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Notiziario Marketpress di Giovedì 19 Ottobre 2006
 
   
  OCCHIOMAGICO INTERIORS GALLERIA BELVEDERE

 
   
  Milano, 19 ottobre 2006 - Giancarlo Maiocchi è un autore che si potrebbe definire come un artista prestato alla fotografia per le scelte compiute nell’utilizzo di questo mezzo, oppure un autentico fotografo proprio per la sua capacità di scavare in profondità fino a cogliere l’essenza dell’immagine e la sua sorprendente complessità. Formatosi in quell’autentica fucina di talenti che è stata la scuola dell’Umanitaria negli anni Sessanta, è subito suggestionato dal clima di quel tempo. Da questo crogiuolo di stimoli nasce il Giancarlo Maiocchi artista e fotografo: nel 1971 conosce a una festa un bancario inquieto amante della scienza e delle novità come Ambrogio Beretta e insieme fondano uno studio il cui nome, Occhiomagico, in perfetto stile dadaista, è rubato a un oggetto d’uso comune eppure carico di fascino visivo, capace di trasformare un ballatoio nel paese delle meraviglie di Alice. Ora che Occhiomagico è solo Giancarlo Maiocchi – o forse è il contrario – nulla è cambiato nella sua capacità di allargare la visione fino a comprendere i più diversi aspetti artistici, nel suo gusto di spiazzare lo spettatore: come quando nel 1978 presentò alla galleria Il Diaframma “La Porta di Niépce”, non una classica mostra ma un solo monolito di cristallo contenente un negativo e due stampe, una a colore e una in bianconero. Per quanto non sia stato mai fermo nella sua incessante ricerca, Occhiomagico ha mantenuto una straordinaria coerenza di fondo così che molte sue immagini, se ne venisse cancellata la data di realizzazione, potrebbero essere rimescolate in una diversa sequenza secondo una logica-domino che non gli è estranea: le immagini postmoderne realizzate per le copertine di “Domus” o per i dischi dei Matia Bazar potrebbero essere pubblicate oggi con lo stesso successo ottenuto negli anni Ottanta. Come sempre succede ai veri surrealisti – e Maiocchi lo è autenticamente – l’artista milanese quando descrive il mondo parla in realtà di sé, rivelando le innumerevoli sfaccettature del suo essere come nel bellissimo titolo di una sua ricerca “Io non sono io, evidentemente”. Resta sorprendente, sempre, quello che Occhiomagico riesce a fare con la dimensione del tempo che di volta in volta ribalta nel futuro o fa vibrare come una corda tesa fra il passato e il presente. Succede quando reinterpreta le più famose opere dei grandi autori della fotografia: più che copiare, fa sue la mangiatrice di spade di Diane Arbus e la schiena di Kiki trasformata da Man Ray in “Le Violon d’Ingres”, la prostituta di Belloq e il colletto di Outerbridge, per conferire a queste immagini una nuova vitalità. Come diceva Nietzsche, ogni istante si ripete, ogni volta uguale eppure ogni volta diverso. .  
   
 

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