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Notiziario Marketpress di
Lunedì 01 Febbraio 2010 |
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L’INCHIESTA DI QUATTRORUOTE SULLE MULTE: COSA C’È DAVVERO DIETRO AL BUSINESS DELLE CONTRAVVENZIONI? IL MENSILE LANCIA UNA RACCOLTA DI FIRME SUL SUO SITO PER FERMARE I NUOVI EMENDAMENTI DELLA CAMERA E DEL SENATO SULLE GIÀ ESAGERATE SANZIONI CHE IL PARLAMENTO VUOLE AUMENTARE
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Rozzano, 1 febbraio 2010 - L´italia è il paese delle sanzioni esagerate. Che il Parlamento vuole aumentare. Ma la sicurezza non è questione di soldi: chi sbaglia va punito e chi viola gravemente il Codice non deve guidare. Quattroruote ha indagato su cosa c’è dietro il business delle contravvenzioni con una lunga inchiesta in uscita sul mensile in edicola dal 27 gennaio. E lo fa attraverso studi e testimonianze davvero sconcertanti. Eccone una: Anna è un’impiegata di 28 anni: sta guidando un’utilitaria, comprata usata per 5. 000 euro. Le sue finanze, del resto, non le permettono di più. Marco, invece, è dirigente in una multinazionale: è al volante di una berlina tedesca da 40. 000 euro, messagli a disposizione dall’azienda. La strada che stanno percorrendo a breve distanza l’una dall’altro, larga e sicura, è la stessa, la trappola anche: un autovelox, messo a bella posta da un Comune bisognoso di sanare il bilancio deficitario proprio là dove, improvvisamente, il limite di velocità scende da 90 a 50 km/h. Ci cascano entrambi e, dopo molti mesi (l’amministrazione - si sa - ha il diritto di prendersela comoda, a differenza dei cittadini), tutti e due ricevono un verbale: 370 euro da pagare sull’unghia, perché superavano di oltre 40 km/h un limite inutile e irrealistico. Anna paga e si autodenuncia perdendo, oltre alla patente per un mese, 10 punti: non può fare diversamente, perché i 263 euro supplementari richiesti a chi si trincera dietro un «non ricordo» di fronte alla richiesta d’identificazione del conducente formulata dalle autorità, proprio non se li può permettere. Marco no, invece, non rinuncerà a nulla: versando i 633 euro, che si può permettere tranquillamente, non perderà né i punti né la patente. E probabilmente continuerà ad andare forte, anche quando le condizioni della strada lo renderanno pericoloso, con la certezza che la legge, a fronte di un obolo più o meno cospicuo, permette a molti di farla franca. Questa è l’equità sociale delle sanzioni per chi trasgredisce le norme di comportamento al volante nel nostro Paese: l’importante è «fare cassa» con l’alibi della sicurezza, permettere ai Comuni di mettere a bilancio cifre spropositate e surrogati di «dazi» prelevati dalle tasche dai cittadini. La vera educazione stradale e i principi di giustizia passano, invece, serenamente in secondo piano. Ma c’è di peggio ed è proprio la strada che il Parlamento sta seguendo nel modificare il Codice. A riforma approvata, infatti, Anna si troverebbe a dover pagare, invece di 370, ben 500 euro, ovvero quasi metà del suo reddito, ma perderebbe solo sei punti patente invece di dieci. Tutto questo non piace a Quattroruote che si attiva con una grande inchiesta e chiede ai suoi lettori di dire la loro e di fermare il Senato (che sta esaminando in Commissione Lavori pubblici il provvedimento) e la Camera (che dovrà tornare ad approvare il testo emendato) prima che la nuova legge diventi definitiva. Sul sito www. Quattroruote. It <http://www. Quattroruote. It/> si attiverà presto una raccolta di firme che verranno poi portate a Roma: nei Palazzi del potere, in tutte le sedi competenti e cercherà di coinvolgere i politici più sensibili al tema, senza distinzione di schieramento, perché la giustizia sociale è quanto mai «bipartisan». La verità è che le multe, in Italia, sono già troppo alte: è vero, ci sono altri Paesi in cui si registrano sanzioni anche da record (come la Finlandia o la Svizzera), ma sono proporzionali al reddito di chi commette l’infrazione. Da noi, no: in teoria la legge è uguale per tutti, ma in realtà l’ammenda penalizza i meno abbienti. 150 euro per chi passa per sbaglio con un semaforo giallo (neppure rosso), 155 euro per chi supera di dieci km/h un limite assurdo, 200 euro per chi sosta con il motore acceso e l’aria condizionata inserita o da 500 a 2. 000 euro (decide il giudice) per chi ha un tasso alcolemico compreso tra 0,5 e 0,8 g/l sono già sanzioni esagerate, senza bisogno che il legislatore infierisca ancora. Anche perché le multe salgono regolarmente, con adeguamenti biennali all’inflazione previsti dalla legge stessa. Fra il 2007 e il 2009 la spesa globale, che include anche le contravvenzioni verbalizzate da Carabinieri, Polizia stradale e Guardia di finanza, secondo l’ultimo Rapporto Aci-censis è aumentata addirittura del 57,9%, passando da 57 a 90 euro pro capite. Nessun altro capitolo di spesa, tolto quello per i parcheggi (altra nota dolente: +54,3%), ha conosciuto una simile impennata: l’esborso per i pedaggi autostradali, spesso giustamente criticato, è aumentato dell’11,3%, quello per la manutenzione del 5,8%, mentre le voci relative a carburanti, assicurazione e bollo sono addirittura diminuite (rispettivamente del 5,2, 8,5 e 11,2%). Del resto, a «campare» sulle spalle degli automobilisti sono soprattutto gli enti locali, con incassi da capogiro: Roma, nel 2007, ha accertato infrazioni per 339,53 milioni di euro, Milano per 134,34 milioni, Napoli per 74,92 milioni. Ci sono Comuni, come quello di Genova, che hanno già messo a bilancio per il 2010 accertamenti per 38 milioni di euro contro i 30,8 del 2007; Bologna, invece, ha confermato il preventivo di 36 milioni di euro perché, parola di Giunta del sindaco Delbono, «il tasso di violazioni è altissimo» ed «è colpa della gente che continua a prenderle, le multe». Insomma: un business gigantesco e milionario, che con la sicurezza stradale ha ben poco a che fare. Del resto, la legge italiana, oltre ad ammende esagerate, prevede per gli automobilisti altre sanzioni a dir poco draconiane. Chi eccede con l’alcol (e fa male, non si discute), superando il valore di 1,5 g/l, si vede prima sequestrata, poi definitivamente confiscata e messa all’asta l’automobile: a patto che sia sua, perché se si è scambiato al volante con un amico, la norma non vale. Ma che senso ha rivalersi su un bene e non limitarsi a privare della patente per un periodo prolungato chi, col suo comportamento, ha messo in pericolo sé e gli altri? . . |
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