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Notiziario Marketpress di Lunedì 12 Ottobre 2009
 
   
  DIBATTITO SULLA LIBERTÀ D´INFORMAZIONE IN ITALIA (3)

 
   
  Bruxelles, 13 ottobre 2009  - Deputati italiani a titolo individuale Gianluca Susta (S&d, It): Signora Presidente, onorevoli colleghi, chi cerca di far passare per anti-italiano, sovversivo, comunista, tutti coloro che chiedono una normativa nel campo della comunicazione e della libertà d´informazione, rispettosa del pluralismo e caratterizzata da una netta separazione tra i destini di chi assume importanti responsabilità istituzionali e il patrimonio che a lui deriva da attività imprenditoriali nel campo dell´editoria e dell´informazione, commette un grave errore che qui, in Europa, non può essere né perdonato, né giustificato, né ammesso. Nei nostri interventi noi non abbiamo mai nominato il presidente del Consiglio. Avremmo potuto ricordare quante testate possiede: 150 in Italia; quante Tv: circa 40. Ma non è questo il problema. Il problema è che il pluralismo dell´informazione – e nell´informazione – è un caposaldo di ogni democrazia liberale e va posto al riparo di ogni logica monopolista, oligopolista e conflitti di interessi. La sovranità di ogni Stato, la riaffermazione che l´Unione europea non è un superstato, signora Commissario Reding, non ci può far dimenticare che l´Unione europea dispone anche di una Carta dei diritti fondamentali, da cui discende un sistema ordinamentale che gli Stati nazionali non possono disattendere. Lei sa che, proprio su questi temi, più volte la Corte di giustizia – sul caso Italia, e non su questioni di sistema, caro onorevole Speroni – si è pronunciata con sentenze tuttora in attesa di attuazione. La globalizzazione dei mercati e il sempre maggior utilizzo dell´etere richiedono ormai una più puntuale normativa europea che disciplini questa delicata materia che tanto incide sul formarsi delle convinzioni dell´opinione pubblica e quindi anche sul principio di sovranità popolare, che è alla base dell´Unione europea e non solo alle fondamenta della Repubblica italiana, nonché sulle modalità con cui questo principio si esercita. Nessuno deve più poter invocare i sacrosanti diritti della maggioranza popolare per giustificare intimidazioni alla libertà di stampa in un contesto fino a ieri di disparità tra il querelante e il querelato – che ciò avvenga in Italia o in Portogallo, come ci è stato ricordato prima – perché questo mina alla base le regole di convivenza che sono alla base dell´Unione. È per questo che occorre con urgenza una direttiva contro le concentrazioni nel settore dell´informazione, che disciplini i rapporti tra chi fa politica e allo stesso tempo controlla importantissimi mezzi d´informazione. Fiorello Provera (Efd, It): Signora Presidente, è curioso che, nel parlare di libertà di espressione in Italia in questa seduta, si sfori continuamente il tempo, censurando in maniera indiretta l´oratore successivo. Cercherò quindi di attenermi strettamente ai tempi concessi. Devo dire che riterrei questa discussione molto più appropriata al Parlamento italiano che non al Parlamento di Bruxelles, a meno che – come ha già affermato qualcuno – non si considerasse di discutere sulla libertà di stampa in generale, cioè nell´ambito del continente europeo. Tuttavia, al di là di quelle che sono le opinioni, credo che valga la pena citare alcuni dati già esposti in precedenza dall´onorevole Speroni, sui quali è opportuno riflettere. Ribadisco che, su 455 sentenze della Corte europea dei diritti dell´uomo per la violazione dell´articolo 10 sulla libertà di espressione, 29 riguardano la Francia, 28 il Regno Unito, 15 la Grecia, 10 la Romania, 8 la Polonia e soltanto 7 l´Italia. Vi prego di riflettere su questi dati. Salvatore Iacolino (Ppe, It): Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, in Italia l´articolo 21 della Costituzione e l´articolo 3 della legge 102 del 2004 definiscono la portata della libertà di stampa e ne descrivono i limiti: essa deve essere obiettiva, completa, leale e imparziale, tutelando sempre la dignità della persona, in linea con i principi sanciti dall´Unione europea. Nell´epoca di Internet e del digitale in cui continuano a nascere nuovi giornali, il servizio pubblico fa sfoggio di programmi dichiaratamente ostili al capo del governo, mentre la stampa e i media inorridiscono per l´azione di risarcimento danni presentata da Silvio Berlusconi nei confronti di due giornali. In concreto, 1. 