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Notiziario Marketpress di Martedì 22 Settembre 2009
 
   
  AL TEATRO MANZONI DI MILANO UNA STAGIONE CHE ALTERNA SPETTACOLI CLASSICI E APPUNTAMENTI CON IL DIVERTISSEMENT.

 
   
  Milano, 22 settembre 2009 - Per la stagione teatrale 2009-2010 il programma alterna come di consuetudine spettacoli classici e appuntamenti con il divertissement. Il criterio dell’alternanza si basa sulla contrapposizione tra il recupero di pagine memorabili della scena internazionale e il varo di novità assolute, come traspare già nell’incipit che fa seguire all’inaugurale proposta di un’icona del teatro del Novecento una nuova commedia dell’autrice-regista Cristina Comencini. Scritto e rappresentato per la prima volta a Mosca nel 1945 e l’anno dopo a Londra da una Compagnia in cui figurava il giovanissimo Alec Guinnes, “Un ispettore in casa Birling” di John Boynton Priestley arrivò sulle scene italiane nel 1947 con la regia di Orazio Costa, protagonisti Salvo Randone e Camillo Pilotto, e venne ripreso nel 1986 da Sandro Sequi per Aroldo Tieri, Giuliana Lojodice, Mino Bellei. L’apparizione di un ispettore di polizia durante una festa di fidanzamento mette a disagio una famiglia benpensante inglese rivelandone le debolezze e i compromessi. Adesso sono Paolo Ferrari e Andrea Giordana con Crescenza Guarnieri e la regia di Giancarlo Sepe a rinverdire la trama complicata da un delitto che è costato la vita a una giovane donna. Un’altra famiglia in crisi è al centro di “Est Ovest” in cui l’autrice di “Due partite” e candidata all’Oscar per “La bestia nel cuore”, ricostruisce la festa per gli ottanta anni di nonna Letizia, assistita da una badante ucraina e sfruttata da figli e nipoti che mirano a impossessarsi anzi tempo degli ultimi beni dell’ottuagenaria. Ma l’elemento cruciale della vicenda è costituito dal confronto di due solitudini: quella dell’anziana signora in balia degli eredi e quella della badante costretta all’estero dalla povertà del suo paese di origine. A interpretare la novità della Comencini sono l’intramontabile Rossella Falk, la giovane Daniela Piperno, nonchè Luciano Virgilio e Claudio Bigagli. Un assolo di Gianfranco Jannuzzo costituisce il terzo appuntamento stagionale che in “Girgenti amore mio…”, scritto assieme ad Angelo Callipo, scioglie un inno alla natia Agrigento, richiamandola con il nome dei memori genitori. Nell’exploit di Jannuzzo, affidatosi alla regia di Pino Quartullo, prendono forza non soltanto il gusto spregiudicato dell’inconfondibile “humour” locale, ma anche la topografia labirintica della città, resa viva e palpitante dall’evocazione appassionata dell’interprete di “Liolà” e di “Nord & Sud”. L’antica Agrigento non è soltanto eletta a simbolo della Sicilia, ma nel canto accorato del protagonista assurge a emblema di tutte le città del mondo innalzate a simbolo dell’amore per la propria terra. A seguire lo spregiudicato interno de “L’appartamento” di Billy Wilder e I. A. L. Diamond nell’adattamento di Edoardo Erba e di Massimo Dapporto. La versione teatrale del famoso film del 1960 con Jack Lemmon e Shirley Maclaine ha per protagonisti Massimo Dapporto e Benedicta Boccoli. La simpatica e spregiudicata vicenda ripropone, con la regia di Patrick Rossi Gastaldi, la spericolata disponibilità di un arrembante impiegato che per far carriera dà la possibilità agli altrettanto spregiudicati superiori di usufruire del suo appartamento per i loro incontri galanti. Salvo scoprire che la disinvolta partner dei suoi “soci” non è che la galeotta ragazza dei suoi sogni. L’allestimento teatrale di “Dona Flor e i suoi due mariti”, liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Jorge Amado del 1966, si ispira al film di Bruno Barreto (1977), protagonista Sonia Braga nel ruolo inquietante di una giovane donna di Bahia che alla morte del marito, adorabile giocatore e sciupafemmine, si riaccasa con un tranquillo farmacista e scopre ben presto di aver la necessità di conciliare la serena disponibilità del secondo marito con la passionalità e l’erotismo dell’intramontabile predecessore. Con la regia e la rielaborazione scenica di Emanuela Giordano sono Caterina Murino, Paolo Calabresi e Pietro Sermonti con Valeria D’obici a impersonare i protagonisti dell’esilarante e struggente metafora brasiliana. Ispirato alla metropoli vesuviana dell’immediato dopoguerra è il film “L’oro di Napoli” che nel 1954 Vittorio De Sica trasse da sei racconti dell’omonimo libro di Giuseppe Marotta, interpretato dal gotha attorale che trascorre da Totò a Sophia Loren, da Silvana Mangano a Eduardo De Filippo, allo stesso De Sica. Ma nell’odierno adattamento teatrale di Armando Pugliese e Gianfelice Imparato, con musiche di Nicola Piovani, si ripropone una ricomposizione totalmente nuova dei racconti marottiani affidati all’interpretazione di Gianfelice Imparato, Luisa Ranieri, Valerio Santoro, per raccontare le storie dolenti, comiche e tragiche di una miriade di personaggi di un unico di quei palazzoni di cui pullula il centro storico di Napoli. Il penultimo appuntamento della stagione è con “Rumors” di Neil Simon affidato alla coppia Zuzzurro e Gaspare e alla regia di Massimo Chiesa. Scritta nel 1988, “Rumors” non significa “rumori”, ma pettegolezzi ed è una farsa infernale in cui il clou della vicenda è costituito dall’assenza del vicesindaco di New York e della moglie alla festa per il loro anniversario di matrimonio. Nulla a che vedere con “Rumori fuori scena” di Michael Frayn in cui si cimentarono gli stessi Andrea Brambilla e Nino Formicola. “Rumors” è un comico affresco dell’alta borghesia di New York, andato in scena a Broadway nel 1988 e ripreso l’anno dopo in Italia da Gianfranco De Bosio per Giuseppe Pambieri, Lia Tanzi, Riccardo Peroni, infine riproposto nel 2000 dagli Attori e Tecnici di Attilio Corsini. A concludere “La strada”, un dramma, con musiche di Germano Mazzocchetti, tratto dall’omonimo film di Federico Fellini premiato con l’Oscar nel 1954. Nella versione teatrale si misurarono nel 1999 Fabio Testi e Rita Pavone diretti da Filippo Crivelli. Oggi sono Massimo Venturiello e la cantante Tosca a impersonare il girovago Zampanò e l’ingenua e clownesca Gelsomina. Tra loro non c’è dialogo: la diffidenza, il cinismo, l’incomunicabilità sono la colonna sonora della loro esistenza condotta ai margini della società e della civiltà. Attorno ruota un’umanità altrettanto degradata e marginale, cinica, diffidente e povera, fatta di uomini che ancora oggi troviamo nelle nostre metropoli, vicinissimi a noi eppure invisibili, ignorati e allontanati. .  
   
 

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