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Notiziario Marketpress di Martedì 20 Ottobre 2009
 
   
  GALAN AL FORUM DELL’INNOVAZIONE NORD EST “MODERNIZZAZIONE DELLA P.A. E SVILUPPO DEL TERRITORIO”

 
   
  Piazzola sul Brenta, 20 ottobre 2009 – Di seguito l’ intervento di ieri del Presidente Giancarlo Galan al forum dell’ innovazione Nord Est:” Partecipo con vivo piacere ad un convegno che, dal titolo, promette di essere molto interessante, e che voglio arricchire con alcune considerazioni maturate nel corso della mia esperienza di governo. Sono sicuro di non sbagliare se penso che la mia presenza oggi sia stata richiesta per motivi tutt’altro che cerimoniali. Ho la presunzione, infatti, di avere qualche titolo di merito per essere stato invitato a parlare in questa sede di modernizzazione della Pubblica Amministrazione in relazione allo sviluppo del territorio. La ragione, io credo, sta in tutto quello che in questi anni abbiamo fatto e abbiamo saputo inventare per rispondere alle domande espresse dal territorio. Quello delle infrastrutture è indubbiamente l’esempio più eclatante. Si pensi al Passante, con la figura del Commissario, con la Commissione tecnica per gli espropri, con la Cav. Ma prima ancora alla costituzione di Veneto Strade, nel 2001. Oggi, agli accordi per una società mista Regione-trenitalia per il trasporto ferroviario delle merci. Modi e formule innovative, tese a migliore efficienza ed efficacia della P. A. , che talvolta hanno lasciato perplessi, non sempre sono state comprese, spesso sono state osteggiate. Ma questo è il prezzo da pagare per innovare. È stato così anche in passato, per la sanità. Ricordate? Proviamo a riguardare a quell’esperienza oggi che il processo si è positivamente concluso. Fino agli anni ’70 la tutela della salute del singolo cittadino non veniva riconosciuta come bene pubblico e trovava soddisfazione solo nella tutela della salute collettiva. In linea con questa impostazione, i compiti riguardanti la sanità spettavano alla polizia locale – non a caso si parlava di polizia sanitaria – e le funzioni pubbliche per la tutela della salute collettiva erano attribuite al Ministero dell’Interno e all’apparato amministrativo periferico, Prefetti e Sindaci. Qual era l’elemento problematico? Il dualismo tra autorità dotate di potere decisionale, ma estranee alle problematiche sanitarie, e tecnici esperti di salute, privi tuttavia di possibilità decisionali. Negli anni ’70, convinti che solo una revisione organica di quel modello avrebbe potuto aumentare l’efficienza del sistema, venne attuata una prima riforma che apparentemente poneva la Regione al centro dello scenario sanitario locale. In realtà la dimensione comunale veniva riaffermata quale livello di gestione e controllo della sanità, con l’idea che si trattasse di funzioni di interesse esclusivamente locale. Ricordiamo tutti quello che accadde: le Usl diventarono feudi clientelari, attenti agli interessi dei partiti e delle caste piuttosto che a quelli dei cittadini. La conseguenza inevitabile fu l’esplosione delle spesa sanitaria, la crescita dell’inefficienza, il malcontento dei malati. Ci vollero oltre dieci anni perché, con la successiva riforma del 1992, le amministrazioni regionali divenissero l’effettivo ente di governo del servizio sanitario. Responsabili a tutti gli effetti della programmazione e dell’erogazione delle prestazioni. Oggi, a 17 anni dall’istituzione delle Aziende Sanitarie Locali, sono stati spazzati via i dubbi e le critiche di quanti pensavano che la riforma avrebbe snaturato i principi del Sistema Sanitario Nazionale. Lo stretto legame tra Direttori generali e governo regionale da un lato, e una logica di valutazione basata su criteri di tipo tecnico gestionale dall’altro, responsabilizzano fortemente sia il management delle Aziende sanitarie, sia la Regione. Ma, soprattutto, rendono entrambi – dirigenti e politici - estremamente sensibili al giudizio dei malati e dei cittadini. La vicenda del settore sanitario insegna che molti dei problemi della Pubblica Amministrazione quale soggetto “governante”, chiamato a scegliere, a prendere decisioni, a realizzare, nascono da dualismi tra amministrazioni, dalla cattiva e spesso non chiara suddivisione delle competenze, da un rapporto ambiguo tra politica e amministrazione. Mi accusano di aver scelto i Direttori generali delle Asl senza consultare i partiti: bene, io ne vado fiero, e mi assumo fino in fondo la responsabilità nei confronti di tutti i cittadini della mia regione sulla base del mandato elettorale che ho ricevuto. Non compromessi clientelari, ma rigorosa assunzione delle rispettive responsabilità: questa, a mio avviso, è l’unica strada che dobbiamo percorrere per dare trasparenza ed efficacia all’azione amministrativa. Prima di internet, prima della customer satisfaction per l’erogazione dei servizi, la modernizzazione della Pubblica Amministrazione passa dunque attraverso: 1. L’individuazione del livello ottimale di governo per ogni ambito di politica pubblica; mi chiedo sempre, a questo proposito, che senso hanno le Province, perché continuiamo a crearne quando