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Notiziario Marketpress di Martedì 08 Giugno 2010
 
   
  IL VICEPRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA ANTONIO TAJANI ALL´INCONTRO EUROPEO DEI MEDIA

 
   
  Madrid, 8 giugno 2010 - Discorso del vicepresidente della Commissione europea Antonio Tajani all´Incontro europeo dei media svoltosi a Madrid il 4 giugno. Signore e signori, per me è un onore trovarmi oggi qui con voi. Devo congratularmi con la Presidenza spagnola del Consiglio perché questoIncontro europeo dei media è un evento veramente originale. Da quando sono vicepresidente della Commissione europea, ossia da poco più di due anni, cerco, quando possibile, di esprimermi nelle occasioni ufficiali nella mia lingua madre, la lingua di Dante. Oggi però, poiché mi trovo nella sede principale dell´Istituto Cervantes, mi esprimerò nella lingua che si parla "in una terra della Mancia che non voglio ricordarecome si chiami". Come potete facilmente immaginare, l´agenda di un vicepresidente della Commissione europea che si occupa, tra l´altro, d´industria, impresa, turismo e spazio, è molto carica. Tutte le settimane sono invitato a intervenire in decine di incontri in tutta Europa ma, devo ammettere che mi lusinga molto partecipare a quello di oggi. Prima di dedicarmi alla politica sono stato giornalista: il giornalismo ce l´ho nel sangue. Ci sono politici che evitano i giornalisti, non è il mio caso: mi sento a mio agio qui tra voi. Come politico cerco sempre di mettermi nei panni del giornalista che mi ascolta e agevolargli il compito il più possibile perché so perfettamente che una buona iniziativa politica, comunicata male, perde molta della propria forza. Non voglio parlare del presente. Mi hanno invitato a questo incontro europeo per parlare del futuro dei mezzi di comunicazione. Per questo motivo vi comunicherò, nel tempo a mia disposizione, alcune idee molto personali di un ex giornalista che ora fa politica in Europa, che spero vi aiuteranno nelle vostre riflessioni. Il primo messaggio è che, a mio parere, dovremmo tutti leggere di più la stampa, vedere di più la televisione e ascoltare di più la radio di altri paesi europei, oltre al nostro. So che i giornalisti sono curiosi e vogliono sapere che cosa faccio tutte le mattine a Bruxelles, prima di iniziare il mio programma ufficiale: vi rispondo che dedico almeno mezz´ora a leggere la stampa nelle lingue che conosco, italiano, francese, inglese e spagnolo. La ricchezza che scopro consiste nel fatto che la stessa notizia è trattata con sfumature diverse a seconda se si leggono i giornali e di un paese o di un altro. A lettura ultimata si è in migliori condizioni per valutare ed esaminare l´attualità con maggiore obiettività. Consentitemi di citare alcune cifre per illustrare il mio messaggio: - secondo un Eurobarometro di alcuni anni fa, il 97.6% degli europei guarda la televisione. Quello che gli europei guardano di più sono i telegiornali e i programmi d´attualità, seguiti dai film, dai documentari e poi dallo sport. - lo stesso Eurobarometro segnala che quasi il 60% degli europei ascolta la radio tutti i giorni e quello che si ascolta di più, per ordine, è la musica, le notizie, i programmi di attualità e in seguito lo sport. - quasi la metà degli europei (il 46%) legge la stampa tutti i giorni e più del 60% di loro legge una rivista almeno una volta al mese. Tenendo conto che nell´Unione europea siamo quasi 500 milioni di cittadini, le cifre che vi ho appena comunicato sono abbastanza confortanti. Tuttavia, se poi si analizzano queste cifre globali e si vuol sapere quanta televisione, radio e stampa "non nazionale" si ascolti e si legga negli Stati membri dell´Unione europea, le cose si complicano. Innanzitutto, l´informazione disponibile è scarsa e, inoltre, quando l´informazione esiste, si costata che in alcuni paesi (specialmente quelli grandi), la parte della stampa straniera rispetto a quella nazionale è molto ridotta. Ad esempio, ho i dati su tutti i giornali che sono stati venduti in Francia nel 2008: indicano che il 99% era costituito da stampa nazionale e l´1% da stampa straniera. Inoltre è difficile trovare dati affidabili rispetto all´audience delle televisioni straniere in confronto ai canali nazionali. Invece è risaputo che soltanto il 7% degli europei guarda regolarmente la televisione di altri paesi. Questo avviene soprattutto nei paesi che condividono la lingua (Germania con Austria; Belgio con Francia e Olanda) e sappiamo anche che, secondo le statistiche, i quattro paesi dove si guardano meno le televisioni straniere sono la