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Notiziario Marketpress di Martedì 24 Ottobre 2006
 
   
  LA MADONNA LIA. FRANCESCO NAPOLETANO NELLA BOTTEGA DI LEONARDO A MILANO LA SPEZIA, MUSEO LIA, DAL 2 DICEMBRE 2006 AL 25 FEBBRAIO 2007

 
   
  La Spezia, 24 ottobre 2006 - Il 3 dicembre di 10 anni fa, veniva inaugurato il nuovo Museo Amedeo Lia, realizzato nel solo spazio di un anno, per accogliere la collezione donata alla Spezia dall´ ingegner Amedeo Lia. E proprio la nascita del Museo Civico Amedeo Lia ha segnato l’inizio di una più generale rinascita del centro storico della città e dello sviluppo della sua rete museale. La collezione comprende una grande varietà dì opere che documentano il gusto e la cultura dell´ arte in Italia (ma non solo) dall´ epoca classica, al tardo antico, al medioevo per finire all’ età moderna. Dipinti, miniature, sculture in bronzo, argento, rame, avorio, legno, vetri, maioliche, objets d´ art di tutti i generi, reperti archeologici raccolti con passione ed acume nell’ arco di mezzo secolo dall´industriale pugliese naturalizzato spezzino. La raccolta costituisce un unicum per la qualità dei pezzi e per la finissima capacità di scelta operata dal collezionista, capacità tesa a costituire all´ interno della vastità delle sezioni, nuclei omogenei ben definiti e di rara completezza. Tra questi, i cosiddetti "primitivi" sono una vera gemma, con oltre settanta tavole di Pietro Lorenzetti, Bernardo Daddi, Lippo Memmi, Lippo di Benivieni, Lorenzo di Bicci, Barnaba da Modena, del Maestro di Città di Castello, Paolo di Giovanni Fei, Giovanni Bonsi, Il Sassetta; e molte tempere e tele di Vincenzo Foppa, Antonio Vivarini, il Bergognone, Ludovico Mazzolino, un probabile Raffaello giovane, Pontormo, Tiziano, Tintoretto, Sebastiano del Piombo, Giovanni Cariani, Giovanni Bellini, il Romanino, Alessandro Magnasco, Bernardo Bellotto, Pietro Longhi, Michele Marieschi. Secondo Federico Zeri è la collezione privata più importante d´Europa per i dipinti tra Duecento e Quattrocento, confrontabile per gusto e raffinatezza a quella veneziana del Conte Cini. In occasione del decennale dell’inaugurazione del Museo a lui intitolato, Amedeo Lia presterà un altro dei suoi gioielli, La Madonna Lia, importantissimo dipinto facente parte della sua collezione privata, dipinto che è stato acutamente studiato da David Alan Brown della National Gallery di Washington. L’opera, ascritta alla bottega di Leonardo, resterà esposta dal 2 dicembre 2006 al 25 febbraio 2007. “La Madonna Lia - afferma il direttore del Museo, Andrea Marmori - al pari di altri dipinti di piccole dimensioni e soggetto analogo, conservati tanto in importanti collezioni pubbliche e che private, fa parte di un gruppo di opere eseguite nello studio milanese di Leonardo negli anni novanta del Xv secolo. Appena giunto a Milano da Firenze Leonardo viene impiegato in numerosi incarichi per la corte, dal monumento equestre a Francesco alla decorazione della Sala delle Asse in Castello, dai ritratti delle amanti del duca ai costumi e scenari per le feste, dalla costruzione di canali alle opere militari. Resta facile pertanto comprendere come al maestro restasse poco tempo da dedicare all’esecuzione di piccoli dipinti devozionali, tanto che questa sua incapacità di esaudire le pressanti richieste venne in parte colmata dalla presenza di numerosi allievi presenti nel suo studio. Il successo di questo tipo di produzione pone alcuni interrogativi: il maestro fu direttamente impegnato nella creazione di queste opere, fornendo i disegni, se non partecipando in prima persona alla loro esecuzione? O, al contrario, gli allievi ne furono gli unici ed esclusivi responsabili, sia pur sotto la sua direzione? La risposta più convincente è che questo gruppo di dipinti nascano come diretta filiazione di disegni precedentemente eseguiti da Leonardo e quindi condotti a Milano, e, sia pur compiuti sotto la sua direzione, siano state portate a compimento senza grandi interventi diretti da parte del maestro. Gli allievi presenti nella bottega di Leonardo erano organizzati in due gruppi distinti: gli apprendisti Salaì e Melzi che, come principianti, erano vincolati al maestro e rimasero al suo servizio più a lungo del normale periodo di tutela, e un gran numero si assistenti che, a giudicare dall’età e dalle capacità, dovevano essere più o meno