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Notiziario Marketpress di
Giovedì 15 Aprile 2010 |
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PESCA: GIRO DI VITE SULLE IMPORTAZIONI PER SALVARE IL SETTORE IN EUROPA?
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Versante consumo, i due terzi del pesce sulle nostre tavole sono importati. Versante eco-sistema, i pesci nei nostri mari sono sempre di meno, e gli obiettivi di riforma individuati nel 2002 sono lontani. Versante industria, la maggior parte dei pescherecci europei sono in crisi, in perdita o in grande difficoltà. Un circolo vizioso che porta a una pesca troppo intensiva, giusto per far quadrare i conti. Con una nuova riforma Ue in cantiere, i deputati hanno chiesto l´opinione dei pescatori. Lo scorso 8 aprile la commissione parlamentare "Pesca" ha invitato i rappresentanti del settore della pesca per discutere le proposte di riforma contenute dal Libro Verde della Commissione europea di aprile 2009. 30% delle riserve a rischio - Il problema è sotto gli occhi di tutti: le "risorse ittiche" (pesci e altre specie) dei nostri mari sono a rischio. L´ 88% delle riserve è pescato oltre i limiti della sostenibilità, e di queste, il 30% rischia di non riprodursi più, scomparendo per sempre. Un esempio? Il 93% dei merluzzi sono pescati prima dell´età in cui possono riprodursi. Il paradosso è che i pescatori e le loro flotte stanno erodendo le loro stesse basi ecologiche ed economiche per il futuro. E non stiamo parlando di qualche centinaio di persone: la riforma della pesca tocca 40.000 lavoratori europei. Industria preoccupata dalla concorrenza sleale Le organizzazioni dei produttori, che rappresentano i pescatori, sono preoccupate soprattutto dalla concorrenza sregolata dei paesi extra-Ue. Robert Stevenson, di un´organizzazione dei pescatori scozzesi, definisce "inaccettabile" che "la flotta più regolata del mondo", quella europea, debba rispettare i prezzi minimi stabiliti dall´Ue, mentre "prodotti di qualità inferiore" vengono importati a prezzi molto più bassi. Altri rappresentanti del settore lamentano che il prezzo del pesce è sceso "di 18 centesimi dal 2005". "Un pescatore tedesco costa 160 dollari al giorno, mentre il suo equivalente in Senegal solo 22. Penso che non ci sia bisogno di aggiungere altro", dice Jacques Pichon, direttore dei pescatori della Manica. I produttori chiedono quindi etichette chiare, che assicurano trasparenza e tracciabilità, per essere in grado di competere con pesci non ben identificati o di allevamento importati. Basta diminuire gli aiuti? Per molti di loro, è importante mantenere l´Organizzazione Comune del Mercato a livello europeo, per equilibrare la domanda e l´offerta e intervenire sul mercato, in modo da non far crollare il prezzo minimo Ue. La riforma del 2002 si era concentrata principalmente sul taglio dei sussidi alle flotte, per ridurre la capacità di pesca e quindi lo sfruttamento intensivo delle risorse. E´ questa la direzione da continuare? La presidente della commissione Pesca Carmen Fraga, conservatrice spagnola, ha i suoi dubbi, e mette in guardia sul rischio di fare troppo affidamento sulle importazioni e trascurare la flotta europea: "Se ci basiamo solo sulle importazioni, non abbiamo garanzie né sull´approvvigionamento, né sui prezzi." Mantenere i prezzi artificialmente alti? Il meccanismo che permette di mantenere i prezzi europei relativamente elevati, però, implica il ritiro dal mercato del pesce che non si riesce a vendere al prezzo minimo europeo. Ma questo tipo d´intervento suscita perplessità: "In Svezia soltanto, sono state buttate 5000 tonnellate di merluzzo. I nostri pescatori producono a beneficio delle discariche, non dei consumatori", accusa la verde Isabella Lövin. Come prevedibile, l´industria di trasformazione, quella che inscatola pesce quasi sempre importato, è fortemente contraria a ogni regolamentazione supplementare e restrizioni all´import. E si lamenta che la Commissione non ha dedicato "che poche righe" al loro settore nel Libro verde. La riforma della pesca, insomma, si annuncia un bel rebus, che le istituzioni europee dovranno cercare di sciogliere nei prossimi mesi. Trovando la formula magica per conciliare gli interessi del settore e quelli del consumatore. E, possibilmente, senza dimenticare pesci, mari e altre risorse naturali. |
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