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Notiziario Marketpress di
Mercoledì 25 Ottobre 2006 |
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PER IL PROSECCO DOC È ARRIVATO IL MOMENTO DELLA SVOLTA
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La presentazione della lattina di Prosecco frizzante sulle colline della Altamarca risolleva la questione della tutela del nome e di una Doc forte. E’ il momento giusto per…… L’annuncio della produzione di ben 4 milioni di lattine con la etichetta “Rich Prosecco” (Rich Sales & Marketing – Memmingen Germania, testimonial nientemeno che la top model internazionale Paris Hilton, ha scatenato un vero terremoto all’interno del mondo produttivo del Prosecco Doc di Conegliano e Valdobbiadene. Un fortissimo grido d’allarme si è alzato all’unisono da parte di produttori, Consorzio di Tutela, organismi di categoria, Enti e Istituzioni territoriali: stanno uccidendo l’identità del Prosecco. Persino Andrea Zanzotto, uno dei più importanti poeti italiani contemporanei, ha alzato il suo grido in difesa del “cuore così generoso di queste terre e con esse del meticoloso ed esperto lavoro di tanti viticoltori” che ora “si vorrebbe trafiggere con una lattina di alluminio(…). Siamo di fronte ad un’intollerabile volgarizzazione del sublime Prosecco – ha tuonato Zanzotto interpretando il sentire di un’intera comunità – Un vino eccelso, banalizzato a livello di una dozzinale bibita gassata, pronta a riempire distributori automatici” Solo voci isolate, anche se autorerevoli, come quelle del vicepresidente della Regione Veneto, Luca Zaia, hanno sottolineato anche i tornaconto di quella che appare una grande operazione di marketing a favore del nome identificativo del più noto spumante italiano, con i suoi 130 milioni di bottiglie totali sul mercato, di cui però solo 35 marchiate e tutelate dalla Doc. Ebbene nelle “famigerate” lattine della Rich (che in Italia sono vietate per il vino) è finito del vino frizzante, del tutto generico, ottenuto da uve di prosecco (nome di vitigno comune, e non quindi non tutelabile), ma per un consumatore distratto la differenza fra Prosecco Doc – magari nella sua versione più nobile, quella dello Spumante - e prosecco frizzante è difficilmente comprensibile ed apprezzabile. L’attenzione inevitabilmente per lui finisce sul semplice nome “prosecco”. Va altresì tenuto conto che è proprio sul mercato austriaco (dove è nata l’idea del prosecco in lattina) e su quello tedesco finisce la maggior parte della produzione di Prosecco, quello doc Conegliano Valdobbiadene e quello non doc, circa 30 milioni di bottiglie in totale (circa 16 milioni in Usa e altrettante in Gran Bretagna). Il Prosecco Doc oggi vale 300 milioni di euro sul mercato mondiale e il marchio Prosecco nel suo complesso sicuramente diversi miliardi di Euro. A dare un ulteriore colpo all’immagine del Prosecco doc ci sono le foto scattate proprio nella zona di produzione del Prosecco Spumante Doc Conegliano Valdobbiadene, mentre si vendemmiava su colline eroiche e impervie. Insomma un’operazione solo commerciale che va ad aumentare la confusione, visto che con il nome di Prosecco troviamo bottiglie di spumante, frizzante, tranquillo, nella versione Doc, ma anche l’Igt, ed ancora il solo nome di vitigno, senza contare che tante regioni del mondo hanno recentemente impiantato viti di Prosecco italiano. Risultato? Oggi su 4 bottiglie di Prosecco Spumante Italiano sul mercato, 1 sola è Doc, cioè proveniente dalla zona di “collina” della Altamarca. A fronte di 4600 ettari vitati della zona Doc, si sono oltre 10 mila ettari in Italia e già circa 1000 nei vari paesi produttori al mondo. Per molti dunque non è più tempo di aspettare: è arrivato il momento di fare chiarezza e mettere le cose a posto, a difesa dell’inimitabilità del Prosecco Doc che negli ultimi 15 anni ha raggiunto una qualità diffusa, una produzione stabile, un buon ritorno economico, prezzi sul mercato sostenuti, volumi crescenti nel consumo all’estero e in Italia, che si prevede possano aumentare di un altro 12% nel 2006. Ormai il Prosecco spumante è un simbolo del “Made in Italy” e l’emblema anche di una nuova cultura del vino, che propone lo spumante a tutto pasto e in ogni occasione. Il dibattito fra i produttori e le istituzioni dunque si è aperto e diventa incalzante: è giunto il momento di risolvere il problema della identità territoriale, anche se forse sinora non si è ragionato in modo approfondito e complessivo dei vari fattori in gioco: normative nazionali ed europee, la convivenza tra la zona di “collina Doc” e l’area di “pianura Igt”, la tutela del nome, del territorio, di una massa critica globale necessaria per affrontare il sistema “globale”. Nel dibattito interviene Giampietro Comolli, Direttore del Forum Spumanti d’Italia: “Troviamo – dice – prima possibile un nome di territorio made in Italy per il Prosecco doc e solo per il vino spumante. Potremmo così avere una massa critica di prodotto con un unico marchio che parli al consumatore del mondo con un unico linguaggio, denominazione d’origine-metodo-tipologia, fare massa critica e ragionare in modo collettivo, con un Consorzio di Tutela espressione di una filiera produttiva compatta per la tutela assoluta e di garanzia per il consumatore. La lattina è solo un esempio eclatante, ma deve essere soprattutto un segnale di dove può andare a finire tutto il mondo del vino italiano così frazionato se non corre ai ripari e, per il Prosecco Spumante Doc, se non si crea la grande “vigna” del Prosecco, quello con il pedigree collinare e trevigiano”. Ma la strada per farlo non è certo facile da individuare. I produttori, il Consorzio di Tutela e il Forum Spumanti non hanno dubbi che sia necessario chiarire il tipo di confezionamento, la designazione e la classificazione del Prosecco in lattina secondo quanto afferma la legge 822006 che, benché lasci margini ad alcuni dubbi interpretativi, nello spirito afferma che i vini in lattina non possono in Italia portare in etichetta il nome del vitigno. Per quanto invece concerne l’ipotesi, pur condivisibile, di richiedere la registrazione in esclusiva della menzione storica “Prosecco” per la Doc italiana, non ci si può nascondere le difficoltà di un percorso lungo ed accidentato. E allora alcuni operatori del settore e della carta stampata hanno gettato sul tavolo della discussione anche la possibile adozione di un “modello alla francese”: puntare su una Doc ampia di territorio, riconosciuta e di fascino, non una nuova denominazione, riservata allo Spumante e facendo contemporaneamente crescere come cru alcune “sovrazone” storiche o nomi di comuni di particolarissimo pregio produttivo, da quelli già esistenti ad altri nuovi liberamente voluti dai produttori. Una ipotesi di lavoro questa che è sostenuta in particolare da una voce autorevole come la Veronelli Editore, da sempre attenta alla salvaguardia dei territori e che invita a “tutelare tutto il Prosecco prodotto in questa zona sotto un’unica Doc con un nome di territorio e l’identificazione del vitigno: Altamarca Prosecco”, evidenziando però sempre di più i cru d’eccellenza perché “l’identificazione di zone d’eccellenza di un prodotto con forte massa critica contribuisce ad elevare l’immagine di tutto il prodotto”. Diversi sono dunque i percorsi possibili per tutelare l’autentico Prosecco Doc da quella in atto e nuove aggressioni e speculazioni commerciali, tutti con i loro pro e i loro contro. E dunque per prima cosa c’è bisogno di un’ampia condivisione sulle scelte da fare: occorre fare squadra e creare un sistema rete, ruoli precisi e dedicati, una sola regia per la tutela di tutto il Prosecco Doc e non doc provinciale , una sola regia per la promozione e valorizzazione del territorio e dei vari prodotti. Antonio Bisol, già a lungo Presidente del Consorzio di Tutela del Prosecco Conegliano Valdobbiadene, sottolinea che per la tutela “molte sono le idee che si possono approfondire e la sede più opportuna, secondo me, rimane sempre quella del Consorzio che ci rappresenta. Dobbiamo abbandonare le inutili polemiche e ritrovare una posizione comune in modo che il Consorzio possa portare avanti un’iniziativa concreta per promuovere una più ampia tutela di questo nostro amato vino”. . |
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