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Notiziario Marketpress di Giovedì 23 Novembre 2006
 
   
  RASSEGNA DELL´ECONOMIA EUROPEA NEL 2006 LA COMMISSIONE EUROPEA PUBBLICA LA RELAZIONE ANNUALE SULL’ECONOMIA NELL’UE

 
   
  Bruxelles, 23 novembre 2006 - L’esperienza degli ultimi otto anni dimostra che molti paesi della zona euro non hanno ancora pienamente adattato le proprie politiche economiche alle implicazioni derivanti dall’appartenenza ad un’unione monetaria, con un’unica politica monetaria e un’unica valuta. È questa la conclusione a cui giunge la comunicazione della Commissione intitolata “Rafforzare la zona euro: le principali priorità politiche”, adottata per la consueta rassegna annuale dell’economia dell’Ue. Occorrono quindi maggiori sforzi per migliorare i tassi di crescita e cementare la coesione all’interno della zona euro, in modo da rendere più evidenti ai cittadini i vantaggi di una moneta unica. È inoltre indispensabile accelerare le riforme strutturali e risanare più decisamente le finanze pubbliche, per disporre del margine di manovra necessario per far fronte alla prossima recessione. Infine, è necessario migliorare la governance della zona euro, per assicurare un maggiore coordinamento dei bilanci nazionali e riforme in grado di alimentarsi a vicenda e per consentire all’Eurozona di avere una voce più forte e più chiara nel mondo. Negli otto anni trascorsi dalla sua creazione, l’euro si è affermato come una moneta stabile e forte, sia sul mercato interno che sui mercati internazionali. Le economie della zona euro hanno risposto bene agli shock comuni, come l’impennata del prezzo del petrolio e la volatilità dei mercati finanziari. L’inflazione si è mantenuta significativamente bassa e stabile, consentendo ai governi, alle imprese e alle famiglie dei paesi della zona euro di accedere a condizioni di finanziamento particolarmente favorevoli. Tuttavia, la perdurante debolezza della crescita e le divergenze tuttora esistenti nei tassi di crescita e sul fronte dell’inflazione dimostrano che l’adattamento interno nella zona euro non è ottimale, e che alcuni paesi membri non hanno integrato pienamente nelle politiche economiche nazionali le implicazioni derivanti dall’appartenenza ad un’unione monetaria. L’esperienza dei primi anni della zona euro Pur essendosi attenuato nel corso degli ultimi trimestri, il divario fra i tassi di crescita persiste e si registrano tuttora differenze sul piano della competitività e dell’inflazione. Tali squilibri possono spiegarsi con una serie di fattori: In primo luogo, in alcuni paesi riflettono l’adattamento ancora in corso alla riduzione dei tassi di interesse e il miglioramento delle condizioni di credito iniziato nel periodo precedente l’introduzione dell’euro, mentre nel caso della Germania l’unificazione ha esercitato un significativo e prolungato impatto negativo sulla competitività relativa del paese. In secondo luogo, alcuni paesi non hanno approfittato della riduzione dei tassi di interesse e del conseguente risparmio sul servizio del debito pubblico per risanare le finanze pubbliche e rafforzare i meccanismi di adattamento destinati a migliorare la competitività, in una situazione nella quale non possono più servirsi dello strumento dei tassi di cambio. In terzo luogo, in alcuni casi l’adeguamento dei prezzi e dei salari alle variazioni della congiuntura nazionale è avvenuto troppo lentamente. In quarto luogo, vi sono stati anche effetti di ricaduta: ad esempio il boom immobiliare verificatosi in varie economie ha inciso sia sulla domanda di beni oggetto di scambi sia sul livello dei tassi di interesse di altri membri della zona euro. Infine, il diverso grado di convergenza nominale e reale tra i paesi partecipanti riflette almeno in parte il diverso approccio seguito dai singoli paesi. La via da seguire per rafforzare la zona euro Le implicazioni sono chiare. I paesi della zona euro devono accelerare il ritmo delle riforme strutturali. I recenti programmi di riforma presentati nell’ambito del rilancio della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione dimostrano che i governi nazionali sono consapevoli delle riforme necessarie. Ma ciò che è davvero importante è l’attuazione – o meglio la rapida attuazione – di tali riforme. Per quanto riguarda il risanamento del bilancio i governi devono essere più ambiziosi, specialmente ora che la zona euro è in ripresa, non soltanto per evitare di trovarsi in difficoltà alla prossima recessione, ma anche per raggiungere il pareggio dei conti prima di subire interamente le conseguenze dell´invecchiamento della popolazione. Allo stesso tempo, occorre ripensare attentamente alla qualità della spesa pubblica, per assicurare un incremento e non una contrazione delle spese destinate a ricerca e sviluppo, innovazione, istruzione e formazione permanente, che favoriscono la crescita. Malgrado i notevoli progressi compiuti sul fronte dell´integrazione dei mercati finanziari, occorre spingersi ancora più in avanti, per consentire di attenuare l’impatto degli shock economici sui redditi e sui mercati nazionali dei capitali. Analogamente, un’azione più incisiva volta ad aprire il mercato dei servizi alla concorrenza svilupperà il potenziale di crescita dell’Eurozona e ridurrà i costi sociali dei processi di adattamento. La recente adozione della direttiva sui servizi è una buona notizia: quanto prima sarà recepita negli ordinamenti nazionali, tanto prima l’Europa potrà coglierne i benefici sul piano della crescita e dell’occupazione, come avvenuto a seguito della liberalizzazione di altri settori in precedenza regolamentati, quali il trasporto aereo e le telecomunicazioni. È inoltre necessario che gli operatori economici e i sindacati, così come i governi, comprendano meglio le implicazioni derivanti dall’appartenenza ad un’unione economica e monetaria. Perché l’economia rimanga competitiva occorre fare in modo che l’andamento dei prezzi e dei salari rifletta l’aumento della produttività. È altrettanto essenziale migliorare la governance della zona euro, mettendo a punto strumenti di coordinamento a livello comunitario e nazionale, per tenere conto della maggiore interdipendenza tra i paesi membri ed evitare effetti di ricaduta. Infine, i responsabili politici devono spiegare ai cittadini i vantaggi dell’euro o quanto meno riflettere bene prima di utilizzare l’euro come capro espiatorio dei problemi dell’economia, e devono tener presenti gli enormi benefici apportati dall’euro in termini di stabilità macroeconomica, condizioni di finanziamento e riduzione dei costi per le finanze pubbliche, per le imprese e per i consumatori in generale. È inoltre essenziale che i decisori tengano conto dell’esperienza del passaggio all’euro negli Stati che attualmente fanno parte dell’Eurozona. Ciò consentirà ai paesi che si preparano ad introdurre l’euro di trarre pieno beneficio dall’adesione alla moneta unica. Tutti questi sforzi renderanno più semplice la vita nella zona euro nell’ambito di una politica monetaria comune e prepareranno meglio i paesi partecipanti a far fronte alle sfide attuali e future di un’economia globalizzata. .  
   
 

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