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Notiziario Marketpress di Lunedì 23 Ottobre 2006
 
   
  CONVEGNO: DARE UN FUTURO ALLE OPPORTUNITÀ: LA FILANTROPIA, LE MIGLIORI ESPERIENZE INTERNAZIONALI WILHELM KRULL, PRESIDENTE EUROPEAN FOUNDATION CENTER E PRESIDENTE VOLKSWAGEN STIFTUNG, HANNOVER

 
   
  Milano, 23 ottobre 2006 - La Fondazione Cariplo celebrato i suoi primi quindici anni con convegno internazionale svoltosi il 19 e 20 ottobre, al Centro Congressi di Via Romagnosi, a Milano. Sono state due giornate interamente dedicate ai temi della filantropia e alla presentazione delle esperienze internazionali. Numerosi gli argomenti trattati dai relatori di seguito alcune relazioni a cominciare da Wilhelm Krull, Presidente European Foundation Center e Presidente Volkswagen Stiftung, Hannover che si è soffermato sul tema: “Culture di creatività e il futuro della ricerca in Europa – il ruolo dei donatori privati e delle Fondazioni” In un mondo caratterizzato da una rapida globalizzazione e da interdipendenze, si stanno sviluppando, in Europa, nuove sfide e si stanno aprendo nuove opportunità (ndr: Duiamo un futuro alle opportunità, titolo del convegno). Per costruire con successo una società europea basata sulla conoscenza, è necessario migliorare la qualità della ricerca di base, rafforzare le dinamiche strutturali dei sistemi di innovazione e delle ricerche e supportare studi in aree accuratamente scelte. Combinando un certo livello di rischio con un elevato grado di flessibilità, e con una documentazione provata che ne certifichi la qualità, le fondazioni possono ispirare, sostenere e incoraggiare sia istituzioni sia singoli individui a costruire o a riconfigurare le proprie ricerche sull’ambiente esterno e ad introdurre elementi innovativi. L’apertura mentale per “nuove idee” non è solo richiesta per coloro che le producono, ma anche per coloro che sono destinati ad accoglierle. La disposizione ad ascoltare voci indipendenti provenienti sia dal proprio gruppo sia dall’esterno, ad assumere posizioni rischiose in aree sconosciute, e a creare un clima di scambi reciproci sono i prerequisiti necessari per creare con successo la “cultura della creatività”. E’ necessaria una politica delle risorse umane innovativa. Vi sono nuove opportunità: ad esempio, le erogazioni nelle zone di confine e la capacità di costruire, nel lungo periodo, le maggiori sfide per supportare e implementare i cambiamenti; vi sono però alcuni limiti e limitazioni delle fondazioni… Emilio Rui Vilar, Presidente Fundacao Calouste Gulbenkian, Lisbona: “I cambiamenti organizzativi, l’esperienza della Fundacao Calouste Gulbenkian” Con la sua costituzione come istituzione stabile e con competenze formali in quattro aree – arte, educazione, scienza e beneficenza – Calouste Gulbenkian ha rivelato una insolita capacità di comprendere il futuro. Un’istituzione che voglia resistere, deve essere in grado di beneficiare di tutte quelle circostanze che le permettano di adattarsi e di evolversi in rapporto ai cambiamenti della società e del mondo. Gli operatori della Fondazione hanno il compito di selezionare i target, di definire le priorità, di valutare e, quando possibile, di anticipare il futuro, in ogni momento. La Fondazione Calouste Gulbenkian, essendo una fondazione sia operativa che erogatrice, ha affrontato complessi e difficili cambiamenti nel management in questi ultimi 50 anni; ha dovuto affrontare una forte resistenza, sia interna sia esterna, al cambiamento. Le strategie su cui ha fatto affidamento la Fondazione Calouste Gulbenkian per superare questa resistenza al cambiamento comprendono: il rafforzamento della struttura governativa, il ridimensionamento dei costi fissi, la promozione di progetti innovativi, l’inserimento di nuove aree di intervento (Ambiente e Immigrazione), lo sviluppo di nuove soluzioni che abbiano effetti provati sui problemi esistenti, l’ascolto degli “stakeholders” , il continuo monitoraggio dei progetti e dei programmi, e la costruzione di partnership, nazionali e internazionali, allo scopo di sviluppare una Fondazione più fortemente “in rete”. Gli interventi della Fondazione si possono attualmente semplificare in quattro linee principali: 1) promozione dello sviluppo individuale e sostegno nell’inserimento sociale; 2) capacità di costruire e mobilizzare organizzazioni