100 radio, 162 giornali e alcune centinaia di televisioni private non basterebbero a garantire la pluralità dei mezzi d´informazione, che risulterebbero intimiditi dall´iniziativa di Silvio Berlusconi. Viene il sospetto che certo potere mediatico, diventato censorio, ambisca a diventare esso stesso potere politico. Un sistema dove frattanto, in altre parti del mondo, giornali autorevoli come El Pais, The Sun e il Tarin sembrano velocemente modificare i propri orientamenti. Ma la sinistra italiana, piuttosto che dotarsi di una proposta politica, si affida a pezzi del sindacato nazionale dei giornalisti per scendere in piazza,provando - stavolta con interventi coordinati nei tempi - la più sleale e ostinata spallata antidemocratica al governo in carica. Ciononostante, i cittadini mantengono alto il gradimento nei confronti del premier, liberamente scelto dal popolo italiano, fiduciosi che il Parlamento europeo saprà confermare - come avvenuto nel 2004 - che la libertà di stampa è un valore riconosciuto e consolidato. Rita Borsellino (S&d, It): Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, non è mia intenzione, né tantomeno quella del mio gruppo – che ha sostenuto e voluto questa discussione – trasferire a livello europeo diatribe di politica interna italiana. La questione della libertà d´informazione riguarda tutti noi - riguarda l´Unione europea, che può e deve regolare la materia a livello comunitario, al fine di contrastare condizionamenti politici ed economici e di garantire un reale pluralismo dell´informazione. L´anomalia italiana, dove il premier è anche proprietario di alcune tra le più importanti reti private, consiste proprio nell´esistenza di un pericoloso intreccio tra poteri mediatici, politici ed economici. Proprio per questo chiediamo un intervento regolamentare europeo, intervento che – lungi dall´essere un atto di anti-italianità – serva a tutelare il pluralismo dell´informazione, evitando le concentrazioni e il conflitto di interessi. Per questo oggi chiediamo alla Commissione di intervenire al più presto - come ha già chiesto in passato questo Parlamento – al fine di dotare l´Unione europea di norme comuni a tutela della libertà d´informazione di tutti i cittadini europei. Debora Serracchiani (S&d, It): Signora Presidente, sono a conoscenza che lo scorso 30 settembre la Commissione ha presentato uno studio sugli indici di pluralismo dei media negli Stati membri. Ma nel 2008 è stata votata una relazione (relatrice: Marianne Mikko) con la quale si invitavano la Commissione europea e gli Stati membri a tutelare, cito testualmente "la molteplicità di opinioni sui media, a difendere il pluralismo dell´informazione, a garantire a tutti i cittadini dell´Unione europea pari accesso a mezzi d´informazione liberi e diversificati". Ancor prima, nel 2004, è stata votata in Parlamento una relazione (relatrice:Bogerd Quak) sui rischi di violazione nell´Unione europea della libertà di espressione e d´informazione, con la quale si chiedeva alla Commissione di presentare una comunicazione sulla garanzia del pluralismo dei media in tutti gli Stati membri. A tutt´oggi, la Commissione non ha ancora dato delle chiare risposte alle richieste del Parlamento. Noterà, signora Commissario, che non ho nominato né il mio paese né il mio presidente del Consiglio, ma in questa sede - da cittadina europea - le chiedo che cosa intende fare la Commissione a livello europeo per far sì che il pluralismo dei media sia garantito