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Notiziario Marketpress di
Martedì 26 Ottobre 2010 |
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FONDAZIONE EDISON: SOSTENERE L’INDUSTRIA MANIFATTURIERA EUROPEA CON ADEGUATI INTERVENTI PER FAVORIRE LA RIPRESA ECONOMICA
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Roma, 26 ottobre 2010. La Fondazione Edison ha presentato il 22 ottobre, nell’ambito di un convegno internazionale sulla “Struttura dei Sistemi Economici attraverso le Applicazioni Input-output”, lo studio “La competitività del sistema industriale europeo: azioni e misure per favorire la ripresa economica”. Il convegno, organizzato in collaborazione con l’Accademia Nazionale dei Lincei ha visto la partecipazione di Umberto Quadrino, Presidente della Fondazione Edison, Marco Fortis, Vice Presidente della Fondazione Edison insieme a numerosi studiosi ed economisti tra cui Alberto Quadrio Curzio, Carlo D´adda, Luigi Pasinetti, Roberto Scazzieri e Albert Steenge. Il convegno si è focalizzato sui progressi nelle metodologie per l’analisi delle interdipendenze settoriali (le tecniche input output) nel quadro di un rilancio dell’attenzione verso gli aspetti strutturali della produzione economica dopo gli anni degli eccessi nella finanza e in campo immobiliare che hanno portato all’attuale crisi globale. Il ruolo centrale dell’industria manifatturiera nell’economia appare evidente dall’analisi delle relazioni intersettoriali. L’industria non solo esprime un valore aggiunto diretto molto importante ma molte altre attività economiche (tra cui una grossa quota dei servizi) non esisterebbero se non fossero attivate dalle esigenze dell’industria stessa. Per l’Europa, che ha rinunciato molto meno dell’America all’industria ed è ancor oggi davanti alla Cina per valore aggiunto manifatturiero, è cruciale rilanciare l’economia partendo dall’industria e dagli investimenti. Dallo studio della Fondazione Edison emerge la posizione chiave dell’Italia come secondo Paese manifatturiero d’Europa dopo la Germania, davanti a Gran Bretagna e Francia mentre a livello mondiale il nostro Paese si attesta al quinto posto per valore aggiunto manifatturiero in uno scenario in rapido cambiamento. La Cina, infatti, tra il 2005 e il 2008 ha raddoppiato la sua produzione manifatturiera in dollari correnti superando il Giappone e si appresta a superare anche gli Usa diventando il più importante singolo Paese produttore manifatturiero del mondo. Considerandole come un blocco unico, l’Europa (Ue-27) ed anche l’Euroarea mantengono tuttavia entrambe la leadership come il più importante produttore manifatturiero mondiale con, rispettivamente, 2.238 e 1.930 miliardi di dollari davanti agli Usa e la stessa Cina. Dall’analisi della bilancia commerciale extra Ue per i manufatti emerge la posizione preminente della Germania (112 miliardi di euro di attivo nel 2009), dell’Italia (41 miliardi di euro) e della Francia (30 miliardi di euro) come pilastri del commercio esterno dell’Unione Europea a 27. “Grazie alla sua tradizione manifatturiera, l’Italia può giocare un forte ruolo nel rilancio dell’economia europea, ha dichiarato Marco Fortis, Vice Presidente della Fondazione Edison. “Siamo al secondo posto, dopo la Germania, negli scambi commerciali di manufatti a livello europeo, davanti a Regno Unito, Francia e Spagna. La nostra competitività non è stata scalfita dalla crisi, come dimostra il fatto che nel 2009 il nostro surplus con l’estero nella meccanica è diminuito percentualmente meno di quelli di Germania e Giappone. Ed anche il nostro attivo nei prodotti per la persona e la casa è diminuito percentualmente di meno di quelli di Cina e Germania. Servono però interventi mirati per sostenere le nostre imprese contro criticità come la concorrenza asimmetrica dei Paesi emergenti e gli squilibri dei cambi. L’italia, noltre, deve battersi compatta a Bruxelles per l’introduzione del “Made in” obbligatorio sui prodotti extra Ue. Allo stesso tempo, le nostre imprese hanno bisogno di ridurre i costi energetici: dobbiamo accelerare, dunque, il programma nucleare e stimolare una maggiore liberalizzazione del mercato del gas”. L’italia presenta un rilevante surplus commerciale con l’estero per i manufatti non alimentari: è quinta al mondo dietro Cina, Germania, Giappone e Corea del Sud. Solo questi 5 Paesi del G-20 si caratterizzano per un surplus manifatturiero strutturale mentre gli altri Paesi del G-20 sono tutti in deficit. Nel 2009 l’attivo con l’estero dell’Italia per l’isieme di tutti i manufatti è diminuito di meno di quelli di Germania e Giappone e in maniera simile a quello della Cina. La forza del manifatturiero italiano, oltre agli alimentari e ai vini, è soprattutto radicata nei settori dei beni per la persona e la casa e nella meccanica, nelle Pmi e nei distretti organizzati sul territorio. Distinguendo i manufatti non alimentari in quattro grandi categorie, l’Italia è in surplus strutturale con l’estero in 2 categorie di manufatti (meccanica e altri manufatti) e in deficit strutturale nelle altre 2 categorie (elettronica- telecomunicazioni-mezzi di trasporto e chimica-farmaceutica). Le prime due categorie corrispondono