Grecia, l´Italia, la Spagna e il Regno Unito. All´altro estremo, nel Lussemburgo e a Malta, i due paesi dove si guarda di più la televisione straniera, la conoscenza delle lingue è molto superiore alla media. Sicuramente, la conoscenza delle lingue straniere svolge un ruolo molto importante al riguardo. Rimane però il fatto che secondo l´Eurobarometro del febbraio 2006, il 56% dei cittadini europei può partecipare a una conversazione in una lingua che non è la sua madrelingua. In concreto, questo significa che più della metà degli europei potrebbe perfettamente acquistare giornali, guardare la televisione o ascoltare la radio di altri paesi che non il proprio, ma, in realtà, gli europei che lo fanno sono una minoranza. C´è dunque un problema che riguarda le lingue, ma non è soltanto un problema di lingue. Perché v´invito a riflettere su questa realtà? Non perché voglio che vendiate più giornali o che otteniate maggiori spettatori fuori dai vostri paesi (cosa che mi farebbe comunque piacere!). È perché ritengo che sarebbe positivo per l´Europa, per costituire un´opinione pubblica europea, una "sfera pubblica europea", come ha dichiarato la Commissione nell´ottobre 2007 quando ha presentato il suo testo "Insiemeper comunicare l’Europa". Il mio secondo messaggio è che credo che voi giornalisti dovreste collaborare di più a livello europeo. Quando si legge la stampa nazionale, si guardano i telegiornali o si ascolta la radio del proprio paese, le notizie sono presentate spesso in chiave nazionale: fin qui tutto normale, però molti dei problemi che affrontiamo nella nostra società non sono soltanto nazionali, sono questioni anche europee, come l´invecchiamento della popolazione, la sicurezza alimentare, i cambiamenti climatici o l´immigrazione. Tali problemi vengono presentati di rado in un contesto transnazionale, benché le numerose difficoltà concrete che i cittadini devono fronteggiare possano essere risolte soltanto a livello europeo. Mi piace molto quando leggo articoli di fondo o interviste a personalità politiche europee che sono pubblicate contemporaneamente su vari giornali europei. Mi rallegra vedere politici stranieri intervistati dalle televisioni o dalle radio di altri paesi, anche se questo dovrebbe succedere con maggior frequenza. E non è tutto: quando ho proposto di pubblicare articoli in vari giornali contemporaneamente su temi che interessano obiettivamente gli europei come, ad esempio, sul nostro lavoro per promuovere le automobili pulite, non è stato facile. Alla fine, è più semplice pubblicare in ogni paese separatamente: la prima reazione del giornalista dinanzi ad una proposta di pubblicare un articolo in vari organi di stampa europei, è, in genere, che vuole l´esclusiva e non gradisce l´idea di condividere uno stesso argomento con i colleghi europei. Forse, anziché allo "scoop" nazionale potremmo cominciare a pensare allo "scoop" europeo. V´invito anche a riflettere su questo perché, a parer mio, non è il miglior atteggiamento per il giornalismo. Nel mio lavoro di commissario per l´Industria e l´imprenditoria, posso assicurarvi che gli imprenditori europei sono abituati a farsi concorrenza, ma anche collaborare tra di loro. Guardate: il presidente della più grande compagnia aerea europea Lufthansa, non è tedesco, è austriaco. Il presidente della British Airways non è inglese, è irlandese. Anche nel calcio, a volte gli allenatori delle principali squadre europee o anche nazionali, non sono della stessa nazionalità della loro squadra. Lo stesso succede con i calciatori. La mia impressione è che il mondo del giornalismo sia rimasto un po´ al margine di questa "europeizzazione". Credo che sarebbe auspicabile che fosse più presente la cultura della collaborazione europea tra giornalisti, come esiste, molto naturalmente in altri ambiti della vita europea. Il terzo argomento che volevo condividere con voi, è che esiste un problema di fiducia dei cittadini verso la stampa in Europa che è opportuno analizzare. Quando ho raccolto il materiale per preparare questo intervento, una delle cifre che mi hanno maggiormente sorpreso nell´Eurobarometro dell´autunno 2007, è che soltanto il 44% dei cittadini europei è disposto a fidarsi della stampa. So che la settimana scorsa a Cadice c´è stato il congresso della Federazione internazionale dei giornalisti. Condivido molto di quanto riporta la relazione scritta dal segretario generale della Federazione, sopratutto che il giornalismo deve essere un bene pubblico. Non ho la bacchetta magica con la soluzione della questione che è particolarmente complessa. Posso però dirvi qualcosa