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Notiziario Marketpress di Giovedì 10 Settembre 2009
 
   
  UE, GLI EFFETTI DELLA CRISI IN AFRICA: ´UN MILIARDO DI PERSONE NON SI PUÒ IGNORARE ´

 
   
  Bruxelles, 10 settembre 2009 - La crisi globale non ha certo risparmiato l´Africa. Il Parlamento europeo ha esaminato l´impatto della recessione mondiale sul continente africano con il Presidente della Banca Africana per lo Sviluppo Donald Kaberuka e la professoressa dell´Università di Oxford Ngaire Woods, che ha presentato uno studio sugli aiuti internazionali allo sviluppo nel contesto della crisi. Abbiamo chiesto a Kaberuka quali via d´uscita vede per l´Africa. La risposta è chiara: integrazione regionale, come in Europa. "Siamo 53 Paesi colpiti in diversa maniera dalla crisi, un miliardo di persone non si può ignorare" ha esordito il presidente della Banca Africana per lo Sviluppo davanti ai deputati europei della commissione sviluppo il 3 settembre, spiegando che "il prezzo in caduta libera delle materie prime, il crollo delle esportazioni e la riduzione degli investimenti stranieri hanno portato a una grave ´crisi dello sviluppo". Professor Kaberuka, la recessione ha avuto un impatto sproporzionato sulle economie africane, e ha compromesso gli Obiettivi del Millennio. Cosa bisogna fare per riparare i danni? La crisi è stata una catastrofe per il modo in cui ha colpito anche quei Paesi che erano sulla buona strada. Se guardiamo alla storia dell´Africa negli ultimi 40 anni, molti dei problemi economici avevano una matrice interna. Questa crisi ha un´origine completamente esterna. Quindi, in gran parte, anche la soluzione deve venire da fuori. Da dentro, noi continueremo sulla strada delle riforme, cercheremo di mobilizzare risorse interne, rafforzare il mercato dei capitali, e soprattutto, perseguire nell´integrazione regionale. Ci sono parti dell´Africa, soprattutto la parte orientale, dove l´integrazione regionale e il commercio sono cresciuti notevolmente negli ultimi 10 anni. E vediamo che quei Paesi hanno retto meglio la crisi. E´ una regione che non ha minerali né petrolio, ma ha effettuato riforme coraggiose e rafforzato gli scambi. La nostra principale preoccupazione è mantenere il passo delle riforme e dell´integrazione regionale. Cosa fa la Banca Africana per lo Sviluppo, per aiutare la gente in questa ´crisi di sviluppo´? Abbiamo messo un miliardo di dollari a disposizione, perché il commercio continui. Per la Banca Africana sono molti soldi, poi abbiamo concesso una buona quota aggiuntiva di sostegno al bilancio. Ma si tratta di soldi anticipati dai prossimi anni, per cui è indispensabile che ci siano risorse aggiuntive nel futuro. Abbiamo ripreso molti progetti abbandonati a causa della dell´interruzione dei finanziamenti europei e americani, per il valore di circa 3,1 miliardi, in gran parte progetti infrastrutturali. Infine stiamo lavorando con il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale per aiutare dal punto di vista tecnico quei Paesi che non sono in grado di affrontare la crisi con politiche quali una migliore regolamentazione delle banche. Le materie prime si rivelano spesso una maledizione più che una ricchezza. Quali altri settori possono sostenere le economie africane? La diversificazione delle nostre economie è stata lenta. Per questo abbiamo promosso dei prestiti mirati alla diversificazione, per esempio in Botswana per diminuire la dipendenza dai diamanti o in Zambia quella dal rame. Non possiamo essere un continente che dipende a vita dalle materie prime. Quindi bisogna investire in infrastrutture, capacità, e a sostegno al settore privato, e questa è la nostra strategia. Poi, ripeto, l´integrazione regionale. I due terzi degli africani vivono solo in 8 Paesi. Gli altri sono piccoli, sono Paesi fra uno e 10 milioni di abitanti, ci sono Stati che non raggiungono nemmeno i 500. 000. Non si può avere un mercato diversificato in Paesi così piccoli, per questo l´integrazione regionale è cruciale. Come ex-Ministro delle Finanze del Ruanda, quali strumenti finanziari crede possano aiutare quei Paesi in situazione di conflitto o post-conflitto a rinascere? Oggi a parte Somalia e Sudan, molte regioni del continente sono in pace. Ora dobbiamo costruire la fiducia. E come banca, pensiamo che il modo migliore è incoraggiare i Paesi verso la cooperazione economica. Pensiamo all´Europa negli ultimi 100 anni, avete avuto conflitti sanguinosi. All´inizio la via d´uscita è stata la cooperazione nei settori del carbone, dell´acciaio e dell´agricoltura. Dobbiamo andare verso la condivisione di attività e risorse, che rendono gli stakeholders interdipendenti a livello regionale. E´ quello che stiamo facendo nella regione dei Grandi Laghi. Quando la gente condivide le ferrovie, il carbone o l´acciaio, la possibilità di conflitti è ridotta. .  
   
 

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