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Notiziario Marketpress di Lunedì 22 Febbraio 2010
 
   
  INDAGINE DI CITTADINANZATTIVA SUGLI ASILI NIDO COMUNALI IN ITALIA, TRA CARO RETTE E LISTE DI ATTESA. DISPONIBILITÀ DI POSTI: IL 25% DEI BIMBI NON RIESCE AD ACCEDERVI, UN ANNO FA ERANO IL 23%. COSTI: AL NORD LE 10 CITTÀ PIÙ CARE, A ORISTANO L’INCREMENTO RECORD (+51% RISPETTO AL 2007/08)

 
   
  Roma, 23 febbraio 2010 - 297 euro al mese che, considerando 10 mesi di utilizzo del servizio, portano la spesa annua a famiglia a circa 3. 000€. Tanto costa mediamente in Italia mandare il proprio figlio all’asilo nido comunale, fra difficoltà di accesso, alti costi e disparità economiche tra aree del Paese difficili da giustificare: in una provincia, la spesa mensile media per il tempo pieno può avere costi anche tre volte superiori rispetto ad un’altra provincia, e doppi tra province nell’ambito di una stessa regione. Ad esempio, a Lecco la spesa per la retta mensile, di 572€, è più che tripla rispetto a Cosenza (110€) o Roma (146€) e più che doppia rispetto a Milano (232€). E ancora, in Liguria la retta più economica, in vigore a Savona (279€ mese per il tempo pieno) supera la più cara in Umbria (registrata a Perugia e pari a 271€, sempre per il tempo pieno). On line su www. Cittadinanzattiva. It l’indagine completa, dalla quale si evince come dal 2006 ad oggi la situazione degli asili nido in Italia non sia particolarmente cambiata: il dato di fondo resta sempre l’enorme scarto esistente tra le esigenze delle famiglie e la reale possibilità di soddisfare tali esigenze. L’analisi, svolta dall’Osservatorio prezzi & tariffe di Cittadinanzattiva ha considerato una famiglia tipo di tre persone (genitori e figlio 0-3 anni) con reddito lordo annuo di 44. 200€ e relativo Isee di 19. 000€. I dati sulle rette sono elaborati a partire da fonti ufficiali (anni scolastici 2007/08 e 2008/09) delle Amministrazioni comunali interessate all’indagine (tutti i capoluoghi di provincia). Oggetto della ricerca sono state le rette applicate al servizio di asilo nido comunale per la frequenza a tempo pieno (in media, 9 ore al giorno) e, dove non presente, a tempo ridotto (in media, 6 ore al giorno), per cinque giorni a settimana. Tariffe in crescita. Preoccupa l’incremento medio delle tariffe: +1,4% rispetto al 2007/08, in linea con l’anno prima (+1,8%), dopo che nel 2006/07 si era registrato un +0,7% rispetto al 2005/06. In particolare, nel 2008/09, ben 34 città hanno ritoccato all’insù le rette di frequenza, e 7 capoluoghi registrano incrementi a due cifre: Oristano (+51%), Ragusa (+29%), Catania (+20%), Viterbo (+18%), Trapani (+17%), Salerno (+14%), Pistoia (+11%). Rispetto ad un anno fa, gli aumenti medi principali si registrano al Sud (+3,2%) e al Centro (+2,7), a conferma di una preoccupante tendenza da parte delle città del Centro-sud ad uniformarsi ai valori delle tariffe del Nord Italia. Liste di attesa. Dall’analisi di dati in possesso al Ministero degli Interni e relativi al 2007, emerge che il numero degli asili nido comunali sia cresciuto solo del 2,4% rispetto al 2006 (nel 2006 l’incremento fu del 3,3% rispetto al 2005): in media il 25% dei richiedenti rimane in lista d’attesa, un anno fa erano il 23%. La percentuale sale al 27% se consideriamo solo i capoluoghi di provincia. Il poco edificante record va alla Campania con il 42% di bimbi in lista di attesa, seguita da Lazio (36%) e Umbria (35%). Il commento. “In tema di asili nido comunali” commenta Antonio Gaudioso, vicesegretario generale e responsabile delle politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva, “l’Italia sconta un ritardo strutturale ormai conclamato, espressione di una attenzione alle esigenze delle giovani coppie vera solo sulla carta. In questi anni, infatti, molti amministratori hanno parlato di tutela della famiglia e di asili nido solo in campagna elettorale e pochissimi hanno fatto qualcosa. Ci aspettiamo che con queste amministrative i candidati prendano impegni concreti e misurabili. Federalismo, d’altra parte, vuol dire soprattutto questo: prendersi impegni e mantenerli. E quello degli asili nido è un modo concreto e non retorico di prendersi cura delle famiglie e dei loro bisogni”. Le 10 città più care e quelle meno care. Calabria la regione più economica (120€), Lombardia la più costosa (402€). Nella top ten delle 10 città più care, tra quelle che offrono il servizio a tempo pieno, si confermano, rispetto al 2007/08, Lecco, Belluno, Bergamo, Mantova, Sondrio, Treviso, Cuneo, Pordenone e Vicenza, mentre Udine subentra a Varese. Nella graduatoria delle 10 città meno care, prevalgono le realtà del Centro-sud. In assoluto, la città più economica risulta Cosenza, seguita da Roma, Chieti e Reggio Calabria.
