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Notiziario Marketpress di Lunedì 07 Giugno 2010
 
   
  MEDIAZIONE E GIUSTIZIA ORDINARIA: TEMPI E COSTI PER LE IMPRESE ITALIANE

 
   
  Di seguito proponiamo l’elaborato, presentato nel corso del convegno milanese "Giustizia ed economia: novità normative per i conflitti d’impresa" che si prefigge di valutare la capacità dei metodi A.d.r. (Alternative Dispute Resolution) ‐ ed in particolare della mediazione così come prevista dal D.lgs. N. 28 del 04.03.2010 ‐ di concorrere a una maggiore competitività delle imprese italiane. Competitività che ad oggi è ridotta a causa della lentezza dei procedimenti giudiziali e dei loro costi, tramutandosi in un enorme dispendio di risorse soprattutto per il recupero dei crediti. Il nuovo intervento legislativo offre alle imprese italiane un’opportunità per risolvere il problema che può essere addirittura a costo zero. Molto importante sarà l’intervento dei commercialisti che operano a fianco delle imprese e che, attraverso validi percorsi formativi, dovranno approfondire la materia, impadronirsi delle tecniche di gestione dei conflitti e consigliare la mediazione alle imprese clienti. La relazione di apertura dell’anno giudiziario 2010 ha rappresentato una situazione allarmante per la giustizia civile italiana: 977 giorni per una causa civile di cognizione ordinaria di primo grado davanti ai tribunali, 837 giorni per le cause di previdenza, 628 giorni per le cause di lavoro non pubblico, 740 giorni per il lavoro pubblico, 270 giorni per i procedimenti esecutivi mobiliari e 1.213 giorni per i procedimenti esecutivi immobiliari. Esistono poi delle differenze quantitative e di composizione della domanda di giustizia tra Nord, Centro e Sud che disegnano un profilo di litigiosità del Sud non solo quantitativamente superiore ma anche sistematico per tutti i tipi di controversia analizzati. Siamo passati da 10 milioni di fascicoli, depositati nelle cancellerie di corti e tribunali italiani, a circa 11 milioni di fascicoli con una media di un cittadino su cinque in attesa di giudizio. Più della metà riguarda cause civili, che insieme a quelle di lavoro, superano quota 5 milioni e mezzo (incremento del 6% rispetto allo scorso anno). Il confronto di questi dati in campo internazionale è offerto dalla Banca Mondiale che ha elaborato una classifica attraverso il Rapporto Doing Business per il 2010. Per completare una procedura di recupero crediti sono necessari 1.210 giorni in Italia, 515 giorni in Spagna, 406 giorni in Cina, 399 giorni in Inghilterra, 394 giorni in Germania, 331 giorni in Francia, 300 giorni in Usa. I ritardi sono poi destinati ad aumentare perché nel confronto con paesi omogenei per dimensioni, livello di sviluppo economico e caratteristiche dei sistemi legali, l’Italia ha un tasso di litigiosità maggiore. Secondo i dati del Rapporto Cepej 2009, i conflitti sono tre volte e mezzo quelli della Germania e 2 volte e mezzo quelli di Francia e Spagna. Nonostante i dati sulla durata del processo siano molto negativi, non sono da meno i dati relativi ai costi della giustizia. Spendiamo molto di più rispetto ad altri paesi europei che in cambio hanno tempi molto minori e vengono annoverati a livelli più alti nella classifica. I dati provengono da rapporti come il Doing Business della Banca Mondiale e il Cepej, della speciale commissione costituita in seno alla Ue che deve valutare e mettere a confronto il livello di efficienza della giustizia nei paesi europei. Costo annuo della giustizia Italia € 4.088.000.000 Francia € 3.350.000.000 Spagna € 2.983.000.000 Olanda € 1.613.000.000 Il risultato è che ogni italiano spende 70 euro all’anno per l’amministrazione giudiziaria, contro i 53 dei francesi, i 68 degli spagnoli, i 106 euro dei tedeschi e 99 degli inglesi. Con la differenza che una controversia commerciale in Italia si conclude in 1.210 