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Notiziario Marketpress di Lunedì 28 Giugno 2010
 
   
  ALMENO 15 "MADRI FONDATRICI" PER I NATIVI AMERICANI IDENTIFICATE DA GENETISTI ITALIANI

 
   
  Pavia, 28 giugno 2010 - In un articolo online il 28 giugno sulla prestigiosa rivista Genome Research http://www.Genome.org/  intitolato “The initial peopling of the Americas: A growing number of founding mitochondrial genomes from Beringia”, ricercatori delle Università di Pavia e Perugia dimostrano che gli antenati dei Nativi Americani recarono almeno 15 linee mitocondriali diverse, molte più “madri fondatrici” di quante si attribuivano finora agli antenati dei Nativi Americani che per primi colonizzarono il vasto continente. Inoltre, gli studiosi affermano che i dati finora disponibili sottostimavano significativamente la diversità dei primi Americani e sottolineano l’importanza di svolgere campionamenti omnicomprensivi per un’analisi accurata delle migrazioni umane. Negli ultimi dieci anni si è risvegliato l’interesse per lo studio dell’origine delle popolazioni umane, in particolare dei Nativi Americani. Il popolamento iniziale del Nord America a partire dall’Asia nord-orientale cominciò approssimativamente 15-18 mila anni fa, nonostante le stime temporali basate sulla diversità genetica dei primi abitanti rimangano controverse. I primi uomini arrivarono in Nord America dall’Asia attraverso un corridoio di terra chiamato Beringia, che connetteva la Siberia orientale e l’Alaska. Grazie a studi genetici è stato possibile cominciare a distinguere l´arrivo dei primi gruppi di Nativi Americani da ondate migratorie successive. In questo lavoro, un gruppo di ricerca internazionale coordinato dal Prof. Antonio Torroni dell’Università di Pavia ha svolto un’analisi dettagliata su una particolare linea del genoma mitocondriale, denominata C1d, finora scarsamente studiata. Grazie alle caratteristiche di eredità uniche di questo genoma, che viene trasmesso per sola via materna, i marcatori di sequenza sono uno strumento molto efficace per mappare la filogenesi del passato. Così come altre linee "pioniere", C1d è distribuito in tutto il continente, avvalorando la sua plausibile presenza tra le popolazioni fondatrici iniziali. Finora scarsamente analizzato, C1d registrava un’età di circa 7 mila anni, molto più giovane degli altri aplogruppi fondatori, un dato poco attendibile. Per risolvere questa discrepanza, i ricercatori hanno analizzato 63 sequenze mitocondriali complete provenienti da tutta l’America, scelte da un archivio comprensivo di oltre 100.000 campioni. Questo studio ad alta risoluzione non solo conferma che C1d è stata una delle linee fondatrici in Nord America tra 15 e 18 mila anni fa, ma rivela un altro punto critico. “Le prime donne fondatrici recarono non uno, ma due diversi tipi di genoma del tipo C1d” dice Alessandro Achilli dell’Università di Perugia, coautore dello studio, e aggiunge “questo porta a 15 il numero minimo di donne fondatrici per i Nativi Americani, un numero inconcepibile fino a poco tempo fa”. Antonio Torroni ritiene che il numero di genomi mitocondriali trasmigrati dall’Asia al Nord America sia in realtà ancora più elevato. “Ulteriori linee materne oggi sconosciute saranno identificate nei prossimi tre o quattro anni, quando l’approccio metodologico che noi abbiamo impiegato in questo studio sarà applicato sistematicamente”, dice Torroni. Solo in questo modo sarà possibile descrivere con precisione gli scenari migratori che portarono al popolamento del Nuovo Mondo e alla diversità linguistica e culturale ancora oggi riscontrabile nei Nativi Americani. I ricercatori coinvolti nello studio provengono dall´Università di Pavia, Università di Perugia, Sorenson Molecular Genealogy Foundation (Salt Lake City, Ut), Università di Santiago de Compostela (Spagna), Innsbruck Medical University (Austria), e dall´Università di Beunos Aries (Argentina). Questa ricerca è stata finanziata dalla Fondazione Alma Mater Ticinensis di Pavia, Prin 2007 (Ministero dell´Istruzione, dell´Università e della Ricerca), Sorenson Molecular Genealogy Foundation, Ministerio de Ciencia e Innovación, Fundación de Investigación Médica Mutua Madrileña e Fwf Austrian Science Fund.  
   
 

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