Tempo pieno, le10 città più care nel 2008/09 Tempo pieno, le 10 città più economiche nel 2008/09
Lecco 572 € Cosenza 110 €
Belluno 535 € Roma 146 €
Bergamo 474 € Chieti 162 €
Mantova 470 € Reggio Calabria 167 €
Sondrio 462 € Enna 170 €
Treviso 461 € Salerno 194 €
Cuneo 458 € Caserta 205 €
Pordenone 437 € Ferrara 207 €
Vicenza 429 € Venezia 209 €
Udine 424 € Palermo 216 €
Fonte: Cittadinanzattiva-osservatorio Prezzi &Tariffe, 2010
Regione Spesa Media Mensile Per Nido Comunale 2008/09 Spesa Media Mensile Per Nido Comunale 2007/08 Variazione % 2008/09 su 2007/08
Abruzzo € 255 € 255 0%
Basilicata € 313 € 301 3,8%
Calabria € 120 € 120 0%
Campania € 219 € 213 2,8%
Emilia Romagna € 316 € 311 1,8%
Friuli Venezia G. € 384 € 373 3%
Lazio € 276 € 264 4,6%
Liguria € 337 € 331 2%
Lombardia € 402 € 403 -0,3%
Marche € 291 € 287 1,5%
Molise € 208 € 208 0%
Piemonte € 348 € 346 0,6%
Puglia € 226 € 226 0%
Sardegna € 260 € 237 10%
Sicilia € 198 € 188 5,3%
Toscana € 322 € 313 2,9%
Trentino Alto A. € 340 € 406 -16 %
Umbria € 255 € 255 0%
Valle d´Aosta € 358 € 358 0%
Veneto € 364 € 369 -1,4%
Italia € 297 € 293 +1,4%
Fonte: Cittadinanzattiva — Osservatorio prezzi&tariffe, 2010
Copertura del servizio. La differenza tra il Nord e il Sud del Paese non si limita solo ai costi (le 10 città più care sono tutte del Nord), ma riguarda anche il numero di nidi sul territorio: sempre secondo gli ultimi dati del Ministero dell’Interno, aggiornati al 2007, la regione che emerge per il più elevato numero di nidi è la Lombardia con 627 strutture pubbliche e circa 25. 000 posti disponibili, seguita da Emilia Romagna (538 nidi e 23. 300 posti) e Toscana (399 nidi e poco più di 14mila posti), ultima il Molise con soli sei asili per 272 posti disponibili. A livello nazionale, a più di trent’anni dalla legge 1044/1971 che istituì gli asili nido comunali, se ne contano 3. 184, (a fronte dei 3. 800 asili pubblici previsti già per il 1976), un numero insufficiente benché in crescita (+2,4%) rispetto al 2006. Di essi, il 43% è concentrato nei capoluoghi, per complessivi 130mila posti disponibili (il 48% presso città capoluogo). Il servizio di asilo nido pubblico è presente solo nel 17% dei comuni italiani; nel loro insieme il 59% è concentrato nelle regioni settentrionali, il 27% al Centro e solo il restante 14% al Sud. Facendo un confronto tra i posti disponibili e la potenziale utenza (numero di bambini in età 0-3 anni) in media in Italia la copertura del servizio è del 5,8% (percentuale che sale al 10% se consideriamo solo i capoluoghi di provincia) con un massimo del 14,6% in Emilia Romagna ed un minimo dell’1% in Calabria e Campania. Questo dato conferma non solo quanto l’Italia sia lontana dall’obiettivo comunitario che fissa al 33% la copertura del servizio, ma anche dal resto dei Paesi europei: Danimarca, Svezia e Irlanda si contraddistinguono per il più alto tasso di diffusione dei servizi per la prima infanzia (con una copertura del 40% dei bambini di età inferiore ai tre anni), seguiti da Finlandia, Paesi Bassi e Francia (con una copertura del 30%). Incidenza della spesa per le famiglie. Nel caso specifico della nostra famiglia di riferimento, la spesa media mensile per la retta del nido comunale ammonta al 10% della spesa media mensile totale; con riferimento a 10 mesi di frequenza a tempo pieno, la spesa ha un’incidenza del 6,5% sul reddito lordo disponibile (e di circa l’8,5% su quello netto). Occupazione femminile. Come è del tutto evidente, esiste una forte correlazione tra la presenza di strutture per la prima infanzia e il tasso di occupazione femminile. Al riguardo, tali livelli in Italia restano distanti dagli obiettivi fissati dal Consiglio di Lisbona nel 2000, che prevedevano il raggiungimento, entro il 2010, di un tasso di occupazione totale pari al 70% e per le donne pari al 60%. Anche da questo punto di vista, il nostro Paese è abbondantemente al di sotto della media europea di circa 12 punti percentuali, presentando un tasso di occupazione femminile superiore solo a quello di Malta. .
 
   
 

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