Pubblicità | ARCHIVIO | FRASI IMPORTANTI | PICCOLO VOCABOLARIO
 













MARKETPRESS
  Notiziario
  Archivio
  Archivio Storico
  Visite a Marketpress
  Frasi importanti
  Piccolo vocabolario
  Programmi sul web








  LOGIN


Username
 
Password
 
     
   


 
Notiziario Marketpress di Lunedì 08 Marzo 2010
 
   
  TEATRO LA SCALA: PER LA STAGIONE D’OPERA E BALLETTO TANNHÄUSER, GRANDE OPERA ROMANTICA IN TRE ATTI TESTO E MUSICA DI RICHARD WAGNER

 
   
  Milano, 8 marzo 2010 - Primo atto. Il Monte di Venere. Sul Monte di Venere il giovane cantore Tannhäuser giace abbandonato tra le braccia della dea, in un’atmosfera sensuale e inebriante; intorno ai due amanti danzano languidamente ninfe e baccanti, mentre risuona il canto lontano e avvolgente delle sirene. Tannhäuser, tuttavia, ha nostalgia del mondo che ha lasciato. Venere, allarmata, vorrebbe continuare a trattenerlo presso di sé, e lo mette in guardia contro le sofferenze che lo attendono nel mondo dei mortali; ma Tannhäuser, pur rassicurando la dea che le attrattive del suo mondo sono senza pari, sostiene di non sentirsi creato per quella felicità soave e senza tempo. Venere fa appello a tutto il suo fascino e alla sua forza di persuasione; ma quando Tannhäuser, al colmo della sua esaltazione, pronuncia il nome di Maria, il regno di Venere si dissolve all’improvviso. Tannhäuser si trova trasportato in una valle amena. Seduto su una roccia, un pastorello intona dolcemente un canto che esprime la gioia per il ritorno della primavera. Passa un corteo di pellegrini, in marcia per Roma; Tannhäuser, colpito dalla loro fede ardente, unisce alla loro la sua preghiera. Suoni di caccia annunciano intanto l’arrivo del langravio Hermann, che giunge con i suoi cavalieri, fra i quali sono i cantori Wolfram von Eschenbach e Walther von der Vogelweide. Vedendo Tannhäuser che prega in silenzio, Hermann gli si avvicina. È allora che Wolfram lo riconosce e lo addita ai compagni. Tutti sono sorpresi del ritorno di Tannhäuser, un tempo loro rivale nelle gare poetiche, dopo una così lunga assenza. Il langravio lo invita a tornare con loro al castello della Wartburg. Tannhäuser, che vorrebbe unirsi ai pellegrini sulla via di Roma, si fa convincere solo quando Wolfram pronuncia il nome di Elisabeth, la nipote del langravio. Tannhäuser, appreso che la fanciulla è malinconica per la sua assenza, chiede, tra le esclamazioni di gioia dei cavalieri, di essere ricondotto alla Wartburg. Secondo atto. La grande sala dei cantori alla Wartburg.. Elisabeth, raggiante, saluta la grande sala in cui si tengono le sfide poetiche tra i cantori: qui, tra poco, arriverà colui che il suo cuore ha prescelto. Quando giunge Tannhäuser, condotto da Wolfram, la giovane controlla a stento l’emozione. Tannhäuser, ugualmente commosso, sostiene di non ricordare in quale terra lontana si è trattenuto, e le confida che solo il ricordo di lei l’ha spinto a tornare alla Wartburg. Mentre i due danno sfogo alla loro felicità, in fondo alla sala Wolfram, che ama segretamente Elisabeth, comprende di non poter più nutrire alcuna speranza. Giunge il langravio e si stupisce di trovare nella sala la nipote, che non vi aveva più messo piede dalla partenza di Tannhäuser. Elisabeth gli confessa che è stato l’amore a riportarvela, senza peraltro svelare il nome di colui che ama. Il langravio se ne compiace e si prepara a ricevere gli ospiti che stanno per giungere alla Wartburg per la gara poetica. Dopo l’ingresso nella grande sala di dame, nobili e cavalieri, il langravio annuncia che la sfida avrà per tema la definizione dell’amore, e per premio la nipote Elisabeth. Wolfram canta, per primo, l’amore nella sua essenza più pura. Tutti approvano il suo canto, ma Tannhäuser risponde esaltando, invece, l’amore sensuale. Un altro cantore, Biterolf, lo contraddice indignato elogiando l’amor cortese, ma non riesce a fargli cambiare idea. Il langravio e Wolfram tentano di metter pace, ma Tannhäuser prorompe in un inno vibrante a Venere e alla voluttà dei sensi. L’indignazione, ora, è generale: le dame si ritirano disgustate, i cavalieri rivolgono contro Tannhäuser le loro spade. Ma fra loro si interpone Elisabeth, pregandoli di perdonare cristianamente l’offesa. Tannhäuser si rende conto, allora, del suo crimine e se ne pente; il langravio lo invita a unirsi ai pellegrini e a fare penitenza recandosi a Roma, dove dovrà implorare il perdono del papa. Terzo atto. Vallata davanti alla Wartburg; a sinistra lo Hörselberg. Elisabeth prega, davanti all’immagine della Madonna, per la salvezza di Tannhäuser; Wolfram la osserva con una malinconica tenerezza. Giungono i pellegrini che fanno ritorno da Roma; Elisabeth li scruta ansiosa, ma tra loro