Pubblicità | ARCHIVIO | FRASI IMPORTANTI | PICCOLO VOCABOLARIO
 













MARKETPRESS
  Notiziario
  Archivio
  Archivio Storico
  Visite a Marketpress
  Frasi importanti
  Piccolo vocabolario
  Programmi sul web








  LOGIN


Username
 
Password
 
     
   


 
Notiziario Marketpress di Lunedì 03 Maggio 2010
 
   
  “COMPLICI” DI RUPERT HOLMES SUL PALCOSCENICO DEL TEATRO SAN BABILA

 
   
  Milano, 3 maggio 2010 - “Complici”, il pluripremiato thriller di Rupert Holmes è una thriller comedy, ossia una storia che tiene con il fiato sospeso, dove si ride e si cerca di capire come andrà a finire. E’ una scatola cinese dove tutto quello che si vede non è come appare e ogni personaggio non è quello che dice di essere, ma nasconde varie identità. Rupert Holmes, classe 1947, è un compositore, cantautore, autore di romanzi e racconti e commediografo americano. In teatro ha debuttato con il musical “Il mistero di Edwin Drood”, tratto da Charles Dickens, che gli fece guadagnare il Tony Awards nel 1979 Giallo-rosa. Così di solito si definisce un genere molto di moda negli ‘60/’70. Non sarebbe improprio usare questa definizione per “Complici”, ma non basterebbe. In questo testo c’è qualcosa di estremo; qualcosa che va al di là del garbato genere, caro soprattutto alle platee anglosassoni. L’autore, americano, sa che i tempi attuali sono totalmente irriverenti, che il pubblico è alla ricerca di emozioni sempre più forti, che il “gusto” non è detto che si debba coniugare col l’”equilibrio” e soprattutto che il drammaturgo, il narratore, l’affabulatore, in una parola l’autore, deve fare i conti con fruitori sempre più smaliziati e disincantati. Quindi il “colpo di scena" in Complici si riproduce come un virus impazzito fino a diventare girandola; il paradosso comico non è centellinato, allo scopo di raggiungere un equilibrio formale come in passato, ma al contrario è portato all’eccesso perché deflagri in platea; l’intreccio non è lineare ma frammentato e invadente come in un quadro cubista; l’”effettaccio” (sangue, spari, fuochi, esplosioni etc.), che di norma avviene una sola volta nel giallo classico, qui è ripetuto in una progressione geometrica che arriva fino all’impensabile; l’ambientazione, classicissima (vestiti e ambienti inglesi anni ’70) si frantuma fino a irrompere nella più avvincente contemporaneità. E i quattro protagonisti, anch’essi estremamente classici (doppia coppia ultrainfedele), si svelano nelle loro doppie o addirittura multiple personalità di personaggi e interpreti come i petali della margherita del “m’ama non m’ama” fino a inglobare impensabilmente anche un Deus ex machina che ha lo scopo di complicare il gioco fino a sconvolgere l’equilibrio scenico della solita “ricomposizione finale”. Ma è soprattutto lo spettatore che l’autore chiama in causa: all’inizio lo blandisce lasciandolo nel perfetto e tranquillizzante gioco del “Guardo non visto”, poi lo scuote utilizzando ferocemente il “Credevi che fosse così, eh? E invece!...”, quindi lo avviluppa moltiplicando all’inverosimile il perfido indovinello-sciarada del “Chi è colpevole di che?” e infine, ed è qui che spara la sua bordata finale, stana gli spettatori dal loro rifugio di passivi fruitori chiamandoli ad una giocosa complicità che rischia di diventare correità. L’autore quindi, dietro l’estremamente coinvolgente divertimento, sembra volerci anche ricordare che ormai noi, gente “civile”, siamo Complici, nel bene e nel male, in tutto  
   
 

<<BACK