che da Bruxelles si vede molto meglio che dalle altre capitali: credo che dobbiate prestare maggior attenzione al nesso tra il contenuto e i titoli. Troppo spesso sento dire dai miei colleghi, e anch´io lo dico per le materie di cui mi occupo, che "l´articolo su tale argomento è valido come contenuto, ma il titolo lo rovina completamente". Tenendo conto che nella società in cui viviamo molta gente legge soltanto i titoli, se l´obiettivo principale è quello di attrarre audience il risultato è che il giornalismo di qualità va perso. Lo dice la relazione del segretario generale della Federazione internazionale di giornalisti a cui mi riferivo poco fa: il dibattito sul futuro del giornalismo deve privilegiare la qualità, non il profitto. Sono totalmente d´accordo. Quando leggo un buon articolo che è rovinato da un titolo che cerca a tutti i costi di richiamare l´attenzione del lettore, credo, come diciamo in Italia che "vi stiate dando la zappa sui piedi". Un´ultima questione, che vorrei brevemente affrontare con voi, riguarda precisamente il mondo della stampa a Bruxelles. A mio parere, la doppia crisi, economica globale, e di modello d´impresa, in particolare (sfida di Internet, gratuità dell´informazione generica), può condurre i mezzi di comunicazione tradizionali a cadere in due tentazioni molto nocive per l´Europa e per il futuro del progetto europeo: 1) la "frivolizzazione" dell´informazione o il sensazionalismo, come ricerca disperata dall´audience; 2) il ripiego nazionalistico o euroscettico, che critica l´Europa in quanto distante, incomprensibile o poco democratica. Queste due tentazioni stanno comparendo poco a poco anche nei paesi tradizionalmente più favorevoli all´integrazione europea. Io ritengo, invece, che il ruolo dell´Europa si giochi anche nel campo della comunicazione: quando si dice che l´Europa deve contare di più nel mondo aggiungerei che i media europei dovrebbero anch´essi contare di più nel mondo. Richiamo la vostra attenzione sul fatto che, da qualche anno a questa parte, diminuisce il numero di corrispondenti a Bruxelles. L´associazione internazionale della stampa ha appena adottato una risoluzione che denuncia questo fatto. Credo che dimenticarsi dell´Europa sia un errore. L´europa non è la creatura di alcuni tecnocrati che si trovano al palazzo Berlaymont o all´edificio Justus Lipsius. L´europa è, invece, come recita il preambolo del Trattato di Lisbona, un progetto che desidera"intensificare la solidarietà tra i suoi popoli rispettandone la storia, la cultura e le tradizioni ". Le nuove tecnologie danno accesso a una parte dell´informazione: attraverso Internet ed il servizio "Europa by Satellite" (Ebs), si può seguire in diretta la maggioranza degli eventi principali che si svolgono a Bruxelles. Il futuro della stampa passerà anche dall´uso dell´iPod, iPhone e iPad. Ogni giornalista europeo deve essere sensibile all´agenda europea e cercare di seguir da vicino le attività dell´Unione per vedere come si traducono nella vita quotidiana dei cittadini. Credo che questo sia più necessario che mai, tanto più quando stiamo vivendo una crisi senza precedenti nel nostro continente. Ma l´Europa non è soltanto Bruxelles. Più di otto europei su dieci ritengono importante essere informati sulle questioni europee. Sette su dieci desiderano saperne di più sui loro diritti come cittadini. Circa due terzi degli europei considerano che l´informazione disponibile sull´Unione europea sia utile e interessante, ma quasi lo stesso numero la considera insufficiente. Mi piacerebbe inoltre che trattaste la politica europea come trattate quella nazionale, perché è risaputo che una gran parte dell´attività parlamentare nazionale è dovuta al recepimento del diritto comunitario. Affinché i cittadini partecipino a un dibattito europeo, è essenziale comunicare a livello regionale e locale e per questo la chiave siete voi, i media. Consentitemi di concludere il mio intervento ricordando ciò che disse don Chisciotte più di 400 anni fa: "colui che legge molto e molto cammina, vede molto e conosce molto ". Vi posso assicurare che il mio lavoro mi obbliga a leggere molto, a viaggiare in tutta Europa e fuori dall´Europa e a incontrare molta gente. Non so se per questo conosco molto, quel che so è che ho un grande affetto e un grande rispetto per la professione di giornalista. Voi svolgete un ruolo fondamentale nella nostra società e spero che le mie riflessioni vi siano state utili per affrontare gli altri dibattiti di questa giornata che vi auguro siano molto proficui.  
   
 

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