in tutti gli Stati membri. Clemente Mastella (Ppe, It): Signora Presidente, onorevoli colleghi, la mozione contro il presunto attentato alla libertà di stampa in Italia è la scelta, a me pare, di una strada politicamente obliqua e inconsistente. E anche alcune parole forzate, venate di collera e un po´ di odio, mi pare che abbiano preso oggettivamente la mano. È molto strano, però, che questa eclissi della democrazia (o presunta tale) in Italia si veda solo ora e di qua in maniera così vistosa, tenuto conto che i governi di centrodestra ma anche di centrosinistra – dei quali anch´io ho fatto parte – si sono alternati alla guida del mio paese. Se in Italia esiste davvero questo macigno dell´illiberalità e dell´antidemocrazia, come ma in tanti anni di governo della sinistra non è stato mai rimosso? Si tratta di negligenza, reticenza, convenienza o invece – a me pare, molto più logico – la semplice considerazione che la cifra democratica italiana è in linea con gli standard occidentali e quelli europei? Se davvero si vuole, come misura insolita – come quella, mi dispiace, per l´onorevole Serracchiani, utilizzata in questa circostanza, quella cioè di discutere di un paese e non dell´Europa – accertare la verità sullo stato di salute della democrazia nel nostro paese, si chieda allora al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, con garbo istituzionale se egli si sente il Presidente di un paese dove il pluralismo dell´informazione annaspa, la libertà fa testa-coda, la democrazia è in fase regressiva. Ma non credo che, se la situazione fosse questa, il Presidente Napolitano si asterrebbe dal denunciare un tale stato di cose, fedele come egli è alle sue prerogative di garante della nostra Costituzione. Poiché la questione però tocca – amici e colleghi della sinistra e mi dispiace dirlo – in maniera molto provinciale le vicende politiche italiane, recuperata dimensione fintamente europea e ora ad uso domestico, occorre rilevare che fino a quando la sinistra italiana, quella storicamente più forte e consistente, si farà guidare politicamente da comici e tribuni, la sua distanza dal potere aumenterà sempre di più. Io non credo che Woody Allen detti la linea al Presidente Obama. Alfredo Pallone (Ppe, It): Signora Presidente, onorevoli colleghi, molti di voi avranno letto "Il Processo" di Kafka: si tratta di un libro ma è ciò che sta accadendo oggi nel mio paese, un paese di grandi tradizioni democratiche, con un governo eletto dal popolo sovrano, ma in cui si cerca di sovvertire il voto democratico con un attacco mediatico-giudiziario che non ha precedenti nelle storia. Stiamo discutendo della libertà d´informazione quando il 72 percento della stampa non è a favore del governo e del presidente Berlusconi. Il 70 percento delle azioni legali intentate contro i giornali sono state avviate ai leader della sinistra, con una pretesa risarcitoria che ammonta a 312 milioni di euro, sui 486 totali che, dal 1994 ad oggi, si è richiesto: 32 milioni di euro all´anno. Una sorta di finanziamento aggiuntivo di carattere giudiziario. A voi, colleghi, che rappresentate le democrazie europee, noi diciamo e affermiamo che in Italia il potere giudiziario-mediatico sta battendo la volontà del popolo sovrano per interessi politici di parte e di casta. Pertanto è a rischio la democrazia in Italia se cade il governo. Il primo eversivo di questo concetto, da un punto di vista semantico, porta il nome di Antonio di Pietro. Concludendo, vorrei ringraziare per l´alto senso di equilibrio e di democrazia, il Commissario Reding, che ha elaborato una relazione intelligente e corretta. Elisabetta Gardini (Ppe, It): Signora Presidente, vorrei ribadire che in Italia la libertà di stampa esiste ed è più forte che mai. Sono le parole di un grande giornalista, Gianpaolo Pansa, che ha scritto per tanti anni, per decenni, come una delle firme più prestigiose, sul giornale "La Repubblica", del gruppo "Espresso-repubblica", dal quale si è dovuto dimettere