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Notiziario Marketpress di Venerdì 05 Novembre 2010
 
   
  MILANO (STUDIO MARCONI): GLI ABITANTI DEL MUSEO N. 4 - ENRICO BAJ – PLASTICHE - INAUGURAZIONE MOSTRA: GIOVEDÌ 11 NOVEMBRE 2010 H 19

 
   
  L’11 novembre la Fondazione Marconi presenta la mostra Enrico Baj – Plastiche, allestita sui due piani dello spazio espositivo. La mostra vuole documentare la ricerca dell’artista sulle materie plastiche, dal 1963 al 1970. Baj ha utilizzato da sempre materiali eterogenei per rompere gli schemi e per il suo interesse verso la materia e le sue infinite possibilità espressive. Ha scritto di lui Tristan Sauvage: “Baj è un signore della materia”. Le prime plastiche usate da Baj nel 1963 furono le mattonelle di “Lego”, gioco allora nuovissimo. In seguito sperimentò tutti i materiali plastici: dal cloruro di potassio all’acetato di cellulosa, il polietilene, le foglie di Pvc imbottite di resina espansa, non solo inserendo questi materiali all’interno dei suoi collages, ma realizzando opere interamente in plastica. Le prime plastiche furono esposte nel 1967 al 15° premio di Lissone e vennero presentate allo Studio Marconi nel febbraio del 1969. La plastica è per Baj il materiale-simbolo della società industriale, derisa beffardamente dall’artista per l’uso indiscriminato e modaiolo di qualsivoglia novità. “La mitologia del nuovo materiale è intaccata proprio con i nuovi materiali” (L. Caramel, 1969). Nel contempo Baj manifesta una grande attrazione per questa materia trasparente e luminosa. In mostra sono esposti personaggi grotteschi, buffi e risibili che hanno nomi impronunciabili e onomatopeici, riconducibili sia al dadaismo, sia al futurismo come Albmilalf (1968), Izzoighitalti (1968), Emsterkem (1969), protagonisti di un’ilare commedia che Baj mette in scena per prendere di mira la società dei consumi con i suoi comportamenti stereotipati, le sue leggi inalterabili e i suoi falsi miti. Tra queste è esposto anche Punching General (1969) “..Un multiplo, a grandezza d’uomo, (...). Una sorta di generale montato su una molla come un punching-ball, che io consigliavo alle forze dell’ordine di adottare affinchè i contestatori, gli studenti del ’68, volendo scaricare il loro odio verso l’autorità costituita, fossero messi nella possibilità di prendere a pugni finalmente un generale”. Espressione giocosa della passione antibellicista di Baj. Tra i personaggi anche dei collages fatti con il “Lego”, materiale che rispondeva perfettamente al gusto ludico e combinatorio di Baj, realizzati per la mostra “Visione Colore”a Palazzo Grassi a Venezia nel 1963, con un forte rimando al gioco. Ma Baj rivolge anche la sua attenzione all’emblema dell’uomo moderno, la cravatta. “Tutto il mondo si è piegato alla legge della cravatta. Per alcuni è un nodo scorsoio, per altri un fallo pendulo, per altri ancora la prosecuzione del cordone ombelicale”. “La cravatta è la decorazione preferita dall’uomo moderno, perchè sostituisce completamente medaglie e decori militari e civili. La cravatta è il migliore simbolo della società occidentale contemporanea”. Tra le grandi cravatte di plastica è esposta la “Cravatta di Jackson Pollock” (1969), realizzata in celluloide a macchie di colori, omaggio all’action painting e allo spirito del pittore americano. Nel 1963, proprio quando esplode la sua inclinazione ludica con la realizzazione di opere in “Lego” e in “Meccano”, Baj entra a far parte del Collège de Pataphysique de France in qualità di Reggente e Trascendente Satrapo. Questo è un dato importante per comprendere la Weltanschauung anticonformista e ironica dell’artista. La Patafisica è “la scienza delle soluzioni immaginarie”, una sorta di logica del paradosso, una reinvenzione delle leggi che stravolge i codici della società contemporanea. Ma per Baj la Patafisica è stata non solo una teoria a cui aderire ma uno stile di vita e un modo di pensare. L’ironia e l’irriverenza di questa scienza, costituiscono per Baj “gli anticorpi dell’uomo contemporaneo contro l’oppressione e la massificazione della burocrazia, dei codici