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Notiziario Marketpress di Giovedì 08 Luglio 2010
 
   
  CHIODI, LA REGIONEABRUZZO, COMPIE 40 ANNI LA STRUTTURA SOCIO-ECONOMICA E´ MUTATA RADICALMENTE

 
   
  L´aquila, 8 luglio 2010 - Di seguito l´intervento del Presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi nel corso della cerimonia per il 40esimo anniversario della nascita delle Regioni: "Nella primavera del 1970 nascevano le Regioni a Statuto ordinario. Allora l´Abruzzo non era affatto una regione. Era solamente l´unione forzosa di quattro province sempre in disaccordo tra loro su tutto; era in quegli anni una delle regioni più povere del Mezzogiorno con un Pil bassissimo e con un fenomeno, quello dell´emigrazione, assai diffuso che aveva svuotato tanti piccoli comuni delle aree interne. Una regione isolata dal resto del paese con una rete autostradale ancora inefficiente. Ma non è tutto. L´abruzzo era anche una regione con un sistema universitario poco diffuso e una rete di servizi ospedalieri disarticolata e poco razionale. Le aziende stentavano a decollare anche per l´ assenza di infrastrutture primarie. Poi, la nascita dell´Istituto regionale che ha segnato, indubbiamente, un momento di svolta e che per certi versi ha accompagnato lo sviluppo impetuoso che l´Abruzzo ha avuto nel ventennio successivo. A cominciare dalla maturazione politica della classe dirigente che, pur tra mille difficolta? ed insufficienze ha iniziato a pensare in termini di visione unitaria del territorio. La Regione e l´Abruzzo hanno seguito nel tempo lo stesso processo di crescita e di sviluppo guidato da una classe dirigente accorta e lungimirante che, pur se spesso avvicendata nel vertice apicale dell´Ente (quindici presidenti della giunta dei quali solo tre hanno completato il quinquennio di governo), ha assicurato quella continuità amministrativa e di governo che è indispensabile per programmare ed investire nel medio lungo termine. E così la regione cresceva e si modernizzava con tutta una rete di servizi primari che accorciavano distanze e rendevano l´Abruzzo competitivo e attraente per gli investimenti industriali grazie alle provvidenze dell´intervento statale a favore del mezzogiorno e la politica fiscale di estremo favore riservata alle regioni meridionali come l’ esenzione decennale dal prelievo Irpeg ed Ilor per le nuove iniziative imprenditoriali. In questi lunghi anni il cammino delle Assemblee legislative regionali è stato stimolante e autentico della rappresentanza popolare. L´istituzione delle Regioni fu considerata da molti una trasformazione troppo radicale delle strutture dello Stato, e per questo la fase attuativa è stata estremamente laboriosa e lunga. Il processo regionalista ebbe una notevole accelerazione verso la fine degli Sessanta, quando tra le forze politiche maturò la convinzione che non fosse possibile dilazionare oltre nel tempo l´attuazione di un così importante istituto previsto dalla Costituzione. Nonostante ciò si è dovuto attendere, poi, altri trent´anni per vedere il concretizzarsi delle riforme che hanno adeguato le Regioni ai tempi che nel frattempo cambiavano radicalmente gli scenari economici e sociali. Ed è la legge costituzionale n.1 del 22 novembre 1999, ("Disposizioni concernenti l´elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l´autonomia statuaria delle Regioni"), che apre una stagione realmente nuova per le Regioni. Questa legge rappresenta un passo decisivo in un percorso di riforme volto a creare un governo forte della Regione, accentrando le responsabilità nella figura del Presidente. Con la legge Costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001 ("Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione"), invece, viene riformata la parte della Costituzione riguardante il sistema delle Autonomie Locali e dei rapporti con lo Stato. La riforma ha comportato la revisione degli articoli 114-133 della Carta Costituzionale, determinando così la nuova struttura istituzionale, la ripartizione della potestà legislativa e amministrativa, lo schema di finanziamento e i rapporti finanziari tra enti, la possibilità di forme di autonomia differenziata per le Regioni a Statuto ordinario, l´abrogazione dei controlli preventivi sugli atti delle Regioni. In questi quaranta anni la struttura socio-economica della regione è mutata in modo clamoroso. Nel 1970, quando è nata la Regione, se un italiano guadagnava 100 lire un abruzzese ne guadagnava 70; oggi, a 100 euro di un italiano corrispondono 90 euro di un abruzzese. All´epoca, quasi il 50 % degli abruzzesi lavorava in agricoltura, contro il 20 % della media nazionale; adesso l? Abruzzo è al 10 % e l? Italia è all´8 %. Attualmente, poi, il rapporto tra media nazionale e media abruzzese è quasi pari nell´industria e nel terziario. I dati del terziario, in particolare, cioè delle attività complessivamente estranee all´agricoltura e all´industria, sono impressionanti: nel 1970, un italiano