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Notiziario Marketpress di Mercoledì 16 Settembre 2009
 
   
  INDAGINE CONGIUNTURALE SULLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE DEL LAZIO I SEMESTRE 2009 SINTESI

 
   
   Roma, 16 Settembre 2009 - Nella batteria di dati economici progressivamente negativi che hanno connotato il primo semestre 2009 si inserisce la stima sul Pil 2009 diffusa a metà luglio dal Dpef, che prevede una diminuzione tale (-5,2%[1]) da rendere persino desiderabile la contrazione registrata nel 2008 (-1,0%). C’è comunque un generale accordo sull’affidare alla seconda parte del 2010 le possibilità di uscita dal tunnel di cifre negative, ma senza exploit degni di nota. Si tratta difatti di recuperi con lo “zero virgola” che denotano un rallentamento della crisi ma non una compensazione delle perdite subite. Per quanto concerne lo scenario regionale, con riferimento alla ricchezza prodotta dal Lazio l’unico dato disponibile al momento della redazione del presente rapporto è la stima sul valore aggiunto. In attesa della diffusione dei dati definitivi sul Pil regionale del 2008, e le conseguenti stime per il 2009, la comparazione è stata dunque effettuata considerando l’andamento del valore aggiunto previsto. Per il periodo 2009-2010, rispetto al dato nazionale, il tasso di crescita del valore aggiunto, nonostante la contrazione prevista, è stimato al -1,3% per il Lazio ed al -1,6% per l’Italia (Tav. 1. 9). Tav. 1. 9 – Andamento del valore aggiunto (tassi di crescita medi annui del periodo).
2006-2008 2009-2010
Lazio 1,3 -1,3
Italia 0,9 -1,6
Fonte: Unioncamere – Prometeia, Scenari di sviluppo delle economie locali italiane. Passando a considerare la demografia delle imprese nel secondo trimestre 2009, possiamo dire che le conseguenze della crisi hanno sì, eroso i tassi di crescita, senza però renderli negativi nel confronto con lo stesso periodo del 2008 (0,51% rispetto al precedente 0,68% per il Lazio). Tav. 1. 10- Lazio: demografia delle imprese nel 2° trimestre 2009
Tutti settori Registrate Attive Iscrizioni Cessazioni Saldo Tax crescita Tax natalità Tax mortalità
Frosinone 45. 017 38. 628 722 492 230 0,50 1,57 1,07
Latina 57. 712 48. 029 1. 065 689 376 0,66 1,86 1,21
Rieti 15. 220 13. 264 315 178 137 0,90 2,08 1,19
Roma 430. 953 325. 084 6. 903 4. 868 2. 035 0,48 1,61 1,14
Viterbo 38. 168 34. 347 648 437 211 0,55 1,70 1,15
Lazio 587. 070 459. 352 9. 653 6. 664 2. 989 0,51 1,65 1,15
Italia 6. 087. 831 5. 295. 471 97. 841 69. 835 28. 006 0,46 1,60 1,24
Fonte: elaborazioni Ufficio Studi Federlazio su dati Movimprese. Sul fronte del commercio con l’estero, nei primi cinque mesi del 2009 le esportazioni e le importazioni del Lazio (Tav. 1. 12) sono, rispettivamente, diminuite del -17,5% e del -12,5%. La flessione maggiore dell’export è stata registrata sul mercato Extra Unione Europea con un -21,5%, rispetto al –14,5% rilevato per l’area Unione Europea. La quota di beni e servizi esportati dal Lazio sul totale nazionale esportato, nel confronto con lo stesso periodo del 2008, è pari al 4,2% dal precedente 3,8%. Tav. 1. 12 - Lazio: import-export nei primi cinque mesi del 2009. (quote e variazioni %)
Variazioni Percentuali
Mondo Ue 27 Extra Ue 27
Gen-mag09/ Gen-mag08 Gen-mag09/ Gen-mag08 Gen-mag09/ Gen-mag08
Import Export Import Export Import Export
Viterbo -16,4 -27,8 -17,1 -34,3 -15,3 -16,6
Rieti -36,0 -52,7 -33,8 -14,2 -42,7 -85,3
Roma -13,4 -22,7 -1,2 -21,7 -29,1 -23,5
Latina -4,2 -4,6 0,1 -1,4 -15,0 -11,2
Frosinone -13,4 -13,5 0,6 -15,2 -34,9 -6,6
Lazio -12,5 -17,5 -1,4 -14,5 -28,2 -21,5
Fonte: elaborazioni Ufficio Studi Federlazio su dati Istat. Dati cumulati. Infine, abbiamo considerato l’andamento della cassa integrazione guadagni, il cui monte ore accordato nell’industria del Lazio ha subito, nel primo semestre 2009, una crescita esponenziale. La Cig Ordinaria è infatti aumentata del 575,8% (anche se resta inferiore all’805,7% registrato a livello nazionale), mentre la Cig straordinaria è aumentata del 294,7%, superando il dato nazionale, pari al 94,7%. Dal quadro qui sommariamente descritto sulla base delle fonti istituzionali, passiamo ora ai risultati della nostra indagine, svolta su un campione di 350 aziende associate, e relativa al primo semestre 2009. Cominciamo dagli ordinativi totali ricevuti dalle imprese nella prima parte del 2009 . Nel confronto col secondo semestre 2008 il saldo di opinione, inteso come differenza tra risposte con valenza positiva e risposte con valenza negativa, sempre negativo, subisce una