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Notiziario Marketpress di Giovedì 17 Dicembre 2009
 
   
  PRESENTATO IL MODELLO DI INTERNAZIONALIZZAZIONE DEL VENETO.

 
   
  Venezia, 17 dicembre 2009 - Il Veneto, con 48,2 miliardi di euro, è la seconda regione per valore complessivo di export, che rappresenta a livello regionale 1/3 del Pil. Dopo le buone performance degli ultimi anni, +9,2% nel 2007 e +13,9% nel 2006, nel 2008 l’export è cresciuto dell’1,4%, quando il commercio mondiale di manufatti aveva già evidenziato un repentino rallentamento. E se nei primi nove mesi del 2009 la regione ha subito una perdita del 20,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, questa risulta comunque più contenuta rispetto a quella delle altre regioni e della media italiana (Lombardia -22,6%, Emilia Romagna -25,4%, Piemonte -25,9%, Italia -23,1%). Il primo trimestre ha visto una rilevante contrazione dell’export, cui è seguito un periodo di ripresa, +1,7% nel secondo trimestre, ed una situazione di stabilità nel terzo. A fronte di questa situazione il saldo continua ad essere positivo, oltre 6 miliardi e 300 milioni di euro in questi primi nove mesi. Sono alcuni dei dati che emergono dal rapporto di ricerca sul “Modello di internazionalizzazione del Veneto-analisi storica e comparativa dell’apertura internazionale delle imprese”, realizzato dalla Regione del Veneto e presentato ieri a Palazzo Balbi dall’Assessore alle Politiche dell’Economia, Vendemiano Sartor. Il rapporto analizza il commercio estero, nei suoi caratteri strutturali, nelle sue tendenze più recenti, nelle sue componenti strategiche e nei principali modelli di comportamento delle imprese. Questa analisi viene condotta utilizzando le diverse banche dati ufficiali sul fenomeno, in particolare la banca dati Reprint del Politecnico di Milano-ice, che tiene monitorati i più recenti movimenti delle imprese multinazionali. Infatti vengono studiati anche i dati sulle imprese venete che investono all’estero e sulle imprese estere che investono in Veneto. Lo studio si incentra solo sul lungo periodo 1991-2007, prendendo in considerazione i caratteri strutturali dell’apertura internazionale del Veneto, in quanto estenderlo ai dati provvisori 2008-2009 ne avrebbe potuto inficiare la validità. Il Veneto ha certamente risentito della crisi economica, perché si caratterizza quale modello di internazionalizzazione che nelle ultime due decadi ha visto crescere l’integrazione internazionale della propria economia, con performance di lungo periodo superiori a quelle riscontrate in media per il paese ed altre regioni. Infatti nel periodo 1991-2007 le esportazioni della regione sono cresciute in valore dell’8,7% all’anno, tasso superiore alla media nazionale (+7,9%); inoltre, nello stesso periodo, si è assistito al proliferare di iniziative produttive all’estero, che passano da livelli irrisori di inizio anni novanta – 70 partecipazioni in imprese manifatturiere estere per circa 8. 300 dipendenti all’estero – a valori assai più consistenti – 968 partecipazioni estere per oltre 103 mila dipen¬denti all’estero all’inizio del 2007. “Capire queste dinamiche – sottolinea l’Assessore Sartor - diventa utile, soprattutto quando si è, come oggi, in presenza di una crisi, che determina sempre dibattiti e confronti nel corso dei quali emerge puntualmente la questione delle barriere, del ritirarci entro i confini regionali o nazionali. Fermo restando – precisa – la difesa del Made in Italy come valore aggiunto ai nostri prodotti, non dobbiamo confondere e quindi limitare, l’internazionalizzazione con la delocalizzazione delle produzioni. I dati, infatti, ci dicono che l’internazionalizzazione, intesa sia come investimenti e partecipazione delle imprese venete all’estero, sia come investimenti e partecipazioni esteri in Veneto, rafforza il nostro sistema. E in questa logica – aggiunge Sartor – è necessario rimuovere tutti quegli ostacoli di ordine burocratico, infrastrutturale e anche legale, che impediscono l’arrivo di capitali in Veneto. Abbiamo la fortuna di trovarci in una posizione geografica favorevole, centrale rispetto all’area europea e ai grandi assi di collegamento nord-sud ed est-ovest e direi che abbiamo quasi il dovere, come amministratori, di sfruttare questa situazione, cercando anche alleanze strategiche nell’ambito dell’euroregione dove avviare percorsi di filiera per penetrare nei mercati più lontani”. .  
   
 

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