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Notiziario Marketpress di Giovedì 14 Dicembre 2000
 
   
  E SE IL VOTO AGLI ITALIANI NEL MONDO NON ANDASSE IN PORTO? LE IMPRESE ITALIANE ALL´ESTERO SI SENTONO ABBANDONATE

 
   
  Milano, 14 dicembre 2000. L´italia è fra i pochissimi paesi al mondo ad avere 60 milioni d i cittadini, connazionali, discendenti che vivono fuori dei confini nazionali e hanno intessuto una fittissima rete di rapporti con l´Italia o con le proprie comunità di origine. Molti di questi hanno creato nei´ paesi di insediamento imprese, attività economiche e commerciali, molte delle quali sono cresciute e divenute delle "success story". Ma quante sono le imprese e i soggetti economici che fanno parte di queste ´Business Communities´? Dati aggiornati e completi non sono disponibili, ma è noto che sono 28 mila le aziende associate alle 62 Camere di commercio italiane nel mondo, dislocate in 38 paesi. La maggior parte di queste sono costituite da Piccole e Medie Imprese, perché è questa la dimensione in cui meglio si esprime lo spirito imprenditoriale degli italiani. Interrogati i rappresentanti delle imprese all´estero sull´eventualità che la legge sul voto non si realizzi, emerge che non per tutti sarebbe una sorpresa anche se per molti sarebbe una delusione. Soprattutto nei Paesi arabi e orientali le imprese italiane si sentono dimenticate dai partiti e la legge sul voto si potrebbe non fare anche per una cattiva organizzazione e per litigiosità interne. Mentre nei Paesi anglosassoni il voto non è atteso da tutti, tanto meno da chi ha avuto più successo e si è ben inserito nel Paese. Mancano però iniziative culturali e scuole italiane per aiutare l´emigrato a non perdere l´identità e inserirsi con dignità nel nuovo contesto. In Sudamerica si aspettano che la legge possa non passare per lìtigiosità e una politica forse lontana dagli emigrati. ´Le Business Communities ftaliane all´estero - ha dichiarato Bruno Ermolli, Presidente di Promos, azienda speciale della Camera di Commercio di Milano - sono davvero una rísorsa strategíca per il ´Sistema Italia" che va valorizzata e su cui occorre investire di più. Esse potrebbero essere il punto di riferimento per entrare in contatto con le realtà di mercati spesso difficili e lontani e per creare l´humus di uno sviluppo moderno in loco. E´ questo un canale ancora non dei tutto sfruttato, ma che dovrebbe essere inserito nelle strategie di tutti gli enti che in Italia operano per la globalizzazíone. Infatti è noto che la condivisione della lingua, dell´identítà, degli stessi codici culturali e etici è un forte elemento aggregante, che genera quel míx di fiducia e di affínità che facilita le relazioni economiche ed apre opportunità di business sovranazionali fra imprese localizzate in Italia e imprese estere gestite da imprenditori dí origine italiana´. "Bisogna puntare - ha detto Ermolli - al coordinamento tra i diversi rappresentanti della business community italiana all´estero (Ambasciata, Ufficio Ice, Simes T, Sa Ce, i desk della Camera di Commercío di Milano in molti Paesi, í Centri estero delle Camere di Commercio) per proporre un´offerta dí ´servizi integrati´ alle Pmi, che devono avere la caratteristíca di essere un ´servizio reale´, ascrivíbile ad una riduzione dei costí effettivi e quindi tale da produrre un ricavo per l´impresa, . Se la legge sul voto degli italiani all´estero non dovesse passare? Ecco le opinioni della busess community italiana all´estero. Brasile: potrebbe essere passato il momento favorevole per la legge. Si tratta di una cattiva volontà della politica ma anche della difficoltà di mettersi d´accordo. Canada: non votare per gli emigrati è normale in ogni Paese e sarebbe un´anomalia italiana il voto degli italiani all´estero. Bisogna invece rafforzare la cultura