ulteriore diminuzione, da -26 a -30 ed il suo andamento si conferma decrescente per il quarto semestre consecutivo. Un peggioramento senza eccezioni, in quanto abbraccia l’andamento del saldo d’opinioni rilevato sul mercato sia domestico sia estero con una diminuzione che, però, è forse più intensa rispetto alle attese nel caso dell’area europea . Per quel che concerne il fatturato totale, il saldo negativo continua a ridursi robustamente passando da -19 a -31. Per la produzione invece, si cristallizza il trend decrescente, dato che il saldo di opinioni nel primo semestre 2009 resta a -31 eguagliando quello del semestre precedente. Sul versante degli investimenti , nel primo semestre 2009 è pari al 49,1%, in aumento dal 36,2%, la percentuale di imprese che ha dichiarato di aver investito. La nostra indagine ha rilevato anche le previsioni a breve sui prossimi sei mesi, dalle quali emerge che le attese sugli ordinativi sono ottimistiche nel complesso (il saldo sale a +15 da -7) e per il mercato domestico in particolare, mentre aumenta il pessimismo sul versante estero (Graf. 2. 2). In particolare, le attese sugli ordinativi domestici, mostrano un saldo che cresce, tornando ad assumere un valore positivo (da -8 a +14). Pessimismo diffuso per gli ordini attesi dall’estero, specie dal mercato europeo dove il saldo diminuisce ulteriormente da -2 a -12. Ma la situazione è analoga per le previsioni sui mercati non europei, dove oltretutto il saldo atteso da positivo assume ora valore negativo (da +5 a -3). Abbiamo poi chiesto alle imprese del campione di esprimersi sulla loro previsione di ampliamento dell’organico nei prossimi sei mesi. In questo caso, tali previsioni sembrerebbero migliori dato che il saldo atteso passa da -13 a +3, soprattutto per l’incremento della percentuale di imprese che prevedono un qualche aumento del personale . Infine, per quanto concerne le previsioni d’investimento, il 51,4% delle imprese prevede di fare investimenti nel secondo semestre 2009. Si tratta di una percentuale che, pur se ancora superiore alla metà delle imprese del campione, è in attenuazione rispetto alle due precedenti indagini (53,2% nel secondo semestre 2008 e 59,1% nel primo semestre 2008). I dati emersi dall’indagine Federlazio sono stati poi sottoposti ad un’analisi per settore, da cui si evince che, per quanto concerne gli ordinativi, nel primo semestre 2009 per quasi tutti i settori il saldo è negativo, anche robustamente, e con valori peggiori rispetto alla media del campione, come nel caso del settore chimico, tessile ed informatica. Volendo ritenere un’eccezione positiva la presenza di un saldo tendente allo zero, essa si verifica solo nel settore del legno. Quanto alle previsioni sugli ordinativi nei prossimi sei mesi, emerge un cauto ottimismo che permea quasi tutti i settori considerati, con attese più “rosee” nel settore informatico, chimico e edile. L’unica nota discordante è la previsione negativa formulata dalle imprese del settore del legno. Riguardo all’andamento dell’occupazione, dove il saldo è lievemente peggiorato da -5 a -6, i saldi di opinione risultano un po’ più positivi nei settori agroalimentare e grafico-editoriale; lo sono moderatamente nei settori informatica ed edilizia ma risultano robustamente negativi nei settori tessile e chimico. Per quanto concerne le intenzioni di assumere se nel secondo semestre 2009 è solo il settore legno che prevede di ridurre l’occupazione, sono comunque pochi quelli che mostrano saldi positivi. Si tratta, in particolare, delle imprese del settore agroalimentare ed edilizia, metalmeccanico ed informatica. I restanti settori hanno intenzione di mantenere inalterata l’occupazione. Infine, sul versante degli investimenti, nel primo semestre 2009, le imprese dei settori chimico e grafico editoriale si distinguono per percentuali di intensità superiore alla media (49,1%), mentre si distanziano da essa le imprese del settore edile. Da ultimo, abbiamo invitato gli imprenditori del campione a segnalare le principali problematiche che, a loro avviso, avrebbero influenzato più negativamente l’attività della propria azienda nel primo semestre 2009. Il 45,9% delle imprese ha indicato nella “insufficienza della domanda” la problematica maggiormente riscontrata nella prima parte dell’anno, seguita dal “ritardo dei pagamenti” da parte dei committenti, selezionato nel 27,3% dei casi. Invece, nell’ambito del 30,7% delle imprese che ha indicato genericamente “altri motivi”, occupa uno spazio sempre più ampio l’insofferenza verso la