alle classiche specializzazioni italiane del Made in Italy basate su Pmi e distretti, le seconde due alle specializzazioni di grande impresa. In Italia, secondo l’Istat la maggior parte dei distretti industriali è attiva nei settori del Made in Italy, cioè 140 distretti su 156. Solo 16 distretti operano in altri settori. Vi sono poi altri 92 sistemi locali manifatturieri che operano in settori del made in Italy che tuttavia non sono classificati come distretti di Pmi perché in essi operano anche grandi imprese (es. Castel Goffredo). Lo studio della Fondazione Edison prende in esame anche i fattori critici per le imprese europee emersi durante la crisi. In prima istanza la contrazione dei margini: le Pmi resistono ma molte grandi imprese, specie multinazionali, stanno accelerando importanti ristrutturazioni che potrebbero creare seri problemi occupazionali. Ma vi è il rischio oggettivo che anche tra le stesse Pmi solo le più patrimonializzate e più forti riescano a superare una crisi che, nel caso si rivelasse più lunga e complessa del previsto, porterebbe a un andamento altalenante e incerto della ripresa. Altre criticità riguardano il rischio di un’accelerazione dei processi di delocalizzazione favoriti dagli attuali squilibri globali commerciali e dei cambi. Le misure di intervento per sostenere il settore manifatturiero europeo - Per la Fondazione Edison occorrono decise politiche europee di supporto al settore manifatturiero. Un settore che, con circa 34 milioni di persone impiegate, senza considerare l’indotto, rappresenta il più prezioso patrimonio in campo economico dell’Ue. L’europa deve innanzitutto tutelare la propria manifattura dalla concorrenza asimmetrica dei Paesi concorrenti. Vanno tutelate le proprie produzioni interne favorendo la trasparenza sul mercato e una migliore conoscenza dei prodotti da parte dei consumatori: introdurre senza indugi il “Made in” obbligatorio sui beni importati da Paesi extra-Ue. L’europa deve richiedere che tali prodotti importati possiedano tutti i requisiti e gli standard qualitativi, di sicurezza, durata, non tossicità, risparmio energetico, basso impatto ambientale che sono richiesti alle produzioni realizzate in Europa. L’europa deve favorire una maggiore liberalizzazione del mercato energetico ed investimenti importanti nel settore per accrescere la sua competitività, ridurre i costi energetici e la sua dipendenza dall’estero per gli idrocarburi. L’europa deve avere una forte politica di supporto a favore del nuovo nucleare e delle energie rinnovabili. Secondo la Fondazione Edison, finita l’era dei consumi a debito, l’Europa deve favorire un rilancio della sua economia attraverso un grande programma di investimenti infrastrutturali sostenuto dagli Eurobond che preveda anche la “rottamazione” dei macchinari industriali così da aumentare la competitività dei nostri insediamenti produttivi, da un lato, ed avere importanti ricadute sulla produzione industriale europea, essendo i Paesi europei i più forti produttori mondiali di macchinari per l’industria. Sul fronte monetario, l’Europa deve battersi per un riequilibrio dei cambi, che oggi favoriscono in modo sbilanciato l’export cinese inducendo le imprese a delocalizzare in Cina e in altri Paesi a basso costo del lavoro e a deboli tutele e regole sindacali ed ambientali. L’europa deve inoltre preservare l’integrità delle filiere produttive: ad esempio se vuole conservare una forte industria meccanica deve conservare anche una forte metallurgia. E poiché questa oggi è in buona parte una metallurgia di seconda fusione, cioè basata sul riciclo dei rottami, l’Europa deve considerare i rottami come materie prime strategiche ed impedirne l’esodo da nostro continente come invece sta accadendo in questi anni con l’accaparramento dei rottami stessi da parte della Cina. Le misure a sostegno dell’industria manifatturiera italiana - L’italia deve battersi compatta a Bruxelles per l’introduzione del “Made in” obbligatorio sui prodotti extra Ue. Per sostenere la competitività delle imprese, il nostro Paese deve ridurre i suoi costi energetici attraverso l’accelerazione del suo programma sul nucleare ed una maggiore liberalizzazione del mercato del gas. Servono interventi di semplificazione per rimuovere il più possibile gli ostacoli burocratici che frenano l’attività di impresa e sostenere con decisione lo sviluppo di attività manifatturiere di Pmi nel Sud per ridurre il divario economico con il Nord-centro. Va rapidamente favorita l’internazionalizzazione produttiva delle imprese del cosiddetto “Quarto capitalismo” italiano anche attraverso fondi ed iniziative comuni pubblico-privato a supporto di acquisizioni di imprese all’estero, specie nei Paesi emergenti, che possano costituire delle basi non per delocalizzazioni opportunistiche ma per accrescere le nostre produzioni all’estero più vicine ai mercati finali di consumo. Infine, vanno promossi sul territorio i contratti di rete e simili iniziative che possano consentire anche alle Pmi di partecipare ad iniziative commerciali, appalti e commesse nei Paesi emergenti più lontani e di più difficile accesso. |
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