fiscali, postali, telefonici, bancomatici, internettici, eccetera”. Dopo le mostre dedicate a Valerio Adami, Emilio Tadini e Mimmo Rotella, Baj-plastiche costituisce il quarto appuntamento del ciclo Gli Abitanti del museo. Per l’occasione sarà pubblicato come di consueto il Quaderno della Fondazione, che riprende l’idea dei giornalini dello Studio Marconi degli anni ’70, volto all’analisi di alcune delle opere in mostra attraverso una selezione di documenti dell’epoca e testi critici di Luciano Caramel, Enrico Crispolti e Guido Ballo. Enrico Baj nasce a Milano nel 1924 e, dopo gli studi all’Accademia di Brera, si impone come uno dei principali protagonisti dell’avanguardia italiana. Dopo la prima personale alla Galleria San Fedele di Milano nel 1951, fonda il Movimento Nucleare, che ha l’appoggio critico di Giorgio Kaisserlian e di cui hanno fatto parte Joe Colombo, Sergio Dangelo, Angelo Dova e il poeta Beniamino Dal Fabbro. Nel 1954 promuove il Movimento Internazionale per un Bauhaus immaginista, e l’anno seguente fonda la rivista “Il Gesto”, a cui collaborarono anche Manzoni e Fontana. Nel 1957 pubblica il manifesto Contro lo stile, sottoscritto da vari esponenti dell’avanguardia internazionale, e nel 1963 fonda l’Institutum Pataphysicum Mediolanense per promuovere la “scienza delle soluzioni immaginarie”. Erede dello spirito surreal-dadaista, sperimentatore di tecniche e soluzioni stilistiche inedite, realizza collages e assemblages polimaterici avvalendosi dei materiali più diversi, come stoffe, tappezzerie e fodere di materassi, medaglie e frammenti metallici, specchi e vetri colorati. Dai Generali ai Mobili in stile, dalle Dame al Giardino delle delizie, la sua produzione mostra uno spirito dissacrante dalle sottili implicazioni politiche, che si fanno più evidenti in opere come I funerali dell’anarchico Pinelli. Ha un’intensa attività espositiva fin dalla seconda metà degli anni cinquanta, con numerose personali organizzate in tutto il mondo e con la partecipazione a grandi rassegne d’attualità. A partire dal 1967 espone regolarmente allo Studio Marconi, e negli anni Settanta ha le prime importanti retrospettive (Palazzo Reale, Milano; Museum Boymans van Beuningen, Rotterdam; Palais des Beaux-arts, Bruxelles). Tra le mostre degli anni seguenti vanno almeno ricordate l’ampia antologica allestita al Palazzo delle Esposizioni di Roma nel 2001-2002. Dopo la morte dell’artista, avvenuta il 16 giugno 2003, una grande retrospettiva ha coinvolto diverse sedi milanesi (Spazio Oberdan, Accademia di Belle Arti di Brera, Galleria Giò Marconi, Fondazione Mudima). Nel maggio 2004 si è aperto a Pontedera “Cantiere Baj”, una serie di manifestazioni che si concludono con la realizzazione nel dicembre del 2006 di un grande mosaico lungo cento metri sul muro che costeggia la ferrovia. Il progetto per il Muro di Pontedera, costituito da dieci cartoni con collage di elementi di meccano, è l’ultima opera di Baj, portata a termine pochi giorni prima della morte. Nel maggio 2007 la Friedrich Petzel Gallery di New York ha presentato una selezione di opere di Baj dalla fine degli anni Cinquanta al 2002. Nel 2008 due mostre monografiche: da gennaio a marzo alla Fondazione Marconi di Milano Baj, Dame e Generali ripropone il tema più “classico” dell’artista; da marzo a maggio Baj, Apocalisse, nel Chiostro di Sant’agostino a Pietrasanta presenta la più grande installazione realizzata da Baj. Nel 2009, la Fondazione Marconi ha allestito la mostra, Baj. Mobili animati che prende il titolo dalla bella monografia che Germano Celant ha dedicato a questo ciclo di opere degli anni ’60. Nel 2010 nel Castello Pasquini di Castiglioncello, la mostra Baj. Dalla materia alla figura. Info: Fondazione Marconi Arte Moderna e Contemporanea, Via Tadino, 15, 20124 Milano, Tel. 02 29 41 92 32, fax 02 29 41 72 78, info@fondazionemarconi.Org , www.Fondazionemarconi.org , Inaugurazione mostra: 11 novembre 2010 ore 19, Durata mostra: 12 novembre – 23 dicembre 2010, Orari: martedì - sabato h 10 - 12,30 e 15,30 – 19, Ingresso gratuito  
   
 

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