civili; 3) aumento della conoscenza e sua diffusione; 4) creazione di centri di eccellenza. Domenico Bodega, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano “Organizzazione e maturita’ manageriale: una ricerca sulle fondazioni italiane di origine bancaria” Le fondazioni italiane di origine bancaria presentano potenzialità non sempre efficacemente valorizzate. Questa osservazione induce una riflessione sull’opportunità di sviluppare le capacità e le risorse disponibili, di progettare soluzioni organizzative in funzione delle competenze detenute, di sviluppare le abilità di rinnovare costantemente nel tempo tali competenze, coerentemente all’evoluzione del contesto economico e sociale di riferimento. In questa sede si vogliono evidenziare due punti di riflessione: 1. L’evoluzione delle competenze manageriali, gestionali ed organizzative delle fondazioni italiane di origine bancaria da un processo di isomorfismo istituzionale veicolato da una inerziale dipendenza dal passato verso la ricerca e l’emergere di assetti originali costruiti sulle specificità di finalità filantropiche e 2. Lo sviluppo di alcune condizioni organizzative - relative, in particolare, al processo erogativi - necessarie per favorire una strategia proattiva ed innovativa nell’assumere il ruolo di promotore di progetti e per non limitarsi a quello di sostenitore di attività di terzi. I dati che saranno presentati hanno lo scopo di descrivere una realtà in cambiamento, di interpretare le diversificate competenze ed esperienze di sviluppo organizzativo realizzatesi in questi anni al fine di essere da stimolo per i contesti “in ritardo” su questo percorso di crescita e per affinare sempre di più l’assetto organizzativo interno di quelle fondazioni rivelatesi più dinamiche, fornendo risposte concrete ed indicazioni normative. Le considerazioni che saranno discusse emergono dalle osservazioni e dalle elaborazioni svolte negli ultimi sei anni da un gruppo di ricerca appartenete alle Università di Pavia e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Francesco Merloni: “ La filantropia a sostegno dell’arte” La Mostra “Gentile da Fabriano e l’altro Rinascimento”, che si è svolta a Fabriano tra aprile e luglio di quest’anno, si colloca nella continuità d’iniziative a favore del territorio assunte dalla Fondazione Aristide Merloni lungo gli oltre quaranta anni della sua attività. La Fondazione nasce, infatti, nel 1963, per iniziativa di Aristide Merloni, dotata di un proprio patrimonio e con gli obiettivi statutari di favorire l’avvio di nuove imprese nell’area appenninica delle Marche attraverso interventi finanziari diretti, la partecipazione al capitale di rischio, la ricerca di investitori esterni, la prestazione gratuita di consulenza finanziaria, tecnica e commerciale. Per comprendere lo spirito dell’iniziativa, occorre ricordare come la struttura dell’economia locale era, all’epoca, ancora prevalentemente fondata su un’agricoltura povera, con livelli di reddito e sensibilmente inferiori alla media nazionale e con gravi problemi di disoccupazione, soprattutto per i giovani, costretti ad emigrare in cerca di occasioni di lavoro; un segno evidente di questo malessere era la diminuzione della popolazione, con il conseguente impoverimento del territorio, dell’ambiente sociale, delle sue risorse umane. Le iniziative industriali avviate da Arisitide Merloni, già fin dagli anni Trenta, e in grande sviluppo dopo la Guerra, accendevano speranze di riscatto, avviando, fra l’altro, l’inversione del processo di emigrazione che si sarebbe concluso nel decennio successivo. Tuttavia, fu lo stesso Aristide Merloni a comprendere che, oltre al suo impegno diretto d’industriale, era necessario creare un tessuto imprenditoriale diffuso attraverso strumenti che sostenessero la nascita di nuove imprese e ne accompagnassero la crescita nei primi anni di vita. (…) Con gli anni Settanta, le attività di sostegno divennero meno necessarie in un’economia che ormai era decollata e in un ambiente in cui la cultura imprenditoriale si era profondamente radicata. La Fondazione entra, allora, in una nuova fase, configurandosi come Istituto di Studio e di Ricerca economica e sociale; venne modificato lo Statuto e venne ottenuto, nel 1988, lo status di Ente riconosciuto con Decreto del Presidente della Repubblica. In questa