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Notiziario Marketpress di Mercoledì 28 Ottobre 2009
 
   
  L’AVVINCENTE STORIA DEL TEATRO D’OPERA ITALIANO CON GLI OTTONI DEL TEATRO REGIO DI PARMA L’ULTIMO INCONTRO DI “VERDI TRA NOI” PER LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI LORENZO ARRUGA DEDICATO AL MONDO DEL MELODRAMMA

 
   
  Parma, 28 ottobre 2009 - Incontro eccezionale di parole e musica per l’ultimo appuntamento del Festival Verdi con il ciclo Verdi tra noi mercoledì 28 ottobre 2009, alle ore 17. 00, nelle sale del Ridotto del Teatro Regio di Parma. Uno dei più autorevoli critici musicali italiani, Lorenzo Arruga, presenta la sua ultima fatica letteraria Il teatro d’opera italiano, appena pubblicato da Feltrinelli, nel corso di una conversazione aperta agli interventi musicali degli Ottoni del Teatro Regio di Parma. Ne Il teatro d’opera italiano Lorenzo Arruga mette al servizio del lettore la sua esperienza, la sua passione e la sua abilità di divulgatore culturale per raccontare l’affascinante storia di uno dei patrimoni italiani più grandi: il teatro d’opera. La presentazione sarà accompagnata dall’esecuzione di pagine di Verdi, Mascagni e Bizet trascritte e arrangiate da Fabio Codeluppi e affidate agli Ottoni del Teatro Regio di Parma. «Si dice sempre che si debba insegnare l’opera nelle scuole, ed è ovviamente vero – racconta Lorenzo Arruga - Ma io credo che si possa raccontarla anche al di fuori. La sua storia è bellissima: percorrendola, si resta emozionati per il suo fascino d’avventura, per la sua riserva di fantasia, per l’utopia che misteriosamente si realizza. Ho cercato di scrivere per grandi prospettive, nel quadro storico e nella concretezza del teatro, arte e artigianato, di suscitare la voglia di conoscere o di ricordare meglio la musica soprattutto dei grandi autori, riporto qualche fatto singolare non per il piacere dell’aneddoto ma come segno di una storia grande. Ho provato a scrivere immaginando di parlare a persone di varia istruzione, di carattere e di gusti differenti, che mi son care: di far capire quello che racconto, di non far perder loro il filo, e di sentirmi chiedere alla fine: “quando ci porti all’opera?”» .  
   
 

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