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Notiziario Marketpress di Lunedì 11 Gennaio 2010
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: CONSORZIO NAZIONALE INTERUNIVERSITARIO PER LE SCIENZE DEL MARE (CONISMA) CONTRO REGIONE MARCHE

 
   
  La Regione Marche ha indetto una procedura di gara per l’affidamento di un appalto di servizi avente ad oggetto l’acquisizione di rilievi marini sismostratigrafici, l’esecuzione di carotaggi e il prelievo di campioni in mare nella fascia costiera compresa tra Pesaro e Civitanova Marche. Il Conisma si è candidato per tale gara ma ne è stato escluso dall’amministrazione aggiudicatrice. Il Conisma ha impugnato detta esclusione con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. In tale ambito, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio ha chiesto il parere del Consiglio di Stato. La Corte ricorda innanzitutto che il Consiglio di Stato, quando emette un parere nell’ambito di un ricorso straordinario, costituisce una giurisdizione ai sensi dell’art. 234 Ce (sentenza Garofalo e a. , cause riunite da C 69/96 a C 79/96). La partecipazione di un consorzio di università ed amministrazioni pubbliche Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni della direttiva 2004/18, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, ostano alla partecipazione ad un appalto pubblico di servizi di un raggruppamento costituito esclusivamente da università e amministrazioni pubbliche. Inoltre, stando a tale domanda, il raggruppamento di cui trattasi non persegue un preminente scopo di lucro, non dispone di una struttura organizzativa d’impresa e non assicura una presenza regolare sul mercato Le disposizioni della direttiva 2004/18, da un lato, non contengono una definizione della nozione di «operatore economico» e non operano distinzioni tra gli offerenti a seconda che essi perseguano o meno un preminente scopo di lucro, e tantomeno prevedono in modo esplicito l’esclusione di enti come quello oggetto della causa principale. Tuttavia, la direttiva 2004/18 evoca la possibilità, per un «organismo di diritto pubblico», di partecipare in qualità di offerente ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico e riconosce la qualità di «operatore economico» anche, in modo esplicito, a ogni «ente pubblico», nonché ai raggruppamenti costituiti da tali enti, che offrono servizi sul mercato. Orbene, la nozione di «ente pubblico» può includere anche organismi che non perseguono un preminente scopo di lucro, che non hanno una struttura d’impresa e che non assicurano una presenza continua sul mercato. Inoltre, la direttiva vieta agli Stati membri di prevedere che i candidati o gli offerenti, i quali sono autorizzati a fornire la prestazione che costituisce l’oggetto di un bando, siano respinti soltanto per il fatto che, secondo la normativa dello Stato membro in cui è aggiudicato l’appalto, essi dovrebbero essere o persone fisiche o persone giuridiche. Lo Stato membro deve fare in modo che una possibile distorsione della concorrenza, a motivo della partecipazione ad un appalto di enti che vanterebbero una posizione privilegiata grazie a finanziamenti pubblici che vengono loro erogati, non si produca. In caso di offerte anormalmente basse dovute alla circostanza che l’offerente ha ottenuto un aiuto di Stato, l’amministrazione aggiudicatrice ha l’obbligo o la facoltà, di prendere in considerazione l’esistenza di sovvenzioni, ed in particolare di aiuti non compatibili con il Trattato, al fine di escludere gli offerenti che ne beneficiano. Tuttavia, una posizione privilegiata di un operatore economico in ragione di finanziamenti pubblici o aiuti di Stato non può giustificare l’esclusione dalla partecipazione a un appalto pubblico. Infine, la normativa comunitaria non richiede che il soggetto che stipula un contratto con un’amministrazione aggiudicatrice sia in grado di realizzare direttamente con mezzi propri la prestazione pattuita perché il medesimo possa essere qualificato come imprenditore, ossia come operatore economico; è sufficiente che tale soggetto abbia la possibilità di fare eseguire la prestazione di cui trattasi, fornendo le garanzie necessarie a tal fine. Di conseguenza, è ammesso a presentare un’offerta qualsiasi soggetto o ente che si reputi idoneo a garantire l’esecuzione di detto appalto, in modo diretto oppure facendo ricorso al subappalto, indipendentemente dal fatto di essere un soggetto di diritto privato o di diritto pubblico e di essere attivo sul mercato in modo sistematico oppure soltanto occasionale, o, ancora, dal fatto di essere sovvenzionato tramite fondi pubblici o meno. Un’interpretazione restrittiva della nozione di «operatore economico» avrebbe come conseguenza che i contratti, conclusi tra amministrazioni aggiudicatrici e organismi che non agiscono in base a un preminente scopo di lucro non sarebbero considerati come «appalti pubblici», potrebbero essere aggiudicati in modo informale e, in tal modo, sarebbero sottratti alla norme comunitarie in materia di parità di trattamento e di trasparenza, in contrasto con la finalità delle medesime norme. L’esclusione delle entità senza scopo principale di lucro La normativa nazionale (d. Lgs. 163/2006) è interpretata nel senso che essa riserva la partecipazione ai soli prestatori che offrano servizi sul mercato in modo sistematico e a titolo professionale, con esclusione dei soggetti che, come le università e gli istituti di ricerca, non perseguono un preminente scopo di lucro. Come risulta dalla direttiva 2004/18, gli Stati membri hanno il potere di autorizzare o meno talune categorie di operatori a fornire certi tipi di prestazioni. Tuttavia, se, e nei limiti in cui, siffatti soggetti siano autorizzati a offrire taluni servizi sul mercato, la normativa nazionale che recepisce la direttiva 2004/18 nel diritto interno non può vietare a questi ultimi di partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici aventi ad oggetto la prestazione degli stessi servizi. Per questi motivi, la Corte dichiara e statuisce: Le disposizioni della direttiva 2004/18/Ce, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, devono essere interpretate nel senso che consentono a soggetti che non perseguono un preminente scopo di lucro, non dispongono della struttura organizzativa di un’impresa e non assicurano una presenza regolare sul mercato, quali le università e gli istituti di ricerca nonché i raggruppamenti costituiti da università e amministrazioni pubbliche, di partecipare ad un appalto pubblico di servizi. La direttiva 2004/18 deve essere interpretata nel senso che essa osta all’interpretazione di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale che vieti a soggetti che, come le università e gli istituti di ricerca, non perseguono un preminente scopo di lucro di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, benché siffatti soggetti siano autorizzati dal diritto nazionale ad offrire sul mercato i servizi oggetto dell’appalto considerato (Sentenza del 23 dicembre 2009 nella causa C-305/08).  
   
 

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