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Notiziario Marketpress di Martedì 26 Gennaio 2010
 
   
  LE COINCIDENZE SIGNIFICATIVE DA LOVECRAFT A JUNG, DA MUSSOLINI A MORO LA SINCRONICITÀ E LA POLITICA IL NUOVO LIBRO DI GIORGIO GALLI

 
   
  Torino, 26 gennaio 2010 - Tornano finalmente in libreria, in una versione completamente rivista e aggiornata dall´Autore, «Le coincidenze significative» di Giorgio Galli. Galli ci offre l´occasione per rileggere eventi storici, vicini e lontani, con un suggestivo, curioso, intrigante pamphlet in equilibrio tra cronaca, politica, storia d´Italia e costume. Partendo da un concetto definito da Jung nel 1950, quello di sincronicità, Giorgio Galli propone un’analisi della realtà politica italiana e internazionale dell’ultimo secolo, attraverso l’individuazione di «coincidenze significative» fra gli eventi della storia. Esse, secondo lo psicoanalista svizzero, riguarderebbero fatti non vincolati da un rapporto di causa ed effetto (l’uno non è la conseguenza dell’altro) ma caratterizzati appunto da sincronicità (avvengono nello stesso tempo), e che presenterebbero un’evidente comunanza di significato. Muovendo dalla suggestiva intuizione junghiana, Galli individua nelle coincidenze significative il prodotto di un «gruppo di eventi schierati attorno a un centro», la cui decifrazione coincide con il tentativo di mettere ordine in una realtà sempre più difficile da decodificare secondo i canoni tradizionali della causalità. La storia e la cronaca offrono numerosi e sorprendenti esempi di «coincidenze» – quelle che legano Matteotti, Mussolini e Moro, ma anche la strage di piazza Fontana, gli Ufo e il caso Calvi; oppure quelle che caratterizzano la politica estera statunitense da Reagan a Obama, passando per l’attacco alle Twin Towers –, che l’occhio esperto di Galli individua facendo emergere relazioni inattese e «misteriose», ma proprio per questo intriganti. Al lettore l’invito e la sfida a coglierne altre. Dal libro - La vicenda del Banco Ambrosiano ha portato all’attenzione di una sorpresa opinione pubblica rapporti assai stretti tra due istituzioni ritenute in permanente contrapposizione quali il Vaticano e la Massoneria. Forse la sorpresa sarebbe minore se si risalisse ad alcune vicende e connessioni culturali del tempo della Riforma: penso agli studi di Frances Yates sull’Illuminismo dei Rosacroce. Per stare al tema delle coincidenze, partirò dalla prefazione a una piccola antologia preparata due anni fa per un corso all’università di Milano (La ragione di Stato. L’inghilterra e le streghe) su possibili collegamenti tra le radici culturali e le esperienze della «caccia alle streghe», e il pensiero che ha dato origine alla moderna democrazia rappresentativa. Nella conclusione mi ponevo una domanda che poteva sembrare bizzarra e direttamente non attinente al tema: Il papa che con la sua costituzione del 1326 Super illius specula autorizza l’adozione della procedura inquisitiva contro le streghe che egli grandemente temeva, aveva assunto il nome di Giovanni Xxii. Perché il papa più buono e più amato del recente periodo della Chiesa (Giovanni Xxiii) ha voluto ricollegarsi a un predecessore che temeva le streghe e che decretò di inquisirle? Stavo concludendo il corso per il quale era stata preparata l’antologia, allorché si delineò il successo del libro di Umberto Eco Il nome della rosa (che si sarebbe affermato al premio Strega: coincidenza). Il protagonista-narratore inventato da Eco (il monaco Adso di Melk) parla appunto di Giovanni Xxii per dire che egli fu tanto funesto che il suo nome non avrebbe più dovuto essere adottato da nessun pontefice. E