burocrazia espressa sia in termini di eccessivi oneri complessivi sia come esigenza di semplificazione delle norme. In definitiva, sulla base di quanto emerge dalla nostra indagine, resta difficile pensare alla crisi come ad una fase a tutt’oggi esaurita. Le indicazioni fornite dalle nostre imprese, per quel che riguarda il semestre appena trascorso, disegnano ancora un quadro congiunturale, come abbiamo appena visto, con indici in inequivocabile peggioramento rispetto alla seconda parte del 2008. Il che ci porta a sostenere che la Pmi del Lazio può ancora considerarsi pienamente inserita all’interno della crisi. Se proprio vogliamo cogliere un cenno di apertura o l’affacciarsi di una lieve crepa in un muro che altrimenti si presenta solidamente negativo, possiamo forse coglierli in quelle che sono le aspettative verso il futuro. E qui effettivamente un elemento di dissonanza o di discontinuità con la situazione che è andata maturando nel corso di questa prima parte dell’anno, un anelito di fiducia (o di semplice speranza) che il futuro possa portare un’attenuazione della crisi sembra affacciarsi. Interrogati nella nostra indagine precedente sulle prospettive a breve termine, ad esempio, gli imprenditori avevano allora espresso segnali di forte preoccupazione, percependo il futuro in senso addirittura peggiorativo rispetto al presente. Oggi invece quest’atteggiamento si è modificato e le previsioni su ordini e fatturato per la propria azienda sono più all’insegna dell’ottimismo. Va anche detto che quest’atteggiamento riceve una conferma dalle risposte ad una domanda specifica che abbiamo voluto inserire in questa rilevazione proprio per cercare di cogliere ancor più puntualmente il sentiment dell’imprenditore al di là di quanto registrato dagli indicatori economici. Molto semplicemente abbiamo chiesto all’imprenditore di dirsi d’accordo o meno con alcune affermazioni riguardanti la crisi. Ebbene, più del 60% complessivamente è convinto che “si intravede una luce in fondo al tunnel” o che addirittura “il peggio è ormai passato”, anche se non va dimenticato che il restante 37% è dell’avviso, invece, che “al momento non si intravede alcuna via di uscita” o che addirittura “il peggio deve ancora venire”. Dunque le Pmi, come si vede, si trovano a camminare su un crinale assai stretto, dove è ancora molto facile mettere un piede in fallo e precipitare nel burrone. D’altronde la crisi è stata, e continua tuttora ad essere molto grave tanto da non consentirci affatto di lanciare il cessato allarme. Ci soccorrono in questa considerazione anche le parole del Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, il quale, ancora alla fine di maggio scorso nell’assemblea annuale, affermava: ”A risentire della crisi sono soprattutto le imprese piccole, sotto i 20 addetti. Per quelle che operano in qualità di sub-fornitrici di imprese maggiori, da cui subiscono tagli degli ordinativi e dilazioni nei pagamenti, è a volte a rischio la stessa sopravvivenza”. Non solo, ma anche nel rincorrersi di valutazioni che hanno contrassegnato questa fine di agosto circa la presunta o reale attenuazione della crisi, lo stesso Governatore non mancava di puntualizzare che “non poche imprese, soprattutto quelle più esposte verso gli intermediari finanziari, che avevano avviato prima della crisi una promettente ristrutturazione, colte a metà del guado dal crollo della domanda, potrebbero veder frustrato il loro sforzo di adeguamento organizzativo, tecnologico, di mercato: rischiano la stessa sopravvivenza”. Ecco, in quest’ultima frase è probabilmente racchiuso il nodo essenziale della questione: il rischio sopravvivenza per mancata liquidità. I ritardi di pagamento di grandi imprese e P. A. Creano problemi enormi. Su questo la Regione, sia con la Finanziaria che in sede di assestamento di bilancio, e il Governo, con il recente decreto anticrisi, hanno emanato alcuni provvedimenti che si muovono in questa direzione. Occorre però procedere in maniera ancor più decisa, senza tentennamenti e senza deroghe, in ossequio al principio che le imprese che forniscono beni o servizi alla P. A. Debbono essere pagate entro un mese. A questo proposito però, vorrei solo far notare come a volte si generino delle involontarie incongruenze nell’azione pubblica come quando da un lato si introducono misure volte a ridare ossigeno alle imprese – come è il caso della moratoria sui debiti delle Pmi nei confronti del sistema bancario – dall’altro troviamo la norma che impone alle amministrazioni pubbliche di bloccare i pagamenti al di sopra dei 10. 