potrebbero tranquillamente costituire in modo più efficiente il livello amministrativo della Regione sul territorio, senza mantenere un inutile ulteriore livello di governo politico-elettorale. La domanda è retorica perché, in questa sala, le ragioni le conosciamo tutti e sappiamo bene essere irriferibili; 2. La strutturazione di un assetto di poteri congruente con il livello di governo prescelto. Ciò di cui si ha bisogno è la risoluzione delle concorrenze verticali e orizzontali nella distribuzione delle competenze tra amministrazioni. E anche laddove la suddivisione dei compiti è chiara troviamo una reiterazione delle procedure che non esiste in nessun altro Paese. Nel caso delle opere infrastrutturali, ad esempio, le procedure sono eccessivamente lente e farraginose. Ciò deriva, tra l’altro, da una ripartizione di responsabilità tra Stato e Regioni, ed Enti Locali, poco chiara e molto complessa, che risale all’inserimento delle grandi reti di trasporto tra le materie a legislazione concorrente. Ben si comprende perché tutti invocano la Legge Obiettivo: essa consente snellimenti procedurali in fase di programmazione, progettazione ed autorizzazione, che permettono di ridurre i tempi necessari alla realizzazione delle grandi opere. Prima di questa legge, per costruire bisognava superare dai 25 ai 30 pareri! Essa è, di fatto, uno strumento per superare la duplicazione delle procedure, destreggiandosi nella selva delle competenze concorrenti. Anche la figura dei Commissari Straordinari nasconde lo stesso problema. Per noi, non smetterò mai di ricordarlo, ha rappresentato uno strumento straordinario e che ha consentito, tra l’altro, di far vedere come sono in grado di lavorare le nostre strutture tecniche. Tuttavia, se vogliamo ragionare su come innovare la Pa, il ricorso a procedure straordinarie evidenzia la necessità di rivedere l’assetto complessivo delle competenze tra enti, in un’ottica di semplificazione procedurale e chiarificazione delle responsabilità. Uno degli ambiti di policy in cui ciò si rende particolarmente urgente è quello ambientale, in modo particolare per quanto riguarda la Via. In discussione non è, ovviamente, l’opportunità di questo tipo di valutazione, quanto piuttosto perché debba essere fatta necessariamente a livello centrale per alcune opere (tra le quali ferrovie, autostrade, ecc. ). Ritengo che il livello regionale sia quello ottimale per tali tipi di valutazione. Questo per una serie di motivi che vanno da una maggiore conoscenza del territorio e delle sue problematiche da parte di chi valuta, ad una maggiore vicinanza dell’ente Regione al territorio inteso nella sua accezione più ampia. A livello centrale è giusto invece che venga mantenuta la Vas – la Valutazione Ambientale Strategica - sulla programmazione di respiro nazionale. L’esclusività della Valutazione d’Impatto Ambientale a livello regionale e la regionalizzazione delle competenze in materia del Ministero dei Beni culturali sono solo un esempio di come la Pubblica Amministrazione dovrebbe modernizzarsi per andare incontro alle esigenze di sviluppo dei territori. Da parte nostra, come ricordavo in apertura, certamente nessuno potrà dire che non abbiamo la capacità di lettura delle esigenze del nostro territorio ed il coraggio e la lungimiranza per sperimentare nuove modalità di risposta. La costituzione di Cav, nel 2008, ne è un esempio. Un ottimo esempio, visti i risultati. Frutto di una lotta dura contro i molti che la avversano. Emblema di quel federalismo infrastrutturale che dà fastidio al sistema delle concessioni. In modo analogo stiamo procedendo per quanto riguarda le ferrovie, dove abbiamo messo in discussione l’intera partita del trasporto su ferro, con l’obiettivo di costituire società regionali sia per il trasporto dei passeggeri che delle merci, società che vedano la partecipazione di Trenitalia e di Sistemi Territoriali S. P. A. Dicevo prima che le Aziende Sanitarie Locali sono oggi a pieno titolo una istituzione che nessuno si sognerebbe di mettere in dubbio. Altri “giovani” soggetti della Pa si trovano ancora in via di maturazione: mi viene in mente a questo proposito la nostra Agenzia per l’ambiente, all’avanguardia in Italia per i sistemi di monitoraggio sui rischi industriali e per la sicurezza del territorio, e che è impegnata in un importante processo di innovazione interna. Strada facendo altri enti sono stati istituiti e sono falliti: si pensi alle Comunità Montane. Altri enti ancora, anche se vengono da lontano, sono oggetto di continua discussione e non solo nelle sedi “alte”. Provate a chiedere ad un cittadino di che cosa si occupano le Province: tutti le conoscono, ma quasi nessuno saprà dirvi cosa fanno. Non voglio comunque dilungarmi qui sugli aspetti “tecnici”, quanto piuttosto ribadire che modernizzare è necessario e, almeno guardando alla nostra regione, possibile, purché si abbandonino le logiche del passato e si accettino fino in fondo i principi di trasparenza e responsabilità che dobbiamo, non ai giudici amministrativi, ma ai cittadini elettori. Grazie. .  
   
 

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