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Notiziario Marketpress di Martedì 31 Ottobre 2006
 
   
  LA MONOGRAFIA “CAFFÉ E SALUTE”

 
   
  Per anni il caffé è stata la bevanda più studiata al mondo per chiarirne la composizione chimica e i suoi molti aspetti in relazione con la salute. Oggi, seppur ancora studiato proprio perché nel tempo si sono messe in luce le sue molte valenze positive, si può tranquillamente affermare che il caffé è un “concentrato di numerosissime sostanze, molte delle quali con una attività biologica non comune”. Se consumato con il giusto equilibrio, il caffé non solo non fa male ma, addirittura, può aiutare a stare meglio e a prevenire molte patologie. Il booklet spazia dalla chimica del caffé ai suoi effetti sull’organismo fino alla sua presumibile implicazione (positiva o negativa) con varie patologie. Chi non dovesse sopportare la caffeina, può tranquillamente rivolgersi al caffé decaffeinato, ricco delle stesse sostanze utili fatto salvo la caffeina. Caffé e Donna - La fisiologia femminile è da anni presa in esame proprio per il delicato compito che Madre e Natura ha concesso alla donna: partorire. La gestazione e il parto però sono solo una piccola frazione dell’universo donna che, proprio in quanto tale, può soffrire o vivere alcuni stati “fisiologici” in maniera più o meno disagevole. Il booklet prende in esame alcuni di questi stati in relazione al consumo di caffé. La “sindrome premestruale”, quadro di alterazioni di differente natura che si manifestano, generalmente, alcuni giorni prima della comparsa del flusso mestruale, è spesso associata ad un insieme psico-emozionale (ansia, depressione, irritabilità). Una condizione che vede coinvolto almeno il 40% dell’universo femminile. Vari studi, incrociati fra essi, hanno dimostrato che la caffeina non può essere additata come peggiorativo della sintomatologia. Sugli effetti della caffeina in “fase gravidica” si studia da più di ventanni. L’uso di caffé, si ritiene, può essere modulato e inversamente associato alla presenza di nausee che ne fanno diminuire naturalmente il consumo. A tutt’oggi non solo non vi sono studi che evidenzino legami fra assunzione di caffeina e difetti congeniti, e piuttosto esistono conferme che un moderato uso di caffé, non incide sul rischio di parto pretermine o nascite di basso peso, né sul ritardo di crescita intrauterina. Neppure in “fase di allattamento” esiste una incidenza del consumo di caffeina, in termini di qualità proteica, di contenuto in lattosio e di acidi grassi, nel latte della nutrice. La moderazione è sempre consigliata (non oltre 3 tazzine di espresso al giorno). E’ comunque consigliabile (Inran 2003) controllare il consumo di alimenti nervini (caffé, the, cioccolata, bevande contenenti caffeina) perché escreti con il latte materno coinvolgendo il lattante nell’assunzione con un possibile aumento della sua irritabilità e insonnia. In “menopausa” i problemi principali si legano all’insorgenza di osteoporosi. E’ possibile che la bassa assunzione di calcio combinata con un alto consumo di caffeina, propongano il problema. Ma è bene sapere che l’osteoporosi è una malattia multifattoriale complessa dove entrano in gioco non solo le abitudini alimentari e lo stile di vita, non sempre sano, ma anche una predisposizione genetica. Infine la malattia di Parkinson dove un consumo di caffé si associa ad una riduzione del rischio di insorgenza. Se tale risultato è più evidente nel sesso maschile rispetto al femminile la spiegazione sta nell’interazione tra caffeina e terapia estrogenica. Nelle donne che non seguono una terapia estrogenica sostitutiva il consumo di caffé risulta essere fattore di protezione dal morbo. Caffé e apparato gastroenterico - Per lungo tempo è stata posta l’attenzione ai potenziali effetti dannosi del caffé sull’apparato gastroenterico. I medici ne hanno sconsigliato l’uso perché ritenuto dannoso al fegato. Oggi non solo si è messo in luce che il caffé fa bene al fegato ma i numerosi studi scientifici degli ultimi anni hanno rimosso i sospetti sulla pericolosità del caffé. Gli studi hanno evidenziato, viceversa, alcuni effetti benefici nei confronti del fegato e dell’intestino. Di più! Gli studi hanno messo in luce che gli effetti positivi del consumo di caffé sulla ghiandola epatica e sull’intestino non sono dovuti esclusivamente alla caffeina ma ad alcune molecole (Kahweolo e Cafestolo) che si sono rivelate particolarmente protettive per la cellula epatica. Il booklet prende in esame alcuni aspetti importanti del sistema digestivo in relazione al consumo di caffé e sottolinea che: nel tratto digerente caffé e caffeina svolgono importanti funzioni utili al processo digestivo tra cui la stimolazione della saliva e dei succhi gastrici, lo svuotamento della bile, l’influenza sugli ormoni gastroenterici, fino alla protezione della cellula epatica dal danno alcolico o virale e alla stimolazione della funzionalità del colon e alla sua protezione. Viene anche sottolineato come il caffé non abbia effetti importanti sul reflusso acido nei pazienti affetti da Gerd (Reflusso Gastro-esofageo) e non è associato