infatti non lo fu, fino ad Angelo Roncalli. Se, al di là dell’interpretazione ufficiale della scelta, torniamo alla domanda che mi ero posta, troviamo una tentata risposta («molto dubbia», come si vedrà) in un testo di quello stesso Pier Carpi rimasto amico di Licio Gelli e che lo ha intervistato per conto di «Panorama»: e compare la P2. Nel libro Le profezie di Papa Giovanni. La storia dell’umanità dal 1935 al 2033, pubblicato in quel 1976 che vede al contempo la «solidarietà nazionale» e l’ascesa della P2, Pier Carpi, basandosi sulla testimonianza di un Rosacroce, sostiene che nel 1935, mentre era nunzio in Turchia, Angelo Roncalli fu iniziato a una non meglio definita società segreta. Entrandovi, il futuro papa avrebbe preso il nome di Johannes, Giovanni. Pier Carpi sostiene che il Rosacroce gli fornì i verbali di tre riunioni della società alla quale Johannes avrebbe partecipato e nelle quali formulò, appunto, le sue profezie. Ogni foglio del verbale recava l’intestazione del tempo nel quale si sarebbero svolte le riunioni: «Il cavaliere e la rosa» (mi chiedo se Umberto Eco conosceva questo testo quando pensò alla «rosa» che figura nel titolo del suo libro; se non lo conosceva sarebbe una coincidenza). Nel suo libro Fascismo, massoneria e Chiesa cattolica Gianni Vannoni, che cita quanto narrato da Pier Carpi, osserva: «L’autenticità dell’insieme è molto dubbia, ma riteniamo comunque opportuno segnalare il caso». Si può condividere: dubbio, ma il caso va segnalato, tanto più che quando mi ero posto la domanda su Giovanni Xxiii non conoscevo l’episodio, indicatomi da un mio collaboratore all’università che in precedenza mi aveva sconsigliato di introdurre nella prefazione dell’antologia qual tema apparentemente fuori luogo. Continuo con le coincidenze. Proprio a Giovanni Xxiii si rivolge, nel 1962, Aldo Moro per difendere la sua strategia del centro-sinistra dall’ostilità della gerarchia cattolica. Quando tenterà una strategia analoga nei confronti del Pci, lo stesso Moro incontrerà un’ostilità che, secondo i familiari, ha concorso alla sua tragica fine. A proposito della quale un magistrato a quanto si dice piduista (il procuratore De Matteo) incarica un ufficiale dei carabinieri anch’egli, si dice, piduista (il colonnello Cornacchia) di indagare su Licio Gelli. E sempre secondo i familiari, fu impedito a un pontefice (Paolo Vi) di intervenire più efficacemente per la salvezza di Moro. Vaticano e Massoneria si profilano dunque dietro la vicenda. Se un papa non riuscì a salvare Moro, il suo predecessore (Giovanni Xxiii) lo agevolò nella sua azione politica: è quanto risulta da un’inchiesta di Giancarlo Zizola pubblicata nello scorso maggio da «Panorama». Vi viene citata una lettera di Aldo Moro (3 febbraio 1962) il quale ringraziando il papa conclude: «Chino al bacio del S. Piede, prego voler gradire, Beatissimo Padre, i miei devoti ossequi». Un laico è senza dubbio colpito dall’espressione «Chino al bacio del S. Piede». Tanto più per l’analogia (coincidenza) con un episodio narrato nel libro dell’ex-segretario del partito fascista, Giovanni Giuriati, La parabola di Mussolini nel ricordo di un gerarca. D’intesa col patriarca di Venezia (ruolo che sarà poi di Giovanni Xxiii) cardinal La Fontaine («considerato un santo», scrive Giuriati: come appunto il suo successore), lo stesso Giuriati organizza un incontro tra don Sturzo e Mussolini per tentare «di fondare in Italia una stabile concentrazione antisocialista». L’incontro avviene nell’estate 1921 e la rievocazione inizia così: «Fu introdotto don Sturzo che s’inginocchiò davanti al cardinale (La Fontaine) e fece l’atto di baciargli la