su tre già lavorava nel terziario, mentre soltanto il 5 % degli abruzzesi lavorava in quel settore; adesso, sia in Italia sia in Abruzzo, il terziario è vicino al 60 %. "Il futuro. Oggi questo Consiglio e questi consiglieri hanno il privilegio di celebrare i 40 anni di nascita della Regione Abruzzo e l´onere di affrontare una fase difficile per la nostra comunità regionale, forse la più difficile fra le esperienze vissute in questi anni: un enorme debito sulle spalle della nuova generazione di abruzzesi, la sanità da rifondare, la crisi economica più grave almeno dal dopoguerra, un disastroso terremoto ed un processo di riforma federalista che può essere una grande opportunità ma anche un grande rischio se non saremo in grado di affrontare e risolvere le crisi in atto. L´abruzzo, però, non teme il federalismo; lo auspica! Perché ha fiducia nella maturazione indotta della sua classe dirigente fatta di donne ed uomini che vogliono dimostrare di saper pensare e saper fare, che desiderano assumersi delle responsabilità e non scaricarle su altri, sia esso lo Stato, la società moderna, la società globalizzata ed altri miti sociologici. Il federalismo fiscale è l´unica strada - se a guidare le nostre azioni deve essere, come io credo, la realtà vera e non, per quanto desiderabile possa sembrare, la mera teoria - per migliorare la classe dirigente del Paese e per assicurare un futuro al Paese e alle sue finanze. Non favorisce la nascita di una classe dirigente politica responsabile il sistema attuale che vede la spesa statale prevalentemente finanziata con le tasse pagate dai cittadini (e con il ricorso al debito pubblico, per cui lo Stato ha propria essenziale responsabilità e per cui paga interessi passivi), mentre la spesa locale è fatta da Governi che hanno il potere di spesa ma non il dovere di presa fiscale, così risultando fiscalmente irresponsabili. Il potere fiscale è centrale. Il potere di spesa è, in parte notevole, locale. E´ questa la stortura della nostra finanza pubblica. Una stortura che è tanto politica quanto economica. Questa stortura è a sua volta causa, e causa certo non marginale, della dinamica esponenziale del nostro debito pubblico. Lo Stato centrale, reso responsabile per il tutto, ha infatti prima dovuto cedere alla crescente ed insostenibile pressione politica su di esso quasi esclusivamente concentrata, e poi, proprio nel debito pubblico, ha trovato la più facile via di fuga. Ed il debito pubblico (così come il debito regionale oggi), via via che cresceva, "abrogava" quote di reale democrazia drogando la vita politica con la meccanica illusoria tipica della cambiale mefistofelica, del pagamento messo a carico delle generazioni future. Ed è questa la prima ragione del federalismo fiscale: la necessaria rimozione dal nostro futuro del continuo di una causa discorsiva. C´è allora un bisogno diffuso di ricominciare a lavorare per ricostruire. In primo luogo la fiducia dei cittadini, poi la credibilità delle istituzioni, la voglia di farcela, il bisogno di dimostrare che, in fondo, gli abruzzesi sono sempre quelli che tutti conoscono, in Italia e nel mondo, ossia brava gente, tenace, pulita, capace di soffrire in silenzio e orgogliosi della propria storia e della propria identità. Ritengo questo un momento centrale per il futuro della nostra Regione. Questo è il momento di dimostrare che c? è una classe dirigente all´altezza delle difficoltà del presente, che non voglia essere simile a tanti altri "politici" che in realtà sono, al più, "tecnici" della sopravvivenza del consenso elettorale peraltro ottenuto distribuendo a destra e a manca risorse che non c? erano sottraendo quote di futuro ai nostri figli. Per questo abbiamo lavorato in questi primi diciotto mesi, per questo abbiamo ridotto del 12% lo stock del debito complessivo, per questo abbiamo ridotto del 16% il costo del debito, per questo abbiamo riportato il deficit annuale del sistema sanitario a valori antecedenti al 2000. Per questo ricostruiremo la città dell’ Aquila ed i comuni del cratere, per questo lavoreremo i prossimi anni dando un nuovo futuro alla nostra regione. In questo sforzo epocale di ineludibile cambiamento, l´intera comunità abruzzese dovrebbe stringersi attorno all´istituzione regionale con l´obiettivo, da un lato, di trovare insieme le misure necessarie per alleviare le difficoltà e, dall´altro, per arrivare ad una visione condivisa di sviluppo dell´Abruzzo. Non vogliamo essere lasciati soli nell´assumerci le responsabilità perchè stiamo facendo gli interessi di tutti. Sappiamo, purtroppo, che la medicina per riprendere un percorso di sviluppo - che sia sano e che non metta a rischio i nostri figli - non sarà dolce di sapore, ma è pur sempre una medicina che fa guarire e la dobbiamo somministrare se vogliamo che le difficoltà attuali si trasformino in una opportunità per l´Abruzzo del domani. Viva l´Abruzzo! Viva gli abruzzesi!  
   
 

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