perché accusato dalla dirigenza del gruppo di revisionismo che, come sapete, in Italia è uno dei reati più gravi in assoluto quando viene fatto dall´intelligenzia dominante, dalla cultura dominante in Italia che è tutta di sinistra, basti vedere le primarie del partito democratico, dove sfilano dai banchieri a tutti gli attori, registi e giornalisti più importanti del nostro paese. Ebbene, pur non essendo la libertà d´informazione libertà di insulto o di diffamazione, il diritto alla difesa è concesso solo alla sinistra: Prodi querela, va bene; D´alema querela, va bene; Di Pietro querela, va bene. Di Pietro è il recordman (a proposito, più che dai politici la stampa è querelata dalla magistratura) – i dati sono di "Repubblica" – Di Pietro:357 denunce con già 700. 000 euro di risarcimento. Abbiamo ascoltato i dati forniti dai colleghi Concludendo, se esiste un problema di riequilibrio - e ritengo che in Italia questo problema vi sia - l´unica parte politica che ha i titoli per invocarlo è il centrodestra. Licia Ronzulli (Ppe, It): Signora Presidente, nel 2008 il governo Berlusconi ha complessivamente erogato 206 milioni di euro per contributi diretti alla stampa e alle emittenti radiofoniche e televisive. Guarda caso, la maggior parte di questi milioni è andata ai quattro principali quotidiani di sinistra. La libertà di stampa in Italia ha nel governo Berlusconi il sostenitore più generoso. La sinistra, in Italia e in tutt´Europa, ha iniziato una campagna sulla libertà di stampa in pericolo, basata su falsi clamorosi e menzogne spudorate. E, fatalità - guarda caso anche qui - lo ha fatto solo dopo che il presidente Berlusconi ha chiesto un legittimo risarcimento danni ai due quotidiani di sinistra che lo hanno calunniato attribuendogli comportamenti infamanti, accuse basate su invenzioni assolute, indegne di un giornalismo rispettoso della propria funzione. Il presidente Berlusconi è il primo ad affermare che la libertà di stampa è un valore, mentre non lo è la libertà di insultare, di mistificare, di diffamare e di calunniare. In questo caso, ogni cittadino - e quindi anche il presidente Berlusconi - ha il diritto di potersi difendere con i mezzi democratici a sua disposizione, chiedendo a un giudice civile di valutare l´offensiva di alcuni scritti, come peraltro hanno fatto anche altri leader di sinistra. Sergio Silvestris (Ppe, It): Signor Presidente, la discussione di oggi ha davvero dell´incredibile, perché in Italia la libertà d´informazione è un diritto costituzionale garantito e riconosciuto. Altri prima di me hanno fornito dati sul numero e sull´orientamento politico dei quotidiani presenti in Italia. Io mi permetterò di fare, a beneficio dei colleghi stranieri, una rassegna stampa. Questi sono alcuni quotidiani che ho comprato ieri in aeroporto; questo è Il Manifesto, quotidiano comunista; questa è L´unità, quotidiano fondato da Gramsci, del Pd-pds; questo è L´europa, quotidiano della Margherita, che ha aderito al Pd. Poi il Pd ha anche una corrente di D´alema-letta, che ha un suo giornale, Il Riformista. Poi c´è Rifondazione, che ha il suo giornale, Liberazione. L´anno scorso c´è stata la scissione di Rifondazione, e il partitino scissionista ha fondato il suo giornale, L´altro. C´è infine il caso politico di questa discussione, Il Fatto quotidiano. Sapete questo giornale a chi fa riferimento? Al partito di Di Pietro, che oggi anima questa discussione. C´è un partito che afferma qui che non c´è libertà d´informazione, mentre dieci giorni fa in Italia organizzava un dibattito. Per concludere, signora Presidente, è come se io stessi qui a dirvi che in Italia c´è la carestia e la fame, mentre la settimana scorsa stavo nel mio paese alla sagra della salsiccia a mangiare carne arrostita e a bere vino. È questo il paradosso di una sinistra che possiede tanti giornali, ma non ha lettori e non ha voti. Cerchi argomenti più seri se vuole recuperarli. .  
   
 

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