italiana anche per favorire il reintegro in caso di ritorno in Italia: ci vogliono scuole italiane e iniziative culturali. Anche alla politica etnica, che favorisce la distanza tra culture è preferibile l´integrazione nel Paese ospitante. Usa: all´associato, che è impresa di alto livello, il voto non importa. Può importare a molti italiani residenti poiché è uno strumento di presenza e in un cento senso di potere. Potrebbero essere favorevoli a un voto come negli Stati Uniti, a partecipare al voto dal collegio in cui erano in Italia, non in un nuovo collegio estero. Giappone: è normale che non si voti per le elezioni italiane e non si sentono dimenticati. Egitto: si sentono dimenticati dai partiti ed è il Paese nel nord Africa che ha più italiani. Tunisia: si potrebbe pensare che capiti solo in Italia se non passa la legge, anche per difficoltà organizzativi. Israele: gli emigrati di seconda generazione parlano poco italiano e non hanno più il passaporto italiano, quindi non sono interessati al voto. I nuovi manager di recente immigrazione vorrebbero poter votare. Russia: le opinioni sulla mancata legge possono essere diverse. Molti penseranno che succede solo in Italia. Cina: è normale che non si abbia il voto all´estero anche se gli emigrati non sono molto seguiti dai partiti. L´identikit dell´impresa italiana nel mondo. Tra le imprese iscritte presso le Camere di Commercio italiane all´estero il 41,9% sono imprese locali e tra queste oltre la metà operano nei servizi, il 26,1% sono state fondate da italiani, e si ripartiscono tra industria, servizi e commercio in modo abbastanza uniforme con una leggera prevalenza dei primi due settori, il 6,5% sono emanazioni di aziende italiane, e quasi la metà operano nei servizi, il 4,3% sono uffici di rappresentanza di aziende italiane che operano per il 65% sempre nei servizi. In Europa vi sono il 40,4% di imprese iscritte nelle Camere italiane all´estero a fronte di un 38% di emigrati italiani (1 9 milioni), in Nordamerica sono il 1 0,9% a fronte dei 26% di emigrati (13 milioni), in America Latina il 23,1% contro il 34% di emigrati (17 milioni), in Asia il 7,6% contro una percentuale praticamente nulla di emigrati, in Africa l´l % contro una percentuale nulla di emigrati, in Oceania il 17% contro un 2% di emigrati (l milione). Il 2,48% delle imprese iscritte alle Camere italiane all´estero si è associato palma del ´69, il 2,52% negli anni ´60, il 7,62% nei ´70, il 47,5% negli ´80 e il 10,8% nei ´90. Delle imprese iscritte nelle Camere italiane all´estero il 5% ha solo 1 o 2 dipendenti, il 17% tra 3 e 9, il 23% tra 1 0 e 49, il 5% tra 50 e 99, il 7% tra 1 00 e 499, il 2% tra 500 e 999, il 3% tra 1. 000 e 10. 000, l´l% oltre 10. 000. Il 26% lavora nei servizi, 10% è impegnato in lavorazioni industriali, il 9,@45 nel commercio all´ingrosso, il 6% nel credito, il 5% nel tessile, il 4% nelle costruzioni, sempre il 4% nei trasporti, e ancora il 45 nell´agroalimentare. Per un terzo degli imprenditori la quota di fatturato derivante dai rapporti con l´Italia è tra 1 e 10%, per il 4% tra 11 e 20%, per l´8,1% oltre il 40%. L´emigrazione italiana all´estero è stabile in Israele, India, Cina, Australia, Giappone, in aumento in Egitto, Tunisia, Brasile, Usa, in diminuzione in Argentina, Venezuela, Canada, Marocco. Il nuovo emigrante è imprenditore (52%), manager (33%), libero professionista (15%), ma non più impiegato e prestatore d´opera. La "business community´ italiana all´estero tende a fare affari con la madrepatria molto (22% con percentuali elevate in Cina, Australia, Russia), abbastanza (64% e questo dato si rileva in Tunisia, Argentina, Brasile, Israele, India, Giappone, Usa, Canada, Marocco), non molto (1 4%, soprattutto in Venezuela, Egitto). . .  
   
 

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