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Notiziario Marketpress di Martedì 02 Novembre 2010
 
   
  IN MOSTRA A MILANO LE OPERE DI VELASCO VITALI DAL 13 NOVEMBRE AL 3 DICEMBRE IN PIAZZA DUCA D’AOSTA E A PALAZZO

 
   
   Milano, 2 novembre 2010 - S’intitola Sbarco l’intervento artistico promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune che Velasco Vitali realizza a Milano dal 13 novembre al 3 dicembre. La migrazione dell’uomo è il filo conduttore di un’installazione che collega idealmente la piazza della Stazione Centrale di Milano e gli spazi di Palazzo Reale. “Con Sbarco – spiega l’assessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory – Velasco Vitali, nei suoi quattro distinti capitoli narrativi, dà forma e concretezza alle figure migranti. Ciò che colpisce dei suoi lavori è l’irriducibile tensione fra individuo e comunità. L’artista, senza negare l’una o l’altra, ignora tuttavia gli ovvi richiami ideologici all’egoismo, al collettivismo. Ed è in tale prospettiva, in un ideale percorso, che il nostro sguardo muove dalla Stazione Centrale alle sale di Palazzo Reale in un evocativo viaggio che racconta lo scorrere del tempo, i mutamenti, l’evoluzione dei nostri giorni, quella esteriore e quella interiore”. Dal passaggio di persone riflesse sulla chiglia di una barca al branco di sculture nella penombra dei corridoi di Palazzo Reale, alla folla nei grandi quadri nelle sale, Velasco Vitali investe con la sua riflessione le tematiche dell’isolamento, del viaggio, dell’immigrazione, della precarietà e della fuga. E lo fa attraverso quattro grandi momenti tematici, declinati anche spazialmente in quattro opere o gruppi di opere. I . Sbarco (piazza Duca d’Aosta, Stazione Centrale) - Una barca lunga e sottile taglia la piazza. La sorreggono due uomini di bronzo immobili e vaganti che segnano l’inizio, la fine e la durata di un viaggio immobile e ciclico, due figure senza identità, che diventano metafora di spaesamento. Al visitatore il compito di pensare alla meta del viaggio, all’identità dei viaggiatori, alla funzione della barca (2 metri per circa 15 di lunghezza): uno scudo, un guscio, un rifugio che collega e separa i due uomini. Ii . Branco (Palazzo Reale) - Sessanta cani in ferro, cemento, catrame e bronzo, di rassegnata aggressività, un branco sbandato e disperso, in movimento e in riposo nei corridoi di Palazzo Reale, occupanti di uno spazio inabitato, alla ricerca di sopravvivenza. Sculture arrivate da altrove (i nomi dei cani corrispondono a città scomparse o fantasma: Agyra, Antipoli, Craco, Ironton, Palcoda, Steins) a un randagismo che diventa sempre più una dimensione esistenziale. “I cani di Velasco non sono cani da guardia – spiega ancora Finazzer Flory –. Non scodinzolano di fronte a un facile padrone. Non sono cani da tartufo e neppure cani pastore. Sono randagi. Li osserviamo liberi, senza guinzagli, eppure sanno anch’essi dove andare e soprattutto dove sostare. Anzi è proprio la loro postura, il modo di stare seduti a renderli interessanti, interroganti. A tale proposito ricordo le parole poetiche di Rilke quando afferma che nella vita ci sono poche cose vere, i bambini che giocano, gli amanti e i cani che fanno veramente i cani”. Iii . Attesa (Ingresso e ultima sala di Palazzo Reale) - In un ideale contrappunto di inizio e fine mostra si espande una raffigurazione epica e indistinta dell’umanità come somma incalcolabile di innumerevoli individui. Gli uomini, infatti, sono compressi e protetti entro due monumentali teleri (4 per 7,5 metri). Gruppi e singoli occupano la superficie delle grandi tele e comprimono lo spazio della mostra, diventato quinta in cui lo spettatore si muove in attesa. Iv . Kitezh (Cortile d’Onore, Palazzo Reale) - Un capobranco, unica scultura esplicitamente monumentale, completamente rivestita d’oro. Kitezh sublima il percorso della mostra tra figurazione e astrazione e nella sua orgogliosa e ieratica solitudine pare meditare melanconicamente (se un cane è in grado di farlo) sulla perdita irrimediabile del suo potere di guida. Un capobranco senza più seguaci, senza piedistallo, che confronta la propria monumentalità fallita con quella, riuscita, della Madonnina del Duomo che lo sovrasta.  
   
 

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