nuova configurazione, vengono attivate collaborazioni con le Università e con le Istituzioni, dando luogo ricerche, convegni di studio, pubblicazioni, attraverso le quali la Fondazione ha assunto un ruolo di primario riferimento nella cultura economica della Regione (…) Gli orientamenti più recenti hanno portato l’attenzione della Fondazione verso il mondo della cultura. Un’indagine svolta in tal senso sul territorio ha dato lo spunto all’iniziativa personale di Francesco Merloni di organizzare una Mostra su Gentile da Fabriano, una decisione che trae origine da alcune specifiche motivazioni (…). Per lungo tempo Gentile è stato trascurato dalla critica, che lo ha spesso relegato fra gli artisti “minori”; con questa Mostra, si è voluto rivalutare la sua figura e restituirgli il posto che merita nella storia dell’arte. (…) L’organizzazione della Mostra ha richiesto tre anni di lavoro. Il risultato è stato che si sono potute esporre un centinaio di opere, tra le quali oltre trentacinque del Maestro fabrianese, insieme a quelle di altri Autori suoi contemporanei o seguaci, come Masaccio, Masolino, Beato Angelico. La realizzazione della Mostra ha comportato la risistemazione e l’attrezzamento del luogo in cui si è svolta, lo Spedale di Santa Maria del Buon Gesù, un monumento quattrocentesco (1456) di eccezionale bellezza (…) Ma ricadute più ampie si sono avute nella riscoperta e nella rivitalizzazione dell’identità artistica e culturale di Fabriano. La Mostra, infatti, ha avuto un successo di pubblico e di critica che è andato oltre le più ottimistiche aspettative; quasi centomila visitatori hanno invaso Fabriano nei tre mesi d’apertura, con conseguenze positive anche sull’economia della città (…) Oggi, quindi, la città industriale ha ritrovato anche la sua vocazione di città d’arte. L’iniziativa della Fondazione Arisitide Merloni si presenta quindi non soltanto come un atto di promozione culturale, ma una nuova forma di servizio al territorio e alla comunità, quale è nella sua tradizione e nella sua costante attività. Vera Chirwa, Women’s voice - Malawi “La difesa dei diritti delle donne e dei bambini in Malati” Il Malawi è uno dei paesi in via di sviluppo dove i tre nemici dell’uomo; povertà, malattia e ignoranza incombono. Questo ha un forte impatto negativo sulla vita dei Malawiani, soprattutto donne a bambini. Tuttavia la carta costituzionale del Malawi stabilisce la protezione di Donne e Bambini (Sezione 13). La sezione 24 stabilisce che le donne hanno pieno e uguale protezione davanti alla legge, e hanno il diritto di non essere discriminate in base al loro sesso o al loro stato coniugale. La sottosezione 2 continua stabilendo che ogni statuto che discrimini donne in base al sesso o allo stato matrimoniale deve essere invalidata e che la legge deve eliminare costumi e usanze che discrimino donne quali: (a) abusi, molestie e violenze sessuali; (b) discriminazioni sul lavoro; (c) privazione dei beni, inclusi quelli ottenuti grazie a un’eredità. La sezione 20 proibisce ogni forma di discriminazione verso persone e garantisce uguale e effettiva protezione contro la discriminazione in campo …sessuale. Sebbene la costituzione preveda la protezione per le donne e per i bambini, da ogni tipo di discriminazione e abuso, sul campo non è esattamente la stessa cosa. Le donne sono ancora discriminate in parecchi modi a l’abuso di donne e bambini è dilagante in Malawi. Sentiamo casi di mariti che amputano entrambe le braccia alla moglie, sentiamo di mariti che uccidono e tagliano le parti intime delle mogli, sentiamo di donne bruciate dai mariti, sentiamo di mariti che strappano gli occhi dalle orbite alle proprie mogli, sentiamo anche di bambini e donne venduti per sesso (…) Women’s Voice e Carer tentano di sensibilizzare le comunità, sia quelle rurali sia quelle periferiche urbane, sugli strumenti ratificati dal Governo e sulle norme approvate dal Governo, così come sulle precauzioni verso le donne e i bambini nella Costituzione del Malawi, attraverso l’attività di assistenti e educatori. Queste organizzazioni svolgono il proprio lavoro in cooperazione con altre associazioni. C’è poi il tema scottante, ancora aperto, che riguarda l’abolizione della pena di morte. Queste due organizzazioni erano il mio sogno divenuto poi realtà quando ero una prigioniera di coscienza nella