a dispepsia. Sul pancreas una vasta maggioranza di studi mette in luce la non relazione fra insorgenza di cancro pancreatico e consumo di caffé. Sul fegato, si ribadisce la protezione dall’insorgenza di cirrosi alcolica o virale. Per non parlare dell’associazione inversa fra consumo di caffé e insorgenza di calcoli biliari: l’associazione sembra dose-dipendente. Infatti maggiore è il numero di tazzine consumate e minore è il rischio di malattia. Infine si hanno risultati positivi riguardo al suo effetto anti-mutageno: il consumo moderato di caffé non provoca cancro alla bocca, alla faringe, all’esofago, allo stomaco, al fegato e al pancreas. Meglio, protegge dal cancro colo-rettale! Quanto sopra grazie alla presenza dei di terpeni (Kahweolo e Cafestolo) e alle Melanoidine presenti nel caffé che hanno mostrato un effetto de-mutageno contro i mutageni indotti dal calore. Il booklet conclude che sia il caffé con caffeina sia quello senza, ai livelli di consumo normali (300 mg di caffeina/die pari a circa 4 tazzine di Moka all’italiana), non si espone ad alcun rischio il nostro apparato gastroenterico e, addirittura, lo si protegge da numerose e gravi patologie. Caffé e cuore - La definizione Malattie Cardiovascolari accorpa le patologie a carico del cuore e del circolo sanguigno. Tra le più frequenti quelle di origine arteriosclerotica (malattie ischemiche del cuore: infarto acuto miocardico, angina pectoris, cardiomiopatie, insufficienza cardiaca, aritmie; le malattie cerebrovascolari: ictus ischemico ed emorragico). In Italia, così come in Europa, le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte (44% di tutti i decessi). La loro insorgenza è fortemente correlata con la presenza di un insieme di fattori – definiti “di rischio” – che o aumentano la possibilità di sviluppare la patologia o predispongono l’organismo ad ammalarsi. Uno dei fattori di rischio più incidente ma anche il più controllabile e, soprattutto, il più gestibile dal singolo è “lo stile di vita”. Nello stile di vita rientra anche l’alimentazione. Il booklet analizza la possibile influenza del consumo di caffé sul sistema cardiovascolare riferendosi ad un suo uso inserito in un contesto di corrette abitudini alimentari e sano stile di vita. Oltre a introdurre ai diversi tipi di preparazione della bevanda (assai importanti per comprendere i contenuti differenti di caffeina a bevanda pronta), il booklet sottolinea che caffé non è sinonimo di caffeina perché molte delle sostanze in esso contenuto si sono dimostrate capaci di contrastare o potenziare gli effetti della caffeina stessa. Ampiamente studiata, negli ultimi 40 anni, la relazione fra malattie cardiovascolari e consumo di caffé ha dimostrato che l’abitudine alla bevanda è spesso associata alla sedentarietà, ad una dieta scorretta, al fumo. Questi ultimi sono tutti fattori confondenti e certamente di rischio per l’insorgenza delle patologie in causa. Molti studi prospettici, su un campione di popolazione vasto, hanno evidenziato risultati differenti (a volte positivi riguardo l’uso della bevanda e a volte negativi). Due recenti studi (2004) però hanno finalmente chiarito il perché delle differenze dimostrando che al consumo moderato di caffé (dalle 2 alle 4 tazze al giorno – si parla di caffé all’americana), si associa un rischio cardiovascolare minore rispetto ad un consumo “leggero” (<1 tazza al giorno), mentre un consumo elevato (≥5 tazze al giorno) si associa un incremento del rischio. Anche se il dibattito non è ancora concluso, le osservazioni a disposizione indicano che nei soggetti sani il consumo abituale e moderato di caffé non aumenta il rischio di malattia cardiovascolare e, anzi, risulta protettivo. Nel booklet si analizzano anche il rapporto fra uso di caffé e ipercolesterolemia (mettendo l’accento che negli individui con corretto stile di vita e con una alimentazione equilibrata, l’innalzamento dei livelli plasmatici di colesterolo è trascurabile), caffé e pressione arteriosa (nei soggetti sani un consumo moderato e abituale di caffé ha effetti assai modesti e a volte non clinicamente rilevabili sui valori pressori), su caffé e diabete (i consumatori abituali di caffé, sani, sono più protetti, rispetto ai non consumatori, nel contrarre la malattia). Infine si analizzano il ruolo dell’omocisteina (il cui aumento ematico spesso viene imputato anche al consumo di caffé) nell’insorgenza delle malattie cardiovascolari, il ruolo degli antiossidanti contenuti nella bevanda sia essa normale che decaffeinata (il caffé, a tutt’oggi, rappresenta la principale fonte di antiossidanti della dieta) nel prevenire l’aumento della frazione lipidica “cattiva” (Ldl) del colesterolo, l’azione antiaggregante del caffé (l’aggregazione piastrinica entra a far parte del processo di riparazione tissutale della parete arteriosa con formazione - a fronte di alti valori di Ldl - della placca ateromasica e conseguente restringimento del lume arterioso. Fra le possibili fasi successive sono: l’aumento pressorio e la completa chiusura del lume arterioso fino all’infarto). .  
   
 

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