formati. Di questo ultimo gruppo facevano parte Marco d’Oggiono e Giovanni Boltraffio, autori di numerose opere compiute a contatto con Leonardo, e anche un pittore per noi anonimo chiamato convenzionalmente il Maestro della Pala Sforzesca per via della sua opera più celebre. E’ stato notato che per tutti questi artisti l’ingresso e la permanenza nello studio di Leonardo costituiscono il momento di maggiore qualità, come se il contatto con il maestro annullasse qualsiasi esperienza maturata prima di allora. Nel 1483 Leonardo aveva ricevuto l’incarico da parte della Confraternita dell’Immacolata Concezione di dipingere una pala d’altare per la propria cappella nella chiesa di San Francesco Grande a Milano. Leonardo fornì nel 1486 la Vergine delle rocce, oggi al Louvre, suscitando un certo disappunto nei suoi committenti abituati ad un tipo tradizionale di Sacra Conversazione. Ne conseguì che il dipinto, non accettato, venne trattenuto da Leonardo per poterlo vendere altrove, con l’impegno di realizzare in sua sostituzione una seconda versione. Per l’esecuzione di questa seconda pala, che è la Vergine delle rocce oggi alla National Gallery di Londra, Leonardo si avvalse della collaborazione di almeno uno dei suoi allievi, per il quale in genere si è fatto il nome di Ambrogio de Predis, già coinvolto in qualche modo nella redazione della prima stesura, ma pare ormai certo l’intervento di un altro allievo, la cui figura resta per molti versi enigmatica: Francesco Galli, detto Napoletano, dalla sua città di origine. La sua unica opera firmata e datata, la Vergine con il Bambino in trono tra i santi Giovanni Battista e Sebastiano, alla Kunsthaus di Zurigo, rivela quell’intima conoscenza di Leonardo che solo un discepolo poteva avere. In particolare ambedue le figure dei santi derivano da Leonardo: il Battista, chinato in avanti, riprende il San Girolamo Vaticano, mentre Sebastiano appare desunto dal disegno di un giovane nudo in piedi, con le gambe nella stessa posizione, ma speculare, conservato al castello di Windsor. Oltre a questo dipinto alla Kunsthaus di Zurigo è conservata un’altra opera firmata da Francesco Napoletano raffigurante, guarda caso, una Madonna con il Bambino a mezza figura, fortemente debitrice della Vergine delle rocce di Londra. La conoscenza da parte di Francesco della pala di Leonardo è certo evidente in alcuni particolari, come il paesaggio in lontananza e le gambe incrociate del Bambino, ma in special modo nell’impiego del colore e del chiaroscuro. La Madonna Lia risulta fortemente vicina all’opera di Zurigo, non solo per la composizione, ma anche per lo stile e la tecnica: si confrontino il primo piano delle figure, le finestre ai lati, la testa della Vergine, inclinata, ripresa dalla Vergine delle rocce, la posizione del Bambino che si gira nella braccia della madre guardando sopra la spalla, il parapetto in pietra grigia, la posizione frontale dell’aureola e del nimbo e, soprattutto, il ruolo del chiaroscuro che esalta il contenuto del dipinto. Nella Madonna Lia il paesaggio che si intravede attraverso le finestre costituisce un indizio molto significativo, che forse arriva a suggerire il committente del dipinto stesso. La finestra di sinistra, posta alle spalle della Vergine, mostra difatti una veduta obliqua del Castello Sforzesco, che, come è noto, era stato costruito da Francesco Sforza a metà del Xv secolo in sostituzione del distrutto castello dei Visconti. Proprio nel momento in cui Francesco Napoletano esegue la Madonna Lia, vale a dire tra la fine del 1494 e i primi mesi dell’anno successivo, Ludovico Sforza è impegnato in una precisa operazione di legittimazione della presa del potere, avvenuta in realtà in maniera illecita, attraverso una campagna di propaganda mirata a celebrare la dinastia. In particolare la sua attenzione si concentrava su Santa Maria delle Grazie, e dal 1494, dopo l’investitura da parte dell’imperatore Massimiliano, che finalmente lo convalidava, sul castello, che per lui aveva un enorme valore come simbolo del suo potere e della sua autorità. Sembra pertanto del tutto probabile che il castello sullo sfondo della Madonna Lia alluda non solo all’egemonia degli Sforza in generale, ma a Ludovico in particolare e che ciò identifichi in lui l’augusto committente del dipinto”. .  
   
 

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