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Notiziario Marketpress di Martedì 23 Marzo 2010
 
   
  PERCHÉ I PAZIENTI AFFETTI DA FIBROSI CISTICA VIVONO PIÙ A LUNGO IN ALCUNI PAESI

 
   
  Bruxelles, 23 marzo 2010 - Il più ampio studio finora realizzato in materia di fibrosi cistica (Fc) rivela che i pazienti affetti da tale patologia vivono più a lungo in alcuni paesi europei che in altri, un fattore imputabile principalmente alla mortalità più precoce e alle differenze nell’accesso all’assistenza sanitaria e nella qualità di quest’ultima. La ricerca, sostenuta nell‘ambito del Sesto programma quadro per la ricerca (6Pq), è stata pubblicata sulla rivista “The Lancet”. Svolto da una équipe di ricerca dell’Università di Dundee (Regno Unito) congiuntamente a colleghi europei, lo studio si proponeva di determinare se le differenze in materia di assistenza e risorse disponibili incidessero in misura significativa sui tassi di sopravvivenza dei pazienti Fc. I risultati hanno evidenziato una presenza di pazienti Fc eccezionalmente inferiore alle previsioni nei paesi che non facevano parte dell’Ue nel 2003: in base ai riscontri, se tali paesi extracomunitari avessero profili demografici simili a quelli degli Stati membri, il numero dei loro pazienti Fc aumenterebbe dell’84%. Non esiste alcuna cura per la fibrosi cistica, che è una delle patologie ereditarie più diffuse. Provocata da una mutazione genetica, può insorgere in bambini apparentemente sani se entrambi i genitori sono portatori del gene Cftr (cystic fibrosis transmembrane-conductance regulator, regolatore della conduttanza transmembrana della fibrosi cistica) difettoso. I sintomi nei bambini comprendono ritardo nella crescita e scarso accrescimento ponderale, tossi e infezioni polmonari croniche, malassorbimento delle sostanze nutritive e problemi intestinali e di evacuazione. Molti pazienti muoiono a soli venti o trent’anni, spesso in seguito a patologie polmonari causate dal muco accumulatosi nelle vie respiratorie. I ricercatori hanno raccolto dati (compresa l’età al momento della diagnosi, il sesso e il genotipo) relativi a 29.025 pazienti Fc di 35 paesi europei. Il materiale raccolto è stato utilizzato per creare un registro che consentisse di raffrontare le differenze tra pazienti Ue e non Ue e di stimare quante persone in Europa siano affette da Fc. Nel corso dello studio, l´équipe ha fatto riferimento allo stato di adesione all’Ue dei paesi in esame nel 2003 (quando l´Ue contava 15 Stati membri). La ricerca ha evidenziato che l’età media dei pazienti Fc in Europa è pari a 16,3 anni, con una differenza di 4,9 anni tra paesi Ue (17 anni) e non Ue (12,1 anni). Anche la quota di pazienti ultraquarantenni è superiore nei paesi Ue (5%) rispetto ai paesi non Ue (2%). Inoltre, la diagnosi di Fc nei bambini al di sotto di un anno di età è rara nei paesi non Ue, un fattore che potrebbe essere legato alla mancanza di dati o alla morte di bambini affetti da Fc non diagnosticata. “Abbiamo dimostrato che i bambini e giovani adulti affetti da fibrosi cistica nei paesi extracomunitari sono molto meno di quanti ci aspettassimo”, affermano gli autori dello studio. “Questo riscontro è rafforzato dalle accresciute possibilità di sopravvivenza fino ai 40 anni nei paesi dell’Ue, anche nei casi di pazienti affetti dalla mutazione [più grave e diffusa della Fc]”. “La differenza nel numero di pazienti affetti da fibrosi cistica tra paesi Ue e non Ue colpisce alla luce della similarità in quanto a dimensioni della popolazione e prevalenza attesa della malattia [in base alle valutazioni genetiche]”, proseguono gli autori. “Tale disparità negli indicatori demografici potrebbe essere riconducibile a una ridotta disponibilità di farmaci specialistici, attrezzature e personale multidisciplinare specializzato nei paesi extracomunitari, piuttosto che a una minore frequenza del gene, a una maggiore severità della patologia o a una minore aderenza al trattamento”. La preoccupazione degli autori è che le cifre ridotte in materia di Fc nei paesi non Ue siano riconducibili sia alla mancata diagnosi di Fc sia a un´errata classificazione delle morti infantili: “Secondo il nostro studio, entrambi i fattori interessano con ogni probabilità i nuovi Stati membri dell’Ue e sono meritevoli della massima attenzione da parte dei governi”. I paesi oggetto dello studio già Stati membri dell’Ue nel 2003 sono Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito e Svezia. Lo studio pubblicato da “The Lancet” si è inoltre concentrato sulle seguenti nazioni: Armenia, Bielorussia, Bosnia-erzegovina, Bulgaria, Cipro, Croazia, Estonia, Georgia, Islanda, Israele, Lettonia, Lituania, Macedonia, Moldova, Repubblica ceca, Romania, Russia, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Turchia, Ucraina e Ungheria. Per maggiori informazioni, visitare: The Lancet: http://www.Thelancet.com/  Università di Dundee: http://www.Dundee.ac.uk/    
   
 

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