giorni mentre Francia e Spagna sono nella media europea di 472 giorni. Secondo una classificazione fatta dalla Banca Mondiale nel rapporto Doing Business l’Italia figura quest’anno al 78esimo posto per durata del procedimento nelle controversie commerciali risultando in calo rispetto allo scorso anno e molto distante dagli altri paesi più sviluppati. La Banca d’Italia, riprendendo questo rapporto, ha appurato che un’impresa in Italia per avere giustizia di una controversia commerciale deve aspettare in media 1.995 giorni (5 anni 4 mesi e 8 giorni) scoprendo poi che tra Nord e Sud la media sale a 2.226 giorni (oltre 6 anni) e che nel Nord Ovest i tempi si riducono a 1.826 giorni. Il dato preoccupante è che alla fine di questo calvario l’impresa, in una procedura d’insolvenza, recupererà poco più del 50% (51,60%). Altro dato molto importante, fornito sempre da un’indagine della Banca d’Italia, riguarda la pratica del ritardo dei pagamenti che tra le imprese italiane è molto diffusa interessando il 40% delle imprese campione della ricerca. Tutto questo crea notevoli difficoltà alla gestione aziendale e alla stessa sopravvivenza dell’impresa. Prova ne sia il fatto che nei primi mesi del 2010 i fallimenti sono aumentati del 46% con circa 3.226 società. Con uno scenario del genere è difficile poter pensare all’impresa italiana in termini di competitività, alla crescita economica e allo sviluppo del paese. Crescita e sviluppo che possono avvenire solo attraverso gli investimenti e la capacità dello Stato di attrarre investimenti esteri. Ma per rendere interessante il nostro mercato occorre salvaguardare la competitività delle imprese e questo passa anche attraverso i tempi della giustizia. Stando ai dati World Bank un altro triste primato per l’Italia (insieme alla Svezia) riguarda la più alta incidenza percentuale dei costi processuali sul valore della controversia (29.9%) che le imprese sostengono per tutelare i propri diritti. Mentre uno studio di Confartigianato stima che il costo per le imprese dei ritardi della giustizia è di 2,3 miliardi di euro e cioè 371 euro per azienda. Vi è poi da aggiungere tutta la mole di attività stragiudiziale che sfugge al controllo di queste ricerche ma che non di meno incide profondamente sulla finanza aziendale determinandone perdite anche consistenti. Così come anche tutte le rinunce al contenzioso che l’imprenditore è costretto a fare per l’antieconomicità di alcune azioni che comporterebbero solo dei costi aggiuntivi alla perdita già subita. La mediazione, aldilà dell’obbligo previsto dal legislatore, diventa un valido strumento alternativo per le imprese per abbattere i costi ed i tempi lunghi della giustizia. La partecipazione alla soluzione della controversia, l’attenzione ai rapporti tra le parti in conflitto e la riservatezza sono tutti importanti fattori che fanno della mediazione uno strumento utile alla gestione delle imprese. Il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 è andato oltre abbattendo i seguenti costi: ‐ imposta di bollo relativa a tutta la documentazione relativa alla mediazione; ‐ ogni spesa, tassa o tributo di qualsiasi natura; ‐ imposta di registro del verbale di accordo entro il limite di valore di € 50.000; e riconoscendo, in caso di successo della mediazione, un credito d’imposta commisurato all’indennità stessa, fino alla concorrenza di € 500, ridotto alla metà in caso di insuccesso. Considerando, poi, che un tariffario medio degli organismi di conciliazione operanti sul territorio dello Stato prevede l’applicazione della seguente tabella:
valore della lite Spesa
fino ad euro 5.000 € 150
da € 5.001 a € 10.000 € 250
da € 10.001 a € 25.000 € 350
da € 25.001 a € 50.000 € 500
