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Notiziario Marketpress di
Mercoledì 25 Ottobre 2006 |
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LA DISFUNZIONE DIASTOLICA: STORIA, EPIDEMIOLOGIA E DIAGNOSTICA PROF. MASSIMO VOLPE DIRETTORE DELLA CATTEDRA DI CARDIOLOGIA DELLA II FACOLTÀ DI MEDICINA, UNIVERSITÀ DI ROMA LA SAPIENZA
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Milano, 25 ottobre 2006 - Il termine disfunzione diastolica compare negli anni ´70, grazie agli studi sperimentali sul cateterismo cardiaco. Solo negli anni ´80, però, questa particolare condizione assume la dignità di entità clinica ben definita, grazie alle ricerche che dimostrarono come esistessero numerosi casi di scompenso cardiaco con frazione di eiezione del ventricolo sinistro pressoché normale. Fu allora che si iniziò a parlare di disfunzione diastolica e scompenso diastolico. Negli ultimi quindici anni, grazie alla diffusione dell´ecocardiografia-doppler ed agli studi sui meccanismi patogenetici del fenomeno, le conoscenze su questa condizione sono ulteriormente aumentate. Attualmente la disfunzione diastolica viene considerata una condizione caratterizzata da una alterata distensibilità diastolica del ventricolo sinistro, insufficiente riempimento di questa cavità cardiaca, lento o ritardato rilassamento del ventricolo stesso. Questa condizione tende a progredire più o meno rapidamente nell´insufficienza cardiaca Diverse condizioni patologiche possono favorire l´insorgenza di questo processo: oltre alla cardiopatia ischemica all´ipertensione e al diabete, tra le più comuni cause di disfunzione diastolica ci sono l´età avanzata e l´obesità. Inoltre altre patologie più rare, come la pericardite o alcune forme di cardiomiopatia, sono attualmente in grado di favorire lo sviluppo della disfunzione diastolica. Inquadramento epidemiologico - La prevalenza della disfunzione diastolica nella popolazione generale è stimata oggi attorno al 10 al 20% del totale sulla base dei soggetti presi in esame negli studi epidemiologici Monica, Shs e Olmsted. Sempre secondo i risultati dello studio Olmsted, apparso su Jama nel 2003, il 20 per cento della popolazione considerata nella ricerca soffrirebbe di disfunzione diastolica di grado medio con frazione di eiezione del ventricolo sinistro conservata, il -5 per cento di disfunzione diastolica moderata e I´1 per cento di forme severe di disfunzione diastolica, senza alcun riflesso sulla funzione sistolica. Le indagini epidemiologiche, oltre a determinare l´elevata prevalenza del fenomeno, confermano pienamente come la disfunzione diastolica cresca in rapporto all´età dei soggetti considerati (Redfield M. M. Et al. Jama, 2003). Infatti, se nella decade 45-54 la prevalenza della condizione patologica si aggira intorno al 5 per cento (ed è superiore nei maschi), si arriva al 20 per cento nella decade successiva (con una percentuale sempre più elevata nella popolazione maschile), per giungere a superare il 40 per cento nella decade 65-74 anni. Infine, sopra i 75 anni quasi quattro persone su cinque presentano segni di disfunzione diastolica. Il rischio di andare incontro a questa situazione appare direttamente correlato, oltre che all´età superiore ai 65 anni, anche alla presenza di specifici fattori di rischio (Fischer M, et al. European Heart Journal, 2003). La disfunzione diastolica sarebbe infatti presente in poco più del 2 per cento della popolazione generale, per giungere fino quasi al 15 per cento nei pazienti affetti da ipertrofia ventricolare sinistra, interessando oltre il 10 per cento degli infartuati e dal 5 al 10 per cento dei diabetici e degli ipertesi. Ovviamente il rischio aumenta quando sono presenti nello stesso paziente diversi fattori di rischio, inclusa l´età. Vale infine la pena di ricordare che la presenza di disfunzione diastolica appare correlata con un maggior rischio di mortalità. . |
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