000 euro, nei casi in cui il creditore risulti inadempiente di una o più cartelle di pagamento di ammontare pari o superiore. Tutto questo per dire che forse basterebbe che le imprese fornitrici della P. A. Potessero ottenere tempestivamente lo smobilizzo dei propri crediti, o che si potesse procedere a forme di compensazione fra crediti e debiti nei confronti della P. A. , e si sarebbe già fatto molto per rispondere anche al loro fabbisogno di liquidità. In buona sostanza possiamo dire che le Pmi in questo momento sono come sospese tra un presente inequivocabilmente nero e un futuro – si spera – con tonalità almeno un po’ più grigie. Per uscire da questo tunnel e raggiungere quella che ad una parte delle imprese appare come una luce per quanto debole in fondo; ovvero per capire se ciò che queste imprese esprimono è lungimiranza, fiducia o più semplicemente speranza irrazionale, occorrerà ancora attendere che passi questo autunno. Dopodiché forse si potranno formulare linee di tendenza con qualche ragionevole certezza in più. Nel frattempo le istituzioni non dovranno far mancare al sistema produttivo il loro supporto in termini di azioni per lo sviluppo. Proprio a tale riguardo, dei problemi dei pagamenti e dell’accesso al credito abbiamo già detto. Bisogna altresì che le amministrazioni avviino senza indugi una stagione di rilancio e riqualificazione dell’assetto infrastrutturale, che riguardi l’intero territorio regionale in una logica di tendenziale ricomposizione degli storici squilibri tra l’area romana e le restanti province. In questo senso pensiamo alla necessità di accelerare sull’aeroporto di Viterbo e sul connesso sistema della viabilità; alla realizzazione del polo logistico di Passo Corese e al raddoppio della Salaria; all’Aeroporto di Frosinone e all’autostrada Roma- Latina, solo per citare alcune delle opere indispensabili. Occorre che le amministrazioni sostengano sia i settori industriali che il terziario di qualità, che è supporto e traino al tempo stesso dei primi. Bisogna che la stessa pubblica amministrazione, nelle sue diverse articolazioni, si renda protagonista attiva di un grande sforzo di ammodernamento organizzativo, facendosi essa stessa soggetto di una domanda di innovazione da convogliare sul sistema produttivo locale, trasferendo a quest’ultimo un impulso concreto a crescere proprio in questa direzione. Bisogna che il tema dell’energia e in particolare quello delle fonti rinnovabili con sempre più forza venga posto al centro delle politiche della Regione, ma anche declinato sulla realtà della Pmi, per evitare che anche su questo terreno possano riproporsi dualismi tra grande impresa da un lato e Pmi dall’altro, che poi si traducono inevitabilmente con la penalizzazione di quest’ultima. Bisogna infine che le imprese non siano “timide” nella loro attività di penetrazione sui mercati internazionali. La nostra indagine ha mostrato che uno degli effetti di questa crisi è proprio il ridimensionamento dello spazio occupato dal mercato estero nel mix della domanda che si rivolge alle nostre imprese. Questo non deve indurre però ad una chiusura ma anzi deve spingere le imprese ad intensificare ulteriormente gli sforzi in questa direzione, anche perché a questa strada non vi sono alternative e alla crisi bisogna rispondere non ripiegandosi all’interno ma rilanciando verso l’estero. Anche in questo caso è evidente che il sistema della Pmi non potrà fare molto se non sarà adeguatamente supportato dalle politiche regionali. La Regione su questo non è stata ferma e si è dotata di una legge sull’internazionalizzazione. Ma occorre essere sempre “sulla palla”. L’emanazione di una legge rappresenta sempre un primo indispensabile passo. Occorre però dotare la legge di adeguata dotazione finanziaria ed essere pronti ad apportare tutti gli eventuali aggiustamenti in corsa che dovessero rendersi necessari sulla base dell’esperienza e delle valutazioni fornite dagli stessi operatori. Se le istituzioni sapranno adeguatamente sostenere le imprese nelle strategie di uscita dalla crisi che ciascuna di loro sta singolarmente mettendo in atto, allora aumenteranno le probabilità che quella che oggi appare solo una flebile luce non si riveli un miraggio ma ci dica realmente che si è vicini all’uscita. In caso contrario, le aspettative delle imprese, come sovente è accaduto in passato, saranno ancora una volta cancellate e con loro, purtroppo, anche la speranza e la fiducia. .
 
   
 

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