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Notiziario Marketpress di Lunedì 12 Aprile 2010
 
   
  LA DIFFUSIONE DELLA POVERTA’ IN TRENTINO E ALCUNI DATI SUL REDDITO DI GARANZIA STABILE IL DATO DAL 2004 AL 2009

 
   
  Trento, 12 aprile 2010 - A dispetto della negativa congiuntura economica, e grazie anche agli interventi della Giunta provinciale volti a sostenere i redditi e i posti di lavoro dei trentini, i dati al momento disponibili (derivanti da varie ondate dall’Indagine sulle condizioni di vita delle famiglie trentine) consentono di affermare che in Trentino la percentuale di individui poveri (vale a dire di quanti possiedono un reddito disponibile reso equivalente inferiore alla metà di quello mediano della popolazione trentina) sia rimasta sostanzialmente stabile dal 2004 al 2009 (8,8% nel 2004; 8,7% nel 2005/06; 9,0% nel 2007; 8,2% nel 2008; 8,2% nel 2009). Complessivamente, nel 2009, risultavano poveri circa 43 mila individui. Passando al tasso di povertà familiare, si può dire che, sempre nel 2009, esso (8,7%) non si scostasse granché da quello individuale. Ne deriva che poco più di 17 mila famiglie si trovavano in condizione di povertà da carenza di reddito. Da notare che la stabilità dei tassi di povertà monetaria si è accompagnata ad una crescita tendenziale del reddito mediano (15.149 nel 2004; 15.974 nel 2005; 16.530 nel 2007; 16.452 nel 2008; 17.646 nel 2009) e, dunque, della corrispondente soglia di povertà. Ciò significa che i trentini poveri di oggi sono, sotto il profilo monetario, meno poveri (e non di poco) di quelli di ieri. Va ancora sottolineato che i tassi e i valori reddituali delle soglie di povertà del Trentino si sono costantemente mantenuti, rispettivamente, inferiori e superiori a quelle nazionali. Basti qui dire che, nel 2008, gli italiani con reddito familiare equivalente inferiore alla soglia di povertà (6.726) erano il 12,6%, mentre le famiglie povere rappresentavano il 10,6% del totale. Un ulteriore elemento di interesse è costituito dal fatto che la stabilità dei tassi di povertà e la crescita del valore di soglia di quest’ultima procedono di pari passo con un declino delle disuguaglianze della complessiva distribuzione dei redditi. La misura usualmente utilizzata per stimare l’intensità di queste ultime – ossia l’indice di Gini – si riduce dallo 0,301 del 2004 allo 0,270 del 2009. Si ricorda che, a livello nazionale, il valore dell’indice di Gini si era attestato, nel 2008, a 0,329. Allorché si misuri la povertà in termini di spesa per consumi, si nota come a partire dal 2007 la quota di famiglie povere sia rimasta sostanzialmente stabile attorno al 6%, ben ad di sotto di quanto rilevato in ambito nazionale (11,2%). In complesso, e da qualsiasi punto di vista si guardi alla questione, si deve riconoscere che il Trentino, almeno sotto il profilo delle disponibilità delle risorse materiali, rappresenta una collettività con contenuti fenomeni di disuguaglianza e con livelli relativamente elevati di benessere. Come si è accennato in precedenza questo risultato, oltre che agli assetti strutturali della società e dell’economia trentine è dovuto anche alle politiche poste in atto dal governo provinciale. Per la materia della quale ci stiamo qui occupando, il cosiddetto reddito di garanzia costituisce la misura più importante e impegnativa tra quelle sino qui messe a punto. In attesa dei risultati della vera e propria valutazione di impatto che il Servizio Statistica e Irvapp stanno conducendo, si può ricordare che, al 28 febbraio 2010, sul sistema informativo Icef sono state caricate 7.154 richieste, segno che la conoscenza della misura è ampia e diffusa, anche se, a priori, non può essere esclusa la presenza di fenomeni di timore di incorrere in forme di stigma negativo. La consistenza delle domande effettivamente ritenute idonee (quelle, cioè, che soddisfano tutti i requisiti di accesso alla misura previsti dalla norma) sono, tuttavia, assai meno numerose delle richieste presentate: 4.591. Di queste, 4.376 hanno ottenuto la somministrazione per via di automatismo e 215 per il tramite dei servizi sociali. Si noti che l’erogazione subordinata al vaglio preventivo dei servizi sociali coinvolge un numero assai minore di famiglie rispetto a quelle (circa un migliaio) che beneficiavano della misura conosciuta come minimo vitale. Questo dato comprova che, al presente, i meccanismi di accesso alla somministrazione della misura per via automatica presentano un contenuto livello di selettività, altrimenti il numero di accessi via servizi sociali avrebbe dovuto risultare più elevato di quello fin qui registrato. L’ammontare medio mensile del beneficio, comprensivo sia dell’integrazione del reddito sia del contributo sull’eventuale canone di locazione per l’alloggio, è di circa 500 euro. Moltiplicando tale importo per il numero di domande attualmente idonee ne consegue che la spesa media mensile totale è pari a circa due milioni e cinquecentomila euro. La distribuzione dei recepenti secondo il pertinente coefficiente Icef fornisce un’indicazione indiretta dei redditi prima del trattamento delle famiglie considerate idonee alla misura. Tenendo presente che un valore Icef pari a 0,13 corrisponde a 6.500 euro in termini di reddito equivalente annuo, si nota che un terzo delle famiglie beneficiarie possiede un reddito uguale o prossimo a questa soglia, mentre la quota dei più poveri, con coefficiente inferiore a 0,01, è, invece, pari al 15,0% dei beneficiari. Quanto alle caratteristiche socio-demografiche delle famiglie beneficiarie, è opportuno ricordare che circa due quinti sono costituite da quelle con quattro componenti o più (43%). Particolarmente elevata è l’incidenza di nuclei con figli minorenni (64%), mentre assai meno consistente appare la componente delle famiglie con anziani (12%). Di rilievo, ma non maggioritaria è la consistenza, tra gli accessi, delle famiglie con richiedente extracomunitario (44%). Combinando assieme appartenenza etnica del capofamiglia e distribuzione per età dei componenti delle famiglie che hanno avuto accesso al reddito di garanzia, si può rilevare che tra i trentini sono soprattutto i minori ad essere sostenuti dalla misura (a conferma di quanto osservato sopra), mentre tra gli extracomunitari i recepenti si attestano su età più avanzate, a dimostrazione che in queste ultime sono soprattutto le coppie adulte, e dunque le donne non occupate, a trarne beneficio. Prestando attenzione ai canali di accesso alla prestazione, è opportuno ricordare che l’erogazione subordinata al vaglio preventivo dei servizi sociali interessa primariamente famiglie unipersonali (60%). Infine, allorché si consideri la situazione reddituale delle famiglie nei 24 mesi precedenti la domanda, si nota un’ampia quota di soggetti strutturalmente poveri, ossia che non hanno sperimentato alcuna variazione in tale situazione. Si tratta di poco più della metà (53%) dei nuclei. La cessazione o la riduzione del lavoro del capofamiglia o di uno dei suoi componenti adulti interessa, invece, complessivamente il 44% delle famiglie. Fonte: prof. Antonio Schizzerotto - Università di Trento, Facoltà di Sociologia  
   
 

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