pantofola. Fece l’atto: ché il cardinale, con amorevole gesto paterno, lo aiutò a rialzarsi». Questa coincidenza del bacio (per lettera e per tentativo) del piede e della pantofola di due patriarchi di Venezia, in due fasi cruciali a quarant’anni di distanza della politica italiana, è una coincidenza tanto più significativa se si pensa che Moro e Sturzo sono considerati due campioni dell’autonomia politica dei cattolici nei confronti della gerarchia ecclesiastica. Nel libro di Giuriati si insiste particolarmente sulla Massoneria come organizzatrice di complotti contro il fascismo. L’argomento (coincidenza) si ritrova nel recente libro del dirigente dell’Archivio centrale dello stato, Gaetano Contini, La valigia di Mussolini. Egli sostiene che il duce portava con sé verso la Svizzera non già documenti misteriosi e compromettenti per altri, ma semplicemente quelli che giustificavano la sua azione politica dal primo dopoguerra in poi. Tra questi, significativi testi concernenti una supposta congiura antifascista a cavallo del delitto Matteotti, nella quale avrebbe avuto un ruolo di primo piano la Massoneria. Proprio sul paragone tra «delitto Matteotti» e «delitto Moro» insiste il «Corriere della Sera» del periodo piduista. Un paragone strano, se si pensa che il «delitto Matteotti» è per la storiografia un delitto di Stato, coinvolgente responsabilità dell’esecutivo, mentre il «delitto Moro» è diretto contro «il cuore dello stato», per usare l’espressione del partito armato. Che Moro sia rimasto vittima di un complotto per connivenze al vertice del potere è la tesi adombrata dalla famiglia. L’apparentemente incongrua analogia del «Corriere» può acquistare significato diverso ora che si legge che la P2 può essere collegata alla vicenda. E proprio la lista della P2 suscita il primo stupore quando si apprende che sono massoni non pochi uomini politici cattolici. E massone – anche se, sosteneva, non della P2, nella quale figurava – era, per sua ammissione, Roberto Calvi. Chi poteva pensare che lo fosse il presidente del Banco Ambrosiano, la «banca dei preti» per definizione, la banca del Vaticano e del culturalmente vivo cattolicesimo lombardo? Le coincidenze portano dunque lontano. Dalla persecuzione contro le «streghe», dalla scelta del nome di un pontefice, sono arrivato alla sequenza Giovanni Xxiii, Moro, P2, Massoneria, Matteotti, complotti. Si può aggiungere che il Mussolini socialista si batte per l’incompatibilità tra iscrizione al partito e appartenenza alla Massoneria. Il Mussolini fascista attribuirà a questa organizzazione i complotti contro di lui, da quello dell’uccisione di Matteotti (che affermò sempre di non aver voluto) a quello del 25 luglio (Badoglio era massone; come, forse, Vittorio Emanuele Iii). Matteotti, Mussolini, Moro: i tre leader politici italiani uccisi in questo secolo. Tre iniziali in «Emme»: come Morte, come Mistero. E come Massoneria. Forse vale la pena di riflettere su altre possibili coincidenze di tre determinanti momenti politici: 1924, 1945, 1978. L´autore - Giorgio Galli è stato docente di storia delle dottrine politiche presso l’Università degli Studi di Milano. Tra le sue numerose opere ricordiamo: Il decennio Moro-berlinguer. Una rilettura attuale (2006), Enrico Mattei: petrolio e complotto italiano (2005), Hitler e il nazismo magico (2005), Piombo rosso. La storia completa della lotta armata in Italia dal 1970 a oggi (2005), I partiti politici italiani (1943-2004). Presso le Edizioni Lindau ha pubblicato La magia e il potere (2004) e La venerabile trama (2007). Edizioni Lindau pp. 200, euro 18. .  
   
 

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