non scorge Tannhäuser. La giovane si raccomanda alla Vergine, si rialza e si dirige al castello. A Wolfram, che si offre di accompagnarla, oppone un rifiuto e impone il silenzio. Rimasto solo, Wolfram alza un canto alla stella della sera. Compare Tannhäuser, sfinito e abbattuto, e chiede a Wolfram la via per fare ritorno al Monte di Venere. Racconta all’amico di essere arrivato a Roma, ma di essersi visto negare il perdono dal papa; perduta ogni speranza, vuole ora raggiungere il regno della dea dell’amore. In una visione appare Venere, più affascinante che mai; Tannhäuser sta per precipitarsi nelle sue braccia, andando incontro alla perdizione, quando Wolfram pronuncia il nome di Elisabeth. Tannhäuser resta come pietrificato e distoglie lo sguardo dalla visione, che scompare. Un coro di voci maschili annuncia l’arrivo di un corteo funebre: Elisabeth, morta di dolore, viene accompagnata alla tomba. Tannhäuser invoca l’anima dell’amata e spira presso la sua bara. Intanto si è alzato il giorno. Giovani pellegrini arrivano da Roma, portando il bastone del papa miracolosamente fiorito: è il segno che a Tannhäuser è stato accordato il perdono. Tutti intonano un canto di ringraziamento alla misericordia divina. Tannhäuser, che Wagner definì «grande opera romantica», è il punto di convergenza dei miti e delle idee più caratteristici dell’immaginario romantico tedesco: vi confluiscono le leggende che stanno alle origini della storia nazionale germanica, la contrapposizione tra sensualità e misticismo, il motivo della redenzione finale attraverso l’amore. Fu lo stesso Wagner a stendere il libretto dell’opera, innestando l’una sull’altra due leggende medievali. La prima è quella che ispira la gara poetico-canora tra i Minnesänger, alla quale assistiamo nel secondo atto dell’opera. Competizioni simili ebbero effettivamente luogo nel 1206 e nel 1207, nella residenza del langravio di Turingia a Eisenach, nei pressi della fortezza della Wartburg: ne parlano due poemi della fine del Xiii secolo, intitolati Fürstenlob e Rätselspiel, noti all’epoca di Wagner grazie alla raccolta di saghe germaniche dei fratelli Grimm; alle gare poetiche presero parte, tra gli altri, Wolfram von Eschenbach e Walther von der Vogelweide. La seconda è una leggenda popolare del Xiv secolo sugli amori di Venere e Tannhäuser; consegnata ad alcune antiche ballate, la leggenda venne riproposta dai poeti romantici tedeschi: Arnim e Brentano la inserirono in Des Knaben Wunderhorn, e come loro la ripresero Tieck, Heine, i fratelli Grimm. L’antica leggenda ruota intorno a Venere, divinità pagana che è caratterizzata – in un evidente rovesciamento dei valori operato dal cristianesimo – da un potere malefico e risiede in una montagna maledetta, il Venusberg, paradiso dei piaceri erotici. Piuttosto che dalle fonti dirette, Wagner apprese queste leggende dai poeti romantici; e alle figure storiche, come i cantori Wolfram e Walther, aggiunse personaggi e situazioni di sua invenzione. Wagner elaborò uno schizzo dettagliato della vicenda drammatica, in prosa, nell’estate del 1842; nella primavera successiva lo mise in versi e cominciò a stendere un abbozzo della partitura, che portò a termine nell’aprile 1845. L’invenzione wagneriana è particolarmente felice: Tannhäuser è un’opera esuberante, ricchissima di idee drammatiche e musicali che danno vita a pagine memorabili. Ma al di là dell’invenzione rigogliosa, ciò che forse colpisce maggiormente è la serrata unità dell’opera. Wagner abbandona qui, per la prima volta, la tradizionale costruzione dell’opera a “numeri” chiusi (suddivisa in arie, duetti, concertati) in favore di scene articolate e flessibili. Non che manchino, al loro interno, gruppi di versi strofici, strutture poetiche predestinate ai numeri musicali chiusi: ma l’invenzione melodica e la vocalità sono estremamente fluide, si mantengono di continuo tra l’arioso e il declamato senza determinare nette cesure stilistico-formali; all’orchestra, al contempo, è affidato un ruolo di primo piano, incompatibile con il tradizionale ruolo di sostegno dell’esibizione canora. I contorni tra una scena e l’altra, perciò, sono quantomai sfumati; ne scaturisce un senso di grande unità e fluidità drammatica. La caratteristica continuità così ottenuta è rafforzata da una fitta rete di motivi ricorrenti, fra i quali si distinguono quelli diatonici, associati al mondo spirituale e cortese della Wartburg, e quelli cromatici, associati al mondo sensuale del Venusberg. Nei drammi successivi, Wagner applicherà la tecnica dei motivi ricorrenti con ben maggiore profondità e capacità di penetrazione psicologica: ma su questa via, Tannhäuser rappresenta già il passo decisivo.  
   
 

<<BACK