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Notiziario Marketpress di Lunedì 22 Febbraio 2010
 
   
  BIRMANIA, IL PARLAMENTO EUROPEO NON DIMENTICA AUNG SAN SUU KYI E CHIEDE IL SUO RILASCIO

 
   
  Bruxelles, 22 febbraio 2010 - Per la prima volta dopo vent´anni, ovvero dall´insediamento della giunta militare, in Birmania quest´anno dovrebbero tenersi le elezioni legislative. Il Parlamento giovedì 11 febbraio ha discusso e votato una risoluzione per chiedere il rispetto dei diritti umani nel Paese dilaniato dai conflitti interni, e - ancora una volta - la liberazione di Aung San Suu Kyi, leader dell´opposizione in prigione quasi ininterrottamente dal 1990. Birmania, la sofferenza di un popolo. La risoluzione del Parlamento sulla Birmania è stata approvata all´unanimità: tutti i gruppi politici sono d´accordo nella condanna del regime militare e nella ferma insistenza sul rispetto dei diritti umani. "La Birmania è uno dei paesi più fragili del mondo rispetto alla situazione dei diritti umani" - ha affermato la deputata popolare Eija-riitta Korola - "E sembra non esserci nessun miglioramento". "I generali probabilmente ignoreranno il nostro appello, ma questo non lo rende meno valido perché, come democratici, abbiamo il dovere solenne di denunciare questa barbarie ovunque si manifesti nel mondo", ha detto Charles Tannock, conservatore britannico. Libertà per Aung san Suu Kyi - La leader del partito di opposizione, del movimento non-violento in Birmania e vincitrice del premio Nobel per la pace nel 1991 è stata nuovamente condannata agli arresti domiciliari in luglio dell´anno scorso. Il Parlamento chiede di nuovo il rilascio della militante, e critica il divieto impostole di candidarsi alle elezioni 2010. Nella risoluzione, i deputati esprimono anche una dura critica alle restrizioni alla libertà di riunione e di espressione, alle continue discriminazioni, violenze, lavoro minorile forzato, repressioni e torture. Elezioni, quante chance che siano libere? Le ultime elezioni in Birmania risalgono al 1990, e i deputati scelti allora dal popolo sono stati tutti forzati alle dimissioni e al carcere. Con oltre 2. 000 prigionieri politici ancora agli arresti, è legittimo sospettare che le elezioni del 2010 potrebbero non essere completamente libere: "Se le elezioni si terranno in conformità con la costituzione scritta dall´esercito, avranno per solo effetto la legittimazione di cinque decenni di dittatura militare", mette in guardia la socialista belga Véronique de Keyser. Conflitti interni e rifugiati - Negli scontri di luglio dell´anno scorso, più di 10. 000 persone sono scappate dal Paese per cercare asilo politico. Fra questi, 3. 000 rifugiati dell´etnia Karen, di religione buddista, la più perseguitata dalla Giunta. Il Parlamento ha ringraziato la Tailandia per aver negato alla Birmania il rimpatrio dei Karen nonostante le pressioni. Ma le tensioni fra Karen e governo si manifestano ciclicamente: per questo la risoluzione chiede al governo la protezione dei civili nella lotta contro l´Esercito Democratico Buddista dei Karen. Inoltre l´Aula domanda alla Commissione europea di mantenere gli aiuti umanitari ai rifugiati sul confine birmano-tailandese (circa 140. 000 persone). Birmania, una storia dolorosa: 1948: indipendenza; 1962: Militari al potere; 1989: Aung San Suu Kyi agli arresti domiciliari; 1990: Lega Nazionale per la Democrazia, partito di A. San Suu Kyi, vince le elezioni, annullate; 2006: Organizzazione Internazionale del Lavoro alla Corte Penale Internazionale per 800. 000 persone costrette i lavori forzati; 2007: proteste anti-governo dei monaci buddisti; 2008: Ciclone Nargis, 200. 000 fra morti e dispersi; 2009: conferma arresti domiciliari a A. San Suu Kyn; 2010: previste le elezioni. .  
   
 

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