prigione di Zomba, quando violazioni dei diritti umani, assassini e detenzioni istituzionali da parte del dittatore Presidente Hastings Kamuzu Banda erano all’ordine del giorno. Uomini e donne riempivano le prigioni del Malawi. Anch’io ho vissuto questa drammatica esperienza. Ero molto preoccupata in particolare per le donne e per i bambini, in quanto soggetti più vulnerabili. La sezione femminile del carcere di Zomba era piena di donne con i loro bambini, che ricevevano, come me, i trattamenti peggiori: ammanettati mani e piedi e in regime di isolamento solo perché avevano alzato la loro voce contro il regime di oppressione che violava i diritti umani. Per questo giurai che “se Dio mi avesse liberata dalla schiavitù della prigionia, avrei dedicato la mia vita a lottare per i diritti del popolo Malawiano. Quando uscii di prigione nel 1993, feci proprio quello fondando l’organizzazione Women’s Voice (nel 1993) e Carer Malawi (nel 1994). Un sogno è diventato realtà. Entrambe le organizzazioni promuovono e proteggono i diritti umani aiutando i casi di persone emarginate che non possono pagare le parcelle degli avvocati. I valori dell’organizzazione Women’s Voice sono la dedizione nel promuovere i diritti delle donne, l’onestà nel far corrispondere i fatti alle parole, e la responsabilità verso tutto il popolo. Allo scopo di realizzare questa visione, Women’s Voice ha identificato tre grandi problemi che affliggono le donne. Questi sono: Bassi livelli di conoscenza e consapevolezza dei diritti umani; Crescenti livelli di povertà, malattie e fame, i tre grandi nemici dell’uomo incombono ancora in Malati; La diffusione pandemica di Hiv e Aids sta portando devastanti conseguenze tra le donne e i bambini. Women’s Voice ha cominciato una campagna di sensibilizzazione sui diritti umani e sull’Hiv e sull’Aids in varie aree come Nkhata bay, Mzuzu, Mchinji, Chiradzulu, Mwanza e Ntcheu, Women’s Voice è attiva principalmente nelle aree rurali dove la maggior parte delle donne è analfabeta quindi si utilizzano recite e canzoni per migliorare l’informazione, l’educazione e la comunicazione e per aumentare la diffusione del messaggio sui diritti umani. Noi tutti comprendiamo che le donne sono molto importanti nella nostra società, nessuna nazione può farne a meno. Questo è il motivo per cui tutti, Governo, politici, società civile, religiosi, manager devono impegnarsi a vedere le donne emancipate dalla povertà, dalla marginalizzazione, dalla malattia e dall’ignoranza. Ricordate che se educate una donna, educate una nazione intera, se fate crescere una donna, fate crescere la nazione intera e allo stesso modo, se emancipate una donna, emancipate la nazione intera. Sappiamo anche che nulla è impossibile, con l’amore tutto è possibile. Come fratelli e sorelle diamo un aiuto alle fondazioni comunitarie che necessitano d’aiuto per svolgere il loro lavoro. Per concludere vorrei ringraziare la Fondazione Cariplo per avermi invitato a venire e a prendere parte a questo convegno da cui sono sicura otterrò qualcosa di utile per le donne e i bambini del Malawi. Miloud Oukili e i ragazzi di Bucarest – Fondazione Parada “Mettiamo insieme i nostri saperi e creeremo la bellezza” Ho un grosso naso rosso e sono sempre di buon umore. Chi sono? un pagliaccio con lo sguardo malizioso, Miloud Oukili - clown francese. Una sera pioveva. Io mi ricordo, era tardi, faceva freddo, c´era una stazione, dei bambini. Dopo lo spettacolo uno di loro si è avvicinato lentamente al mio naso, timido, e ha sorriso. Bucarest 1992. Oggi siamo diventati amici. Sulla pista senza proiettore, abbiamo percorso un pezzo di strada insieme. Questa è la parata dei bambini di strada, umida e sporca, dei vagabondi persi nel viaggio, dei libertini selvaggi, talentuosi e fragili. Un sola idea li ossessiona: lasciare la strada ed i suoi pericoli, ma soprattutto trovare la loro identità. Un ruolo che avevamo dimenticato di dargli. Nessuno aveva dedicato loro del tempo per raccontargli una bella storia, la loro propria storia da giocare. Ascoltiamoli. Hanno delle cose da raccontare, Sette colpi, poi tre ! Che il sipario si alzi ! Che inizi lo spettacolo !! E´ nel 1992 che Miloud Oukili ha incontrato i bambini delle strade di Bucarest, quelli che sono scappati da casa, abbandonati o orfani. Non li ha piu lasciati. In collaborazione con le istituzioni che aiutano i bambini, ha sviluppato un programma di iniziazione e di insegnamento delle Arti del circo. E´ il coordinatore del programma Il Bambino, le Arti. Nel 1995 crea la fondazione Parada che ha per vocazione di reinserire i bambini delle strade di Bucarest. Utilizzando gli strumenti artistici, la nostra fondazione vuole provocare nel bambino uno shock, un interesse a partecipare ad una attività, abituarlo a un contatto regolare non violento con gli altri bambini e gli adulti. Cerca di ridargli il gusto di vivere, di inserirsi nella società. Spera di suscitare in lui la voglia di tornare a scuola, nella famiglia o di inserirlo in una struttura adeguata ai suoi bisogni. Vuole dargli i mezzi per affrontare il futuro con sicurezza e con autocontrollo caratteristico del lavoro della gente dello spettacolo. Bernardino Casadei, Responsabile progetto Fondazioni Comunitarie di Fondazione Cariplo “Un’identità problematica: la necessità di ripensare la propria missione” Dalla loro nascita, le fondazioni comunitarie hanno seguito due modelli principali che sono stati incarnati dalla Fondazione di Cleveland e da quella di New York. Mentre l’obiettivo della fondazione dell’Ohio è stato di influenzare le politiche pubbliche così da massimizzare l’impatto delle proprie erogazioni nel definire il benessere della propria comunità, il New York Community Trust è stato descritto come l’aspetto meccanico della filantropia. Ognuno di questi due modelli ha i suoi vantaggi e svantaggi e in questi giorni assistiamo ad un ampio dibattito su quale debba essere il giusto equilibrio fra i desiderio dei donatori e i bisogni della comunità. Dobbiamo però chiederci se il limite di questi due approcci non sia quello di considerare il dono come qualcosa di strumentale (per finanziare i progetti sociali o per soddisfare i desideri dei donatori) e non un fine in se stesso. In altri termini le fondazioni comunitarie devono cercare di definire come veramente promuovere la cultura del dono: come un fine o come un mezzo? Un modo per rispondere a questa domanda è quello di immaginarsi cosa il perseguire questo fine significhi nelle reazioni con i tre principali portatori d’interessi con cui le fondazioni devono confrontarsi: i donatori, gli enti nonprofit e la comunità nel suo complesso. Donare non è semplicemente scrivere un assegno, donare è creare relazioni con altri donatori, con le nonprofit, con i beneficiari ultimi delle erogazioni. La fondazione svolge un ruolo nel trasformare questi doni in relazioni o si limita solamente a soddisfare i bisogni dei donatori? Gli enti nonprofit non si limitano ad erogare servizi. Essi possono essere considerati i catalizzatori della generosità. La fondazione li aiuta a svolgere questa funzione attivando nuove donazioni, non solo in denaro, ma anche in beni e servizi e sottoforma di volontari o si limita a erogare loro soldi e a misurare il valore dei servizi da loro prodotti? Una comunità ideale, non è una comunità senza problemi, ma una comunità in cui ciascuno partecipa alla definizione e realizzazione del bene comune. La fondazione svolge un ruolo nel creare l’infrastruttura sociale necessaria per coinvolgere i cittadini o essa si concentra principalmente nel risolvere singoli problemi? In altri termini per promuovere realmente la cultura del dono le fondazioni devono sviluppare un approccio a tre livelli. Non basta raggiungere la sostenibilità finanziaria o incrementare l’efficienza della propria attività d’erogazione. Ciò di cui c’è veramente bisogno è di chiedersi: stiamo rendendo la nostra comunità più umana, ossia, stiamo contribuendo a creare un luogo in cui ognuno è aiutato nei propri sforzi volti a manifestare la propria generosità in ogni momento della propria vita, anche se a volte si potrebbero trovare modalità più efficienti per raccogliere donazioni o offrire servizi? Rispondendo a questa domanda, le fondazioni comunitarie possono svolgere un ruolo unico nella loro comunità, offrendo una nuova prospettiva in una società in cui troppo spesso la vita ha perso il suo significato e tendiamo a considerare il nostro prossimo più come uno mezzo o un ostacolo per conseguire i nostri obiettivi, invece di pensarlo come un fine del nostro agire. In altri termini si tratta di chiedersi se il valore aggiunto più importante che una fondazione comunitaria può offrire non debba essere cercato nelle donazioni - che è in grado di raccogliere - oppure nelle erogazioni che distribuisce, ma nell’opportunità che essa offre ad ogni cittadino, ricco o povero, di vivere con dignità ed onore, creando, in una giungla dove troppo spesso l’uomo è homo homini lupus , una radura in cui è ancora possibile vivere come una persona umana. Peter deCourcy Hero, Silicon Valley Community Foundation, San Jose, Ca, Usa “Costruire forti fondazioni comunitarie: il donatore come cliente” Quando è stata fondata la prima fondazione comunitaria a Cleveland nel 1914 fu progettata per essere un “libretto dei risparmi della comunità” volto a soddisfarne i bisogni futuri. L’accento fu posto sulla costituzione di un permanente patrimonio disponibile. Il ruolo dei donatori quindi fu quello di donare - durante la vita e dopo la loro morte - alla fondazione alla quale spettava il compito di decidere quali cause supportare. Ora, quasi cento anni dopo, questo paradigma della fondazione comunitaria, è stato completamente modificato. Quello che è cambiato è che il donatore è ora un “utente” chiave della fondazione comunitaria e deve essere coinvolto e motivato se una fondazione intende massimizzare il proprio impatto locale. Solo assistendo in modo creativo i donatori, le Ong e la comunità, le fondazioni possono raggiungere il loro massimo potenziale. Poiché i donatori hanno molte opzioni per donare, il legame con quest’ultimi diviene sempre più importante. La mia presentazione vuole: Discutere gli atteggiamenti caritatevoli, le motivazioni, e il comportamento degli attuali donatori, con un particolare accento sui trend emergenti in Silicon Valley. Gli argomenti includeranno lo sviluppo di strategie del dono, il collegamento tra i donatori per ottenere un effetto leva, le caratteristiche dei più giovani, i nuovi (high –tech) donatori facoltosi, con un’enfasi sulla misurazione dei risultati degli “investimenti caritatevoli”. Esaminare i meccanismi vincenti della fondazione comunitaria per meglio coinvolgere i donatori, i metodi per metterli in relazione con la comunità, e le moderne tecnologie per permettere ai donatori di identificare le aree di intervento più interessanti e quindi trovare l’organizzazione che rispecchi i propri interessi. Fornire una breve considerazione su come la missione delle fondazioni comunitarie di riunire, connettere, e sovvenzionare progetti in un’area/regione precisa possa favorire un maggior coinvolgimento del donatore, promuovendone un impegno civico. Stephen Hammersley, Community Foundation Network, Londra, Uk “La possibilità di un Network Nazionale” La crescita di fondazioni comunitarie è stato un dettaglio significativo dello sviluppo della filantropia nel Regno Unito. Vent’anni fa non c’erano fondazioni comunitarie e oggi ne abbiamo 56 che coprono il 96% della popolazione inglese, con 41 fondazioni comunitarie attualmente classificate tra le principali 500 fondazioni erogative del Regno Unito. Il movimento ha creato nuove opportunità per le persone nel “dare” localmente e ha unito e impegnato persone di ogni tipo nel gestire le necessità che le loro comunità esprimono. Sebbene la crescita di questo network debba molto alla determinazione e alla dedizione dei fondatori e ai dipendenti di ogni fondazione membro, non ci sono dubbi che l’esistenza di un network nazionale (Community Foundation Network) è stato importante per il successo osservato fin’ora. Alcune opportunità nazionali che sono nate grazie al Community Foundation Network e che hanno avuto un profondo impatto sulla filantropia nel Regno Unito: programmi per valorizzare gli investimenti come la Charles Stewart Mott e l’iniziativa “Tempo di crescere” della Esmee Fairbaim, entrambe utili per far comprendere alle fondazioni locali come aiutare i donatori a esplorare nuove e più efficienti vie di beneficenza locale; programmi di contributi nazionali per governo e altre fondazioni che impegnano le persone locali nell’organizzazione di strategie locali e nell’ottenimento dei risultati necessari; la continua capacità di costruire e sviluppare lavoro sintonizzato ai bisogni delle persone e che in mesi recenti ha portato all’introduzione di un programma assicurativo sulla qualità per le fondazioni comunitarie. .  
   
 

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