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Notiziario Marketpress di Lunedì 29 Marzo 2010
 
   
  AL PICCOLO TEATRO STREHLER EDIPO RE CON BRANCIAROLI, REGIA DI CALENDA UN PERCORSO NELLA COSCIENZA, DAL BUIO ALLA LUCE

 
   
  Milano, 29 marzo 2010 - L’edipo Re di Sofocle, firmato da Antonio Calenda, protagonista Franco Branciaroli, prodotto dallo Stabile del Friuli Venezia Giulia con il Teatro de gli Incamminati e il Teatro di Messina, va in scena al Piccolo Teatro Strehler, dal 13 al 30 aprile 2010. «In un mondo smarrito, minaccioso, delle cui ombre sentiamo l’incombere», commenta infatti Antonio Calenda, «è stato emblematico rielaborare il percorso dal buio verso la chiarezza compiuto da Edipo: un percorso nella coscienza che allo stesso tempo è individuale, di intima analisi, collettivo… Ed è stato importante poterlo condividere assieme ad un artista consapevole come Franco Branciaroli, con il quale abbiamo affrontato recentemente l’indagine di un altro problematico personaggio, il Galileo di Brecht. In questo Edipo Re, abbiamo voluto tratteggiare il protagonista evocando echi di teoremi freudiani, un viaggio fra le ombre e l’ignoto della psiche: perciò nella nostra visione, in Edipo si condensano, quasi come in momenti di trance, più personaggi della tragedia – Edipo, Tiresia, Giocasta – a dimostrare che nella sua carne si convogliano tutte le radici della colpa. Le radici dell’incesto, del parricidio: canoni del senso di colpa che segnano la civiltà occidentale, su cui si è lavorato soprattutto nel Novecento, da Freud a Lacan, attraverso Guattari, Deleuze, per arrivare a René Girard un filosofo contemporaneo che ha donato forti induzioni alla nostra interpretazione» Il progetto dello spettacolo si basa su una rilettura dell’originale sofocleo (scritto probabilmente nel 430 a.C.) integrato dai sunti teorici di diversi studiosi e in particolare di Sigmund Freud e di René Girard. Freud riteneva che Edipo Re prefigurasse la metodologia che consente l’esplorazione dell’inconscio: la psicoanalisi. È anche vero che attraverso Edipo, Sofocle stesso indaga l’uomo e la sua fallibile ricerca di logica, racconta la sua esplorazione talvolta folle, talvolta nobile, o catastrofica, in un mondo che è per lui solo parzialmente intelligibile. Ecco allora che Antonio Calenda evoca nello spettacolo la messa in scena di una ricerca, che ripercorre all’indietro il tempo, per riafferrare il senso vero e profondo di un passato che è stato frainteso. Ecco che Edipo – rimandando a un immaginario mitteleuropeo che ci appartiene – ci appare freudianamente disteso sul celebre lettino, mentre attraverso indizi disseminati nel suo vissuto, ricostruisce e riscrive con parole di atroce verità il proprio percorso esistenziale, individuando finalmente le radici del proprio conflitto interiore. L’assunto di René Girard, presente in tutta la sua produzione saggistica e in particolare nel fondamentale La violenza e il sacro, ci illumina invece su certe dinamiche sociali e di gruppo. Gli individui secondo questo antropologo e filosofo contemporaneo tendono tutti a desiderare il medesimo oggetto e questa “indifferenziazione” genera quasi sempre un sentimento di rabbia e scontro diffusi. Abbiamo diversi esempi di tali scontri nell’Edipo Re: fra Edipo e Creonte, riguardo alla visione del potere, fra Edipo e Tiresia, dove il campo del confronto è invece quello del sapere… Per uscire da tali dinamiche di rivalità e di crisi, la comunità si unisce contro una vittima sacrificale, un capro espiatorio che la purificherà e che una volta immolato sarà investito di sacralità. Edipo è un esempio emblematico di tale dinamica. Il sacrificio, l’espulsione dalla comunità, avviene dopo un lungo e sofferto itinerario di conoscenza. Un itinerario che nella messinscena si svolge quasi fra sonno e veglia del protagonista, con il Coro che funge da ponte fra queste due dimensioni, un coro tutto maschile che fa da eco e moderno, incisivo commento. L’intero spettacolo fonda la propria essenza sul concetto del “vedere”: un leitmotiv concettuale che diventa momento di un paradosso nella conclusione della tragedia (l’accecamento di Edipo) ma che ritorna costantemente durante l’intera messinscena anche sul piano delle immagini. La scena di Pier Paolo Bisleri cela e rivela personaggi dietro velati neri, una scatola, uno spazio quasi mentale in cui Edipo è rinchiuso, le luci di Gigi Saccomandi ribadiscono la dialettica fra luce e buio, chiarezza e mistero. Completano l’allestimento i costumi di Stefano Nicolao e le musiche di Germano Mazzocchetti. Significativo l’apporto della traduzione di un autore contemporaneo quale Raul Montanari, che sviluppa la tragedia con precisione, senza retorica e con una forte aderenza a Sofocle.  
   
 

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