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Notiziario Marketpress di Lunedì 28 Giugno 2010
 
   
  GIUSTIZIA EUROPEA: CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO PER RAGIONI SOSTITUTIVE

 
   
  L´abolizione degli obblighi di indicazione nei contratti a tempo determinato per ragioni sostitutive non rappresenta un arretramento del livello generale di tutela dei lavoratori qualora riguardino una categoria circoscritta di lavoratori oppure siano compensate da altre misure di tutela Secondo la legge n. 230 del 1962, il contratto di lavoro si reputava in principio a tempo indeterminato. Tuttavia era consentita l’apposizione di un termine per sostituire lavoratori assenti e per i quali sussiste il diritto alla conservazione del posto, sempre che nel contratto di lavoro a termine fosse indicato il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione. L´apposizione del termine, per essere valida doveva risultare da un atto scritto. La direttiva 1999/70 mette in atto l´accordo quadro concluso dai sindacati europei in tema di lavoro a tempo determinato. Una clausola di tale accordo quadro prevede che la sua applicazione non può costituire un motivo valido per l´arretramento del livello generale della tutela dei lavoratori. Il decreto legislativo 368/2001, di attuazione della direttiva 1999/70/Ce, ha abrogato la legge n. 230/1962 a partire dal 24 ottobre 2001 e consentito l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo o sostitutivo. La sig.Ra Francesca Sorge è stata assunta dalle Poste Italiane in forza di un contratto di lavoro a tempo determinato per ragioni di carattere sostitutivo. Ha citato in giudizio le Poste Italiane, chiedendo che fosse dichiarata illecita la clausola di durata determinata inserita nel contratto, in quanto non erano stati espressamente indicati il nome del lavoratore sostituito e la causa della sostituzione. Secondo il giudice del rinvio, il decreto legislativo n. 368/2001, limitandosi a consentire l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere sostitutivo, senza più pretendere che, in esso, siano indicati il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione, rappresenterebbe una riduzione del livello di tutela per i lavoratori. Il lavoratore, in effetti, non può più pretendere, al momento della stipulazione del contratto, che gli siano fornite quelle informazioni che anteriormente erano obbligatorie e lo ponevano nelle condizioni di valutare preventivamente la serietà e l’effettiva sussistenza della causale negoziale impiegata, di avere un’informazione completa e, infine, di decidere in merito all’opportunità di agire in giudizio. Nella sentenza resa quest´oggi, la Corte di giustizia Ue esamina, in primo luogo, se la conclusione di un primo contratto a tempo determinato rientri nell’ambito di applicazione dell’accordo quadro. Essa osserva che l´accordo quadro non è limitato ai soli lavoratori con contratti di lavoro a tempo determinato successivi, ma si estende a tutti i lavoratori che forniscono prestazioni retribuite nell’ambito di un determinato rapporto di lavoro. In secondo luogo, la Corte verifica se la modifica della normativa nazionale sia collegata con l’«applicazione» dell’accordo quadro e riguardi il «livello generale di tutela» dei lavoratori. A tal riguardo, essa costata che non si può escludere che le modifiche introdotte al diritto interno precedente siano collegate all’attuazione dell’accordo quadro, considerato che i lavoratori a tempo determinato, al momento dell’adozione della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro, godevano delle misure di tutela previste dalla legge n. 230/1962. Ad avviso della Corte, si avrebbe un arretramento del livello generale di tutela dei lavoratori solo qualora si tratti di una reformatio in peius di ampiezza tale da influenzare complessivamente la normativa nazionale in materia di contratti di lavoro a tempo determinato. Invece, qualora le modifiche interessino unicamente coloro che ne abbiano concluso uno al fine di sostituire un altro lavoratore e detti lavoratori non rappresentano una porzione significativa dei lavoratori, la riduzione della tutela di cui gode una ristretta categoria non è tale da influenzare complessivamente il livello di tutela applicabile nell’ordinamento giuridico interno ai lavoratori con un contratto di lavoro a tempo determinato. Pertanto, modifiche come quelle di cui alla causa principale non costituiscono una «riforma in peius» del livello generale di tutela, purché riguardino una categoria circoscritta di lavoratori oppure siano compensate dall’adozione di altre garanzie o misure di tutela. Spetterà al giudice del rinvio verificare se l’eliminazione del requisito fissato dalla legge n. 230/1962 possa essere considerata il frutto della volontà di bilanciare, al fine di alleggerire gli oneri gravanti sui datori di lavoro, le norme di tutela dei lavoratori introdotte dal decreto legislativo. Il giudice del rinvio chiedeva inoltre se egli fosse tenuto ad escludere l’applicazione di una normativa nazionale, qualora essa contrasti con le disposizioni dell’accordo quadro. La Corte ricorda che la clausola 8, n. 3, non è direttamente produttiva di effetti in quanto verte sulla sola «attuazione» di tale accordo da parte degli Stati membri ed i soggetti dell’ordinamento non potrebbero fondare sul descritto divieto di reformatio in peius un diritto dal contenuto sufficientemente chiaro, preciso e categorico. Ciò nondimeno, i giudici nazionali sono tenuti ad interpretare il diritto interno, per quanto possibile, alla luce del testo e dello scopo dell’accordo quadro, al fine di garantire la piena efficacia dell’accordo quadro e pervenire ad una soluzione conforme alla finalità da esso perseguita. Sentenza 24 giugno 2010 nella causa C-98/09, Sorge / Poste Italiane  
   
 

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