsa della collaborazione del Centro Sportivo Universitario Cus Trento che dispone di una lunga esperienza nel settore del volo a vela e a motore nonché di notevoli facilities, presso il campo di volo di Trento. L´esperienza dei ricercatori trentini è assolutamente innovativa in campo nazionale, ma è cresciuta in stretto contato con ricercatori che da tempo hanno sviluppato analoghe iniziative all´estero. Recentemente la National Oceanic and Atmospheric Administration degli Stati Uniti ha acquisito un certo numero di velivoli leggeri Slyarrow opportunamente attrezzati con apparecchiature da dedicare specificamente a misure atmosferiche. Il programma di ricerca prevede interessanti sviluppi, come l´acquisizione di un velivolo dedicato a tali misure e l´estensione della strumentazione per poter effettuare misure locali di vento e analisi della concentrazione e del trasporto di sostanze inquinanti in quota. |
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