si giunge alla conclusione che un’impresa che chiederà l’intervento di un mediatore in una controversia di valore fino ad € 50.000 riceverà un servizio a costo zero. E soprattutto in un termine massimo, più che ragionevole, di 4 mesi. In un periodo di crisi finanziaria come quello che l’economia mondiale sta vivendo, questi problemi vengono amplificati portando così a veri e propri disastri. Continuano ad aprirsi scenari di crisi come quello europeo che in questi ultimi tempi riguardano la Grecia e la Spagna e che inevitabilmente si ripercuotono sulle imprese italiane che operano in questi paesi. Secondo fonti ufficiali Ice nel mese di marzo le condizioni del credito in Grecia sono peggiorate. Sono stati emessi assegni scoperti per un valore pari a 150 milioni di euro con un incremento del 285% rispetto al mese precedente. Inoltre su un totale di 36.704 assegni emessi circa il 41% è risultato inesigibile. Infine, le forniture che lamentano un ritardo dei pagamenti è aumentato del 150% rispetto al mese precedente. Stesso scenario, forse anche più pesante, potrebbe a breve presentarsi per la Spagna dove operano molte più imprese italiane che ne potrebbero essere coinvolte. Anche in questi casi l’impresa italiana potrà utilizzare il tentativo di mediazione transfrontaliera previsto dalla direttiva comunitaria 2008/52/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008 e richiamato dall’articolo 12 del Decreto Legislativo 4 marzo 2010, n. 28. In uno scenario in cui il 40% delle imprese ritarda i pagamenti ai propri fornitori e utilizza strumentalmente la strada della giustizia per ritardare di oltre 5 anni i pagamenti è difficile poter parlare di sviluppo economico. Né tantomeno si può pensare che il sistema possa sostenere a lungo un costo che si aggira intorno al 30% del valore della controversia per poi, pur di chiudere il contenzioso, vedere accordarsi le parti in una transazione che si aggira intorno al 50% del dovuto. Tutto ciò sta portando al collasso le imprese italiane con un aumento considerevole dei fallimenti, circa il 46%, nel primo trimestre del 2010. La mediazione, così come prevista dal legislatore, può essere un valido aiuto alle imprese, così come anche ai privati cittadini, in tutta una serie di controversie che vanno oltre il semplice recupero del credito. Il vantaggio di questo strumento è di tipo economico ‐ perché sono previste agevolazioni in termini di risparmio di imposte e di tasse che altrimenti sarebbero dovute in un giudizio ordinario ‐ e in termini di rimborso, sotto forma di credito di imposta, di quanto dovuto al conciliatore. Ma non solo. Oltre ai risparmi e agli incentivi c’è da considerare che in una mediazione le parti diventano attive nella decisione sulla controversia, non subendo la decisione del giudice, esse possono contare sulla riservatezza dei fatti emersi durante i loro incontri e, cosa molto importante, lavorano in maniera cooperativa alla soluzione, salvaguardando i loro rapporti interpersonali. Il tutto in un tempo massimo che si aggira intorno al 10% degli attuali tempi della giustizia ordinaria e a costi in alcuni casi pari a zero o quantomeno molto lontani da quel 30% del valore della controversia. Tutto questo potrà funzionare solo con il lavoro di quei professionisti che, come i commercialisti, affrontano insieme agli imprenditori i problemi dell’azienda. E la professionalità passa attraverso una formazione specifica che permette di acquisire le corrette tecniche di negoziazione cooperativa e gestione dei conflitti. I commercialisti rappresentano una figura molto importante, per cultura e preparazione di base, per dare un forte impulso alla mediazione, non a caso sono stati tra i primi ad aver costituito gli organismi di conciliazione previsti dal decreto legislativo n. 5/2003 in materia di rito societario. Oggi con l’introduzione del tentativo obbligatorio di mediazione in materie nelle quali il commercialista offre quotidianamente la propria consulenza, l’impegno sarà più forte e più specifico
 
   
 

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