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Notiziario Marketpress di Giovedì 09 Novembre 2006
 
   
  IL NONPROFIT ATTRAE SEMPRE MA HA DIFFICOLTÀ A TRATTENERE LE PERSONE. PERCHÉ UNA SVOLTA È NECESSARIA

 
   
  Milano, 9 novembre 2006 – Chi presta lavoro retribuito nel nonprofit è donna in due casi su tre, ha un’età inferiore ai 45 anni, possiede un titolo di studio elevato (il 60% ha una laurea). Il 57% dei collaboratori retribuiti sono lavoratori dipendenti dell’organizzazione per cui lavorano. Le organizzazioni nonprofit mostrano attenzione al benessere personale dei propri collaboratori. Infatti, la quasi totalità del campione (oltre il 90%) consente di gestire con estrema flessibilità l’orario di lavoro, la pianificazione delle ferie e dei permessi, rendendo così possibile una buona conciliazione tra vita privata e lavorativa. Il valore attribuito alla dimensione umana contribuisce a mantenere elevata la forza di attrazione del Terzo settore. Oltre il 35% delle organizzazioni nonprofit ha infatti inserito in organico nel 2005 collaboratori provenienti da aziende profit. Se la dimensione umana e personale è particolarmente curata, non è altrettanto accentuata la sensibilità verso le esigenze di sviluppo professionale. Si conferma il gap retributivo rispetto alle aziende profit. Il divario è rilevante già per i quadri intermedi, e diventa molto elevato per i dirigenti, che percepiscono compensi sensibilmente inferiori rispetto ai colleghi del profit. Tuttavia, i livelli retributivi del nonprofit risultano sostanzialmente allineati a quelli del settore della pubblica amministrazione, che rappresentano un termine di riferimento internazionalmente riconosciuto. A offrire le retribuzioni più frugali sono le cooperative sociali. Associazioni e fondazioni, seguite dalle organizzazioni non governative, adottano invece una politica retributiva più generosa. Oltre che contenute, le retribuzioni sono anche poco differenziate. Infatti, solo il 40% delle organizzazioni adotta politiche retributive differenziate, e solo in un caso su quattro ciò avviene sulla base del merito, della qualità della prestazione o delle competenze acquisite. Il criterio di differenziazione in assoluto più utilizzato rimane infatti quello della famiglia professionale di appartenenza. Le politiche di retribuzione variabile sono poco diffuse, e in larga parte non basate sulla valutazione dell’apporto individuale. Lo strumento di gran lunga più diffuso è l’una tantum, utilizzato dal 40% delle organizzazioni, piuttosto facile da gestire, poiché erogato in maniera discrezionale e non a fronte di piani formalizzati di incentivazione. Infine, solo il 12% del campione – a fronte del 21% rilevato nel 2004 - ricorre a incentivi a breve termine correlati al raggiungimento di obiettivi individuali o di gruppo. “Il nonprofit deve investire di più e meglio nello sviluppo professionale dei collaboratori, ideando un diverso sistema di relazioni, adottando una gestione meno solidaristica e più meritocratica – ha dichiarato Luca Solari, docente presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Milano. Altrimenti corre il rischio di perdere troppo presto le persone più preziose”. L’indagine conferma che questo rischio esiste. Gli organici delle organizzazioni nonprofit sono esposti a un turnover medio annuo del 29% in entrata e del 17% in uscita. Mediamente, il turnover riscontrato è superiore del 21% rispetto al mondo profit. “Un turnover così elevato, e oltre tutto in costante crescita, non è riscontrabile in nessun altro settore – ha osservato Marco Galbiati, responsabile per Haygroup dell’Osservatorio sulle Risorse Umane nel Nonprofit. I costi a carico delle organizzazioni sono enormi: dispersione di competenzechiave; impossibilità di consolidare una cultura organizzativa condivisa. Riportare il turnover a livelli fisiologici significa rimuovere un ostacolo importante allo sviluppo delle organizzazioni nonprofit”. Le 75 organizzazioni che hanno partecipato all’Indagine - per lo più associazioni o fondazioni (51%), seguite da cooperative sociali (29%) e organizzazioni non governative (20%) – sono espressione della punta avanzata del nonprofit italiano. Gestiscono un organico composto per il 30% da collaboratori retribuiti; nel 53% dei casi contano su entrate annue superiori ai 3 milioni di Euro. Sono organizzazioni in grado di dedicare attenzione consapevole al proprio sviluppo. Il 51% pubblica infatti con continuità il documento di rendicontazione sociale, che, nel 63% dei casi, è sottoposto a sistemi di verifica. Il 54% si è dotata di un Codice etico, che, nella metà dei casi, prevede un sistema di applicazione e monitoraggio. Sono organizzazioni aperte nel 62% dei casi a collaborare con imprese profit. Alle tradizionali iniziative di fundraising si affiancano l’offerta di prodotti e servizi, lo sviluppo di campagne di Cause Related Marketing, nonché di programmi di volontariato aziendale. Sono organizzazioni in fase di espansione: i loro organici crescono mediamente del 12% ogni anno. “Crescere è importante - ha concluso Maria Teresa Scherillo, responsabile per Sodalitas dell’Osservatorio sulle Risorse Umane nel Nonprofit – ma non basta. Alla crescita deve accompagnarsi infatti il rafforzamento dell’organizzazione, che è possibile solo se si è capaci di non perdere le persone, di offrire loro percorsi di sviluppo adeguati. Le organizzazioni nonprofit non possono rassegnarsi passivamente all’idea che i collaboratori migliori se ne vadano dopo pochi anni”. Delle 75 organizzazioni aderenti all’Indagine, 15 hanno scelto di fruire di un benchmarking retributivo personalizzato, che ha valutato l’equità retributiva interna, e raffrontato la politica retributiva adottata rispetto al mercato nonprofit di riferimento. L’osservatorio sulle Risorse Umane nel Nonprofit – lanciato nel 2002 da Sodalitas ed Haygroup – offre alle organizzazioni nonprofit un contesto di condivisione di informazioni, di riflessione e di confronto per adottare , in materia di gestione e sviluppo delle persone, decisioni razionali ed eque in una prospettiva di evoluzione strategica. L’osservatorio utilizza e propone ai propri aderenti un mix di strumenti: indagine periodica su prassi e politiche; workshop e convegni; panel di riflessione e discussione; seminari di formazione; assistenza personalizzata. Tra i principali risultati raggiunti finora dall’Osservatorio: 110 organizzazioni nonprofit aderenti; 8 profili di competenze di eccellenza realizzati; 16 progetti di consulenza gestiti; 3 edizioni dell’Indagine sulle prassi gestionali e retributive, condotta nel 2006 su 75 organizzazioni nonprofit; 48 ruoli professionali descritti; approfondimento, attraverso lo strumento dell’export panel, su 6 ruoli professionali (educatore, fundraiser, capo progetto, responsabile risorse umane, manager di rete, volontario professionale); pubblicazione del volume Lavori & Mestieri del Nonprofit, il primo repertorio, costruito empiricamente sul campo, dei principali ruoli organizzativi del nonprofit. . .  
   
 

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