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Notiziario Marketpress di Lunedì 14 Dicembre 2009
 
   
  MUSEO STORICO ARTISTICO “TESORO DI SAN PIETRO”

 
   
  Milano, 14 dicembre 2009 - Torna all’antico splendore la “cappella sistina in bronzo” del Pollaiolo, straordinario e prezioso monumento bronzeo dedicato a papa Sisto Iv. Si è inaugurato dopo due anni di restauro il Monumento a papa Sisto Iv conservato nel museo del tesoro di San Pietro. L’opera, che racchiude in sé molte e significative valenze, si disvela quale splendida macchina bronzea caratterizzata da uno straordinario complesso figurativo, inusitato per quel tempo, dal quale si evincono i caratteri figurativi “moderni” delle fanciulle che il Pollaiolo ritrae nelle formelle, sia delle virtù sia delle arti. Anticipa di ben quarant’anni, lo scultore fiorentino, l’estetica dei corpi, dalle forti e tese muscolature, delle Sibille michelangiolesche nella Cappella Sistina, che dal pontefice stesso prende il nome. Nel prezioso e singolare monumento, in antico detto la “Cappella Sistina in bronzo”, si intrecciano le storie di due pontefici e le vicende dell’arte e degli artisti, attivi fra Roma e Firenze, del periodo che segna la fine del ‘400 e l’inizio del Rinascimento che fu fervida fucina dei più grandi tesori dell’arte e dell’architettura. A Sisto Iv, cui il monumento è dedicato, già si lega la grandezza e la sensibilità del coltissimo pontefice umanista quale mecenate delle Arti: è lui, infatti, a volere in vita la realizzazione della Cappella Sistina - da cui il nome - ed è lo stesso pontefice che chiama a Roma da Firenze il Botticelli, il Ghirlandaio, il Perugino, il Pinturicchio e il Rosselli che diedero la prima magnificente impronta artistica alla cappella Sistina. Alla morte del Pontefice, è ancora una volta un artista fiorentino a recarsi a Roma per realizzare il suo monumento funebre, ed è il nipote, il Cardinale Giuliano della Rovere a far sì che, attraverso un’abile partita diplomatica che coinvolse lo stesso Lorenzo il Magnifico, giungesse in Vaticano Antonio Benci, detto del Pollaiolo, ritenuto sul finire del ’400, abilissimo orafo e abile cesellatore ma soprattutto il massimo scultore vivente, fama sorpassata solo dal “divino” Michelangelo. Il Pollaiolo realizza in dieci anni d’intenso lavoro (1484-1493) il grandioso monumento. Già la concezione dello stesso segna una svolta importante: è il primo monumento funebre papale realizzato a tutto tondo, tutti i precedenti e quelli addivenire sono realizzati a parete. L´opera, straordinaria e inusuale, viene concepita come monumento regale ed evoca piuttosto i modelli delle tradizionali sepolture d’oltralpe. In effetti, il catafalco sistino, appare un monumento più da re che da papa, confermando la volontà di Giuliano della Rovere di sottolineare esplicitamente il significato “Rinascimentale” politico e temporale del pontificato dello zio. In maniera assai più peculiare si nota nell’opera la totale assenza di figure sacre, il sepolcro, pur presentando una ricca iconografia, ne è totalmente scevro. La figura del papa giace su un materasso coperto da un lenzuolo ricamato circondata dalle sette Virtù d’ispirazione botticelliana, e nelle dieci specchiature sui lati convessi del basamento trovano posto le immagini allegoriche di Arti e Scienze in una struttura libera e istoriata. Soprattutto l’aspetto di fanciulle discinte con cui il Pollaiolo immagina le allegorie delle Arti e delle Scienze, non mancarono di scandalizzare qualche commentatore dell’Ottocento, anche se, non va dimenticato che questa inaudita struttura di bronzo dialogava, nella sua collocazione originaria, con la Madonna col Bambino e angeli del Perugino dove il papa francescano Sisto Iv veniva raffigurato genuflesso ed alla presenza dei santi Pietro e Paolo, nonché di Francesco d´Assisi ed Antonio da Padova (opera andata perduta). Fra i dati più significativi che emergono dall’attenta osservazione delle figure femminili realizzate dal Pollaiolo nella lavorazione delle formelle in bronzo, sia nel caso delle Virtù che per le Arti e Scienze, vi sono le muscolature asciutte e nervose e le pose elastiche e sensibili delle