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Notiziario Marketpress di Lunedì 23 Ottobre 2006
 
   
  MOSTRA ARGENTI. POMPEI, NAPOLI, TORINO TORINO, MUSEO DI ANTICHITÀ. 25 OTTOBRE 2006 – 4 FEBBRAIO 2007

 
   
   Torino, 23 ottobre 2006 – la città piemontese presenta la grande mostra “Argenti. Pompei, Napoli, Torino”, realizzata per iniziativa del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Campania, promossa e sostenuta dalla Fondazione per l’Arte della Compagnia di San Paolo. La mostra di Torino riprende quella conclusa con grande successo il 2 ottobre al Museo Archeologico Nazionale di Napoli e la completa, oltre che con un nuovo, apposito allestimento, con l’esposizione delle argenterie d’età romana conservate nel Museo di Antichità di Torino: il Tesoro di Marengo e il vasellame appartenente alle col­lezioni sabaude di antichità greco-romane. L’accostamento tra i reperti pompeiani e i preziosi oggetti torinesi offre al visitatore la possibilità di ricostruire un percorso ideale che, da Pompei alle collezioni del Museo Archeologico di Napoli alle collezioni del Museo torinese abbraccia più di tre secoli di storia del grande artigianato artistico antico e introduce alla formazione del gusto e del collezionismo moderni. In tale iniziativa il ruolo della Fondazione per l’Arte della Compagnia di San Paolo è altresì organizzativo, sulla base dell’esperienza maturata con la mostra sul Papiro di Artemidoro, realizzata a Torino nel 2006. Obbiettivo peculiare e specifico della Fondazione è infatti quello di valorizzare le raccolte museali ed in particolare quelle che, pur dotate di pregevoli opere, non sono ancora adeguatamente conosciute dal pubblico. Gli argenti e gli affreschi da Pompei I ritrovamenti di argenterie, rinvenute presso i corpi delle vittime dell’eruzione, in contesti domestici tra le suppellet­tili delle case più abbienti o conservati in luoghi giudicati sicuri sono annotati nella storia degli scavi sia di Pompei che del suo suburbio: si tratta quasi sempre di interessanti e pregiati esemplari di vasellame per bere (argentum po­torium) e di vasellame per mangiare (argentum escarium) o di oggetti legati alle abitudini quotidiane più raffinate, come specchi o utensili da toeletta, appartenenti a quella produzione di argenteria che si colloca cronologicamente tra il primo secolo avanti Cristo e il primo secolo dopo Cristo. L’ampia varietà funzionale e formale documentata si traduce anche nel vasto differenziarsi quantitativo della com­posizione dei servizi d’argento presentati in Mostra, che va da un paio di recipienti alle centinaia di pezzi che com­pongono i tesori. I 260 pezzi provenienti da Pompei documentano come lo stretto rapporto tra ceto del proprietario e sfarzo si declinas­se nella proprietà di servizi del genere, divenuti simboli di stato e, come tali, ambiti da quasi tutte le classi sociali. Aiutano a definire un articolato quadro di insieme i numerosi affreschi ed il ninfeo in pasta vitrea presentati in Mostra, suggerendo all’immaginario del visitatore la ricostruzione dello spazio fisico all’interno del quale gli argenti erano utilizzati nonché le modalità dell’utilizzo stesso. La storia moderna di questo Tesoro inizia nel 1928, in località Spinetta Marengo, presso Alessandria, nelle cui cam­pagne venne casualmente rinvenuto interrato in una fossa. Il complesso occupa un posto preminente nell’argenteria della piena età romana: la presenza del bellissimo busto, in grandezza naturale, dell’imperatore Lucio Vero fornisce un temine per la datazione alla seconda metà del Ii secolo d. C. L’eterogeneità qualitativa, funzionale e cronologica del materiale, il luogo e le condizioni di conservazione al mo­mento del ritrovamento lasciano ipotizzare che anche in questo caso – come per gli argenti da Pompei – sia stato un evento particolare (la fuga precipitosa dopo un saccheggio o, al contrario, il tentativo di preservarli dalla razzia) – a garantirne la conservazione ed il successivo recupero. I 20 oggetti presentati in mostra sono probabilmente pertinenti – assieme ad altri frammenti minori, non esposti – ad un edifico di culto, al cui apparato decorativo potrebbe appartenere una fascia decorata a rilievo con un teoria di divinità e del cui materiale votivo farebbe parte un’iscrizione votiva a Fortuna Melior. Gli argenti delle collezioni sabaude Alle collezioni museali derivate dalle raccolte antiquarie della dinastia Savoia, costituite fin dal Cinquecento, appar­tiene un gruppo di quindici vasi (un vassoio ovale, patere con manico e coppe) quasi tutti decorati a incisione e a sbalzo con motivi figurati e vegetali di origine ellenistica, rielaborati da artisti argentieri tra il I e il Ii/iii secolo d. C. Di origine sconosciuta, questi vasi trovano in parte confronti in argenti romani coevi delle province transalpine (Gal­lia e Germania). Ad essi si aggiunge una pregevole coppa decorata a sbalzo con raffigurazione di Amazzonomachia, rinvenuta alla fine del Settecento nella riva del Po, presso la città romana di Industria – Monteu da Po (Provincia di Torino). .  
   
 

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