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Notiziario Marketpress di Mercoledì 24 Marzo 2010
 
   
  IL LETTORE ACCECATO. FOTOGRAFIA COME FATTO MENTALE, DI GIORGIO STOCKEL

 
   
  Roma, 24 marzo 2010 - A chiusura della mostra di Giorgio Stockel, Fotografia come fatto mentale, giovedì 26 marzo 2010, La Galleria Embrice propone un incontro con l’autore per la presentazione del suo omonimo volume, edito da Kappa. A partire dalle 18:00, presso la sede di Via delle Sette Chiese, 78, è prevista, infatti, la quarta e ultima tappa dell’evento dedicato al fotografo, architetto e docente di “Percezione e comunicazione visiva” della Facoltà di Architettura L. Quaroni di Roma. Sono previsti interventi di Humberto Nicoletti Serra, Francesco Galli e Carlo Severati, oltre a un dibattito che coinvolgerà il pubblico e lo staff di Embrice. Già il titolo, Fotografia come fatto mentale, indica come Giorgio Stockel intenda la fotografia come atto conoscitivo sulla realtà, inquadrandola in un generale ambito gnoseologico. E il testo ne affronta tutte le conseguenze, toccando tanto questioni teoriche quanto dettagliati aspetti operativi della condizione del fotografo all’inizio del terzo millennio. Da Lascaux alla comparsa della scrittura, alfabetica, ideogrammatica, geroglifica, il volume non si astiene dal toccare, nell’oscuro percorso, coraggiosamente tracciato da Giorgio Stockel, tutti gli aspetti disciplinari che, man mano, si presentano come obbligatori nello svolgimento del tema,. Si tratta di un’operazione che viene compiuta a partire da un azzeramento di ogni forma di pregiudiziale teorica del lettore che, sin dall’introduzione, viene di fatto accecato e riportato a un grado zero di conoscenza; sistematicamente gli vengono cancellate tutte le possibili accezioni nelle quali egli è abituato a declinare il termine fotografia. Non a caso in apertura largo spazio è dedicato alla cronaca di fotografi non vedenti: se degli individui ciechi possono a buon diritto essere collocati nella categoria di fotografi operatori, è automatico che il buon senso comune, contro il quale Kant già si scagliava, non può più esser invocato a difesa delle proprie convinzioni e una nuova estetica, un nuovo modo di vedere l’immagine fotografica, deve nascere. O meglio: è già nata, e solo pochi di noi lo sapevano. A tenere dritta la barra della argomentazione verso la direzione della rappresentazione, è la domanda dal quale parte lo stesso Stockel “Perché un cieco fotografa? (piuttosto che “come fa un cieco a fotografare?”). Ed è, quello della rappresentazione, il nodo centrale della stessa pratica della fotografia, poiché “senza rappresentazione”, si dice più avanti nel testo, in forma assiomatica, “non c’è comunicazione.”  
   
 

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