fanciulle che popolano la tomba. Qui si trova un coerente sviluppo d´idee che il Pollaiolo aveva già sperimentato nelle prove migliori del suo periodo fiorentino, e la piena maturazione di quelle premesse insite nella tradizione delle botteghe artistiche della città, nelle quali profondamente affonda le radici della propria cultura. Soprattutto, si può evidenziare come, il vigore plastico dell’anatomia dei volti, le torsioni, la scattante tensione muscolare, contrapposta ai nervosi panneggi delle vesti increspate - tanto da creare vivaci contrasti luministici - che caratterizza le figure muliebri si possa riferire direttamente alle Sibille che Michelangelo dipinge quarant´anni dopo nella Cappella Sistina. Ancora una volta la sommità dell´arte e del mecenatismo si fondono in un unicuum storico straordinario: la Cappella Sistina, voluta da Francesco della Rovere, Sisto Iv, che si arricchisce ulteriormente per volere di Giuliano della Rovere, ora papa Giulio Ii, degli affreschi michelangioleschi ha un fil-rouge nell’estetica delle fanciulle del Pollaiolo, ne è la riprova il fatto che il monumento di papa Sisto Iv fu denominato “la cappella Sistina in bronzo”. Giulio Ii, pontefice illuminato e ambizioso, pone la prima pietra dell’attuale Patriarcale Basilica il 18 aprile del 1506, è lui ad illuminare San Pietro di quel gioiello d’arte e architettura unico al mondo. E’ lui a volere con sé i più grandi artisti viventi e, come fece per il Pollaiolo, ancora una volta, chiama a Roma da Firenze Raffaello e Michelangelo per quella straordinaria avventura che ha segnato uno degli episodi più importanti della storia universale dell´arte. Il lungo e minuzioso intervento di restauro, protrattosi per più di due anni ha restituito al monumento funebre la piena leggibilità degli infiniti particolari e per la prima volta ha permesso di rilevare le diverse fasi della realizzazione dell’opera nei successivi passaggi. È ora evidente come nel monumento a papa Sisto Iv Pollaiolo trasferì le stesse attenzioni e il medesimo operare riservato alla piccola e minuziosa produzione orafa, applicando con successo la sua esperienza nel compimento di un’opera dalle dimensioni monumentali, enormemente complessa per tecnica e ricchezza materiale. La lavorazione delle formelle in bronzo, che rese possibili tali straordinari bassorilievi, è il frutto della sapiente fusione del metallo, della lavorazione delle masse metalliche e delle superfici attraverso specifiche e lentissime operazioni e numerosi passaggi che vanno dalla preparazione dei modelli in cera d’api ai trattamenti finali, agevolati dalla sapiente scelta della composizione della lega metallica impiegata in questi casi ricca di stagno che ha conferito maggiore morbidezza e duttilità del bronzo. Le molte indagini scientifiche effettuate prima e durante i lavori, ed in modo particolare le analisi metallografiche condotte su numerosi punti delle formelle, delle grandi foglie di acanto e delle cornici perimetrali, hanno infatti confermato l’ipotesi “di cantiere” che l’artista abbia volontariamente utilizzato leghe con composizione differente in relazione alla parte da realizzare. La raccolta di questi dati, insieme ad una attenta e dettagliata analisi visiva degli aspetti tecnologici del manufatto, ha permesso di realizzare un quadro conoscitivo approfondito della preziosa opera scultorea e delle tecniche proprie del grande maestro fiorentino. Il Monumento funebre di Sisto Iv non fu mai utilizzato come tale, il pontefice, la sera seguente la sua morte, avvenuta il 12 agosto 1484, fu sotterrato, secondo le sue stesse disposizioni, in un avello al centro della Cappella del Coro dei canonici della vecchia Basilica. Solenne e monumentale, al punto da renderne difficile la collocazione dal momento in cui viene rimosso dalla sede originaria, il catafalco sistino entra a far parte della collezione del Museo del Tesoro di San Pietro nel 1971. Oggi, lo straordinario complesso bronzeo, è fra le opere di maggior pregio storico e artistico del Museo e rappresenta, senza dubbio, la magnificenza della collezione del Capitolo di San Pietro. .  
   
 

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