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Notiziario Marketpress di Martedì 20 Ottobre 2009
 
   
  CONVEGNO SULLA DIMENSIONE DEI MUSEI COME INVESTIMENTO PRODUTTIVO

 
   
   Firenze, 20 ottobre 2009 - «Per Alitalia i soldi si sono trovati, idem per il colonnello Gheddafi, idem per il ponte di Messina, idem per una Tav costata il quadruplo rispetto ai preventivi: è allora, se è un problema di scelte, perché in un Paese come l’Italia una volta tanto non si sceglie in favore della cultura?» Così Salvatore Settis, direttore della Scuola Normale di Pisa al convegno della Regione Toscana (“Oltre lo sponsor. Investire nel museo”) che ha riunito ad Arezzo operatori culturali, direttori di musei, economisti, manager sulla dimensione dei musei come “investimento non solo culturale ma anche produttivo”. Moderata dal giornalista Fabio Isman, la tavola rotonda iniziale ha cercato di rispondere a un quesito (“Perché investire nel museo?”) che secondo l’assessore toscano alla cultura, Paolo Cocchi, «è centrale in una fase in cui il governo si è ritirato da qualunque strategia nel settore e dove la cultura è giudicata un fatto addirittura corruttivo». Per Cocchi la sopravvivenza delle istituzioni culturali è oggi affidata «anche a un necessario ripensamento, a una riforma di sistema, nei rapporti fra istituzioni pubbliche e soggetti privati mentre grandi risorse potrebbero venire da una seria politica di lotta contro l’evasione fiscale». Oltre a Settis, che ha criticato il taglio ministeriale di un miliardo e mezzo sui fondi della cultura («Davvero singolare questo annullamento di risorse in favore della cultura per poi sostenere che la cultura va valorizzata») era molto atteso Mario Resca, consigliere del ministro Bondi per la valorizzazione dei beni culturali che però non è intervenuto. E la tavola rotonda (oltre a Settis e Cocchi hanno parlato il direttore di Irpet Nicola Bellini e la presidente di Federcultura Pa trizia Asproni) ha visto una condivisione attorno alla necessità di una profonda modifica delle regole che, oggi, ostacolano il corretto rapporto fra beni culturali e apporti finanziari privati. Asproni ha portato la sua esperienza di presidente dell’associazione “Amici degli Uffizi” (10 mila soci): c’è stata una radicale svolta – ha detto - dopo l’apertura di una succursale a Palm Beach con migliaia di americani che «hanno aderito con entusiasmo non solo per aiutare un patrimonio dell’umanità come il museo fiorentino ma anche grazie agli incentivi esistenti negli Usa per de-fiscalizzare le donazioni private». Asproni ha portato un altro esempio sulla incapacità italiana di trarre vantaggi economici dai beni culturali: per girare “Angeli e Demoni” affittando quattro giorni la reggia di Caserta, il produttore ha speso appena 50 mila euro mentre a Versailles di euro ne avevano chies ti 4 milioni. Forse – è stato il commento – «Caserta avrebbe potuto chiedere non 50 mila euro ma un milione e la differenza avrebbe consentito molte opportunità in più». Sullo schermo, nella sala del Centro Affari aretino, intanto passavano numerose immagini di spot commerciali che per fare profitto vendendo camicie, prosciutti, profumi, automobili utilizzano gratis quadri, sculture, paesaggi, monumenti. .  
   
 

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