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Notiziario Marketpress di
Martedì 06 Ottobre 2009 |
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FVG: CANONI ACQUE MINERALI ADEGUATI A QUOTE NAZIONALI
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Trieste - La Corte dei Conti ha aperto un fascicolo di presunto danno erariale a carico della Regione per il mancato adeguamento alle indicazioni nazionali dei canoni di sfruttamento delle sorgenti di acque minerali e termali. Il provvedimento, sgradevole per una Regione virtuosa come il Friuli Venezia Giulia, è alla radice dell´aumento dei canoni stessi, così come previsto dal nuovo regolamento elaborato in proposito dalle direzioni centrali dell´Ambiente e Lavori Pubblici e del Patrimonio e Servizi Generali. Lo ha confermato l´assessore regionale alle Risorse economiche e finanziarie, Sandra Savino, ai rappresentanti delle aziende e degli Enti locali concessionari (Casambiente, Acque minerali Alpe Adria Fonte di Musi, Fonte di Ovaro spa, Goccia di Carnia, Terme di Lusnizza, Bibite San Vito, Monte Cocco, Paradiso, Andromeda, Fonte solforosa di Anduins Siap spa, Sorgente di Val Cimolana, i Comuni di Arta Terme e Monfalcone e la provincia di Gorizia), incontrati questo pomeriggio a Trieste nella sede del Consiglio regionale. L´assessore Savino, anche a nome del collega all´Ambiente Elio De Anna assente per impegni sopraggiunti, ha espresso la piena disponibilità a valutare la situazione e le proposte delle aziende coinvolte, sottoponendo ogni suggerimento all´attenzione del presidente della Regione, Renzo Tondo, ma ha anche evidenziato che l´incremento delle quote è stato deciso da tempo, in sede di Conferenza Stato-regioni, con il "Documento di indirizzo delle Regioni italiane in materia di acque minerali naturali e di sorgente", che recepisce una sentenza della Corte Costituzionale del 2001 ed è stato approvato nel novembre del 2006. Oggi in Friuli Venezia Giulia i canoni per i permessi di ricerca e per le concessioni delle acque minerali, termali e di sorgente vengono determinati solo in funzione della superficie utilizzata (ettaro o frazione di ettaro) e ammontano ancora a 9,92 euro all´anno per i permessi di ricerca ed a 24,79 euro l´anno per le concessioni, ricorda l´assessore, notando che comunque gli importi non possono essere inferiori a 77,47 euro l´anno per i permessi e a 387,34 per le concessioni, secondo la rivalutazione prevista dalla Legge 724/1994. I canoni minimi previsti dal legislatore nazionale prevedono invece una quota di 15 euro per ogni ettaro o frazione di ettaro di superficie interessata dal permesso di ricerca (e comunque complessivamente non inferiore a 300 euro) e di 30 euro per ogni ettaro o frazione di ettaro di superficie concessa (per un canone complessivo non inferiore ai 600 euro). Poiché inoltre il canone dovuto per la concessione è stato commisurato non solo alla superficie da sfruttare, ma anche all´effettivo beneficio economico che il concessionario ottiene, è stato deciso che ogni mille litri (o frazione) imbottigliati, la quota da pagare vari da 1,00 a 2,50 euro. Ed è proprio quest´ultimo, come è risultato dall´incontro di oggi, il ´balzello´ che i concessionari rifiutano, considerandolo troppo oneroso in un momento di crisi economica generalizzata ed estesa quindi anche al loro settore. "Abbiamo stabilito di applicare le quote minime per assolvere l´impegno assunto con la Corte dei Conti e non aumentare troppo i canoni a chi sia già titolare di permessi di ricerca e concessioni - ha dichiarato dal canto suo ai presenti l´assessore Savino - ma ormai non possiamo più esimerci